La Cupa, la “fabbula” tetra e provocante di Mimmo Borrelli
La stagione teatrale 2022\2023 al Teatro Bellini di Napoli si è aperta, questo autunno, con un vero e proprio capolavoro: La Cupa, fabbula di un omo che divinne un albero, nata dalla scrittura e dalla regia di Mimmo Borrelli e definita da Franco Cordelli “uno degli spettacoli più importanti degli ultimi tre decenni”.
Lo spettacolo aveva debuttato nel 2018 al Teatro San Ferdinando, incontrando un enorme successo sia da parte del pubblico che della critica.
La vicenda de La Cupa si svolge tutta durante la notte di Sant’Antonio, quando, secondo le antiche leggende, agli animali viene data la possibilità di parlare come gli esseri umani.
Questo magico avvenimento assume l’aspetto di una condanna e di un paradosso: gli animali in scena sono gli unici ad essere dotati di un certo spessore morale e si affannano nel tentativo di proteggere gli umani che, incapaci di controllare i propri istinti bestiali, si comportano come dei veri e propri mostri.
«Ogni rapporto familiare è degradato e perverso», spiega lo stesso Mimmo Borrelli nelle note di regia. «Anche la sessualità deviata dei personaggi è assolutamente spinta e sta ad indicare una mutazione, non verso l’animale che sarebbe di per sé positiva, ma verso uomini che ragionano e rivolgono la loro intelligenza al male, mossi da istinti animali incontrollati. Bestie con la ragione e dunque spinti da istinti perversi».
La scena non si svolge su un palco, ma su una pedana posta al centro della platea, sulla quale si muovono gli attori che, con le loro voci, ma soprattutto con i loro corpi, gesti e movimenti, hanno magnificamente dato vita alla rappresentazione, accompagnati dalle musiche eseguite dal vivo dal compositore delle stesse, Antonio Della Ragione.
In fondo, sulla sinistra, la scenografia prevede un’enorme sfera a rappresentare “la cupa”, ovvero la cava di tufo, luogo simbolo di sfruttamento, criminalità e de-umanizzazione.
La metafora è evidente: la cava rappresenta l’abisso in cui sprofondano gli esseri umani in una società improntata al consumo di materia e di anime.
I versi di Mimmo Borrelli, scritti nell’aspro e difficile dialetto della zona flegrea, sono espressione di un degrado diffuso, vernacolo di una società malata, afflitta e portata verso l’autodistruzione.
I personaggi della vicenda sono tormentati da fantasmi, metaforici, ma non solo. Da una parte, a perseguitarli è il loro dolore, i soprusi e gli abusi di cui sono stati vittime, la sete di vendetta o, al contrario, i crimini di cui si sono macchiati. Dall’altra parte ci sono fantasmi veri e propri, come la madre di Maria delle Papere, morta suicida – prima dell’inizio della vicenda – dopo aver accecato la figlia, e che ancora la perseguita con la costante minaccia di un destino da condividere.
«Questo testo alla fine parla di cose enormemente attuali: pedofilia, incesto, violenza sulle donne e minori, uxoricidio, parricidio, figlicidio paterno. Argomenti del tutto esposti alla realtà del presente, ma dei quali non sentiamo e percepiamo più l’orrore, poiché siamo avvinti da quell’assuefazione, dovuta al lucro dei mezzi televisivi e telematici, circa la diffusione di tali notizie», rimarca ancora Mimmo Borrelli.
A rendere l’atmosfera tanto macabra e fiabesca contribuiscono senza dubbio alcuno le scene surreali di Luigi Ferrigno, i costumi di Enzo Pirozzi e le splendide luci di Cesare Accetta.
Ma quello che davvero rende l’opera magistrale è la straordinaria bravura di tutti gli attori che hanno lavorato al fianco di Borrelli: Maurizio Azzurro, Dario Barbato, Gaetano Colella, Veronica D’Elia, Rossella De Martino, Renato De Simone, Gennaro Di Colandrea, Paolo Fabozzo, Enzo Gaito, Geremia Longobardo, Stefano Miglio e Roberta Misticone.
La Cupa è andata in scena dall’8 al 23 ottobre ma, se per disgrazia l’avete persa, non temete: tornerà al Teatro Bellini dal 2 al 13 novembre 2022.
Nadia Rosato
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