Scacchi, lo sport non è solo attività fisica
Competitività, enorme sforzo mentale che si manifesta anche tramite il corpo, grandi abilità che si acquisiscono tramite libri, lezioni, familiarità con la scacchiera e non solo.
Questi sono solo alcuni dei punti chiave che fanno in modo che gli scacchi vengano riconosciuti come un vero e proprio sport.
Eppure, c’è chi, come me, lo aveva considerato un semplicissimo gioco di strategia da poter giocare con gli amici nei momenti di noia.
Ma mi sbagliavo: è molto di più di un “semplicissimo gioco di strategia”!
Ma ora partiamo con ordine.
Tutti, a grandi linee, sanno che per giocare a scacchi c’è bisogno di una tavola quadrata detta scacchiera, composta da 64 caselle o “case” di due colori alternati, sulla quale i giocatori dispone di 16 pezzi.
I 16 pezzi sono formati da un re, una donna (chiamata anche “regina”), due alfieri, due cavalli, due torri e otto pedoni.
L’obiettivo principale di questo “bizzarro” sport è di dare scacco matto, vale a dire minacciare la cattura del re avversario così che l’altro giocatore non abbia mosse legali.
Tale missione si deve effettuare muovendo un solo pezzo per turno, che occuperà una sola casella; il pezzo può catturare o “mangiare” il pezzo avversario andando ad occuparne la casella.
Personalmente, ho sempre considerato gli scacchi un gioco nativo americano.
Invece, sono nati in India intorno al VI secolo d.C., e giunsero in Europa verso l’anno 1000, con grosse probabilità grazie alla mediazione degli Arabi.
Raggiunsero una forma quasi moderna nel XV secolo in Spagna e Italia, anche se per il regolamento che tutt’ora è in uso bisognerà attendere il XIX secolo.
Gli scacchi sono considerati tra i giochi più popolari al mondo, e possono essere giocati ovunque, sia a livello ricreativo che agonistico: in casa, all’aperto, nei circoli dedicati, via internet.
Le competizioni agonistiche ufficiali sono organizzate tramite la FIDE, ossia la Federazione Internazionale degli Scacchi, mentre le regole ufficiali sono definite a livello internazionale nel FIDE Handbook, sezione Laws of Chess.
L’ultimo aggiornamento redatto nel FIDE Handbook è stato approvato durante l’88° Congresso della FIDE, ed è entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2018.
Le partite ufficiali si disputano a tempo, usando un orologio doppio e munito di due pulsanti: ognuno dei due giocatori, dopo aver eseguito la mossa, aziona l’orologio, fermando il proprio e facendo attivare quello dell’avversario.
L’orologio è dotato di una piccola lancetta supplementare, detta “bandierina”, che quando rimangono cinque minuti inizia a sollevarsi lentamente, abbassandosi di colpo quando è scaduto il tempo.
L’orologio, inoltre, deve avere dei requisiti ben precisi per poter essere valido all’interno di una competizione: infatti, lo schermo deve essere leggibile per una distanza di almeno 3 metri, e si deve capire che è in funzione da almeno 10 metri di distanza.
Per di più, deve essere il più silenzioso possibile, per non disturbare i giocatori durante la partita, e deve essere azionato con la stessa mano con la quale è stata eseguita la mossa.
Nel caso in cui un giocatore non è presente all’inizio di una partita, quest’ultima verrà vinta dall’avversario, a meno che l’organizzazione dell’incontro non disponga in altro modo: in questo caso viene addebitato al Bianco il tempo di ritardo dall’inizio della partita fino al suo arrivo alla scacchiera.
La tolleranza assente riguardo il ritardo è stata introdotta il 1° luglio 2009, con l’aggiornamento al regolamento internazionale, stabilito mediante il 79° Congresso della FIDE a Dresda svoltosi nell’ottobre 2008 – in concomitanza con le XXXVIII olimpiadi degli scacchi.
Irene Ippolito