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Drugs, la docu-serie che ci inietta nelle nuove e vecchie dipendenze

Dal 29 settembre è su RaiPlay, Drugs un’inconsueta video-indagine sociale in otto brevi episodi, dedicati alle vecchie e nuove dipendenze patologiche.

Esiste, nel nostro Paese, una difficoltà oggettiva di riconoscere e chiamare le cose con il loro nome, soprattutto se si parla di droghe o dipendenze. È opinione diffusa che parlare di qualcosa significhi agevolarne la diffusione, quindi meglio parlarne poco o in modo cauteloso.

Ancora oggi, nel 2022, per molti le droghe sono un oggetto misterioso, terribile, feticci. Caffè, alcool, tabacco, benzodiazepine, del resto, sono per la maggior parte delle persone tutto, fuorché “droghe” che causano dipendenza. L’uomo ha sempre cercato, fin dall’antichità, sostanze per lenire il dolore, euforizzarsi, dimenticare, socializzare. Un discorso non semplice da reggere.

I media parlano di droga usando sempre toni allarmistici, sebbene da anni si è dimostrato che non solo non serve a niente ma anzi, è dannoso poiché utile soltanto a diffondere paure e pregiudizi che non hanno mai aiutato a risolvere il problema. Capiamo che non c’è niente di cui vergognarsi nell’ammettere di essere tossicodipendenti, o figli di. Forse fa più male dirselo. Eppure lo stigma è intramontabile: “caduto nel tunnel della droga”, “sballo nella capitale”, “gioventù bruciata” sono solo alcuni dei titoli.

Molto poco è cambiato dal punto di vista dell’informazione, anche se i quotidiani, i tg, le trasmissioni tutte, di sostanze se ne occupano molto meno e solo in relazione a fatti di cronaca.

Eppure il consumo di sostanze è così diffuso che dubito non riguardi almeno in parte il mondo della politica, i festini da radical chic di attori e registi, i privé delle ville in cui si entra solo se amico di amico di amici, tra cui lettori e giornalisti. Ciononostante si parla di chi consuma sostanze come di un corpo estraneo alla società, un inetto, l’ET dell’abuso.

Con l’obiettivo di riportare all’attenzione dell’opinione pubblica il tema delle dipendenze, Drugs ne aggiorna il catalogo, fermo dai tempi di San Patrignano, e nel frattempo già da anni gli Stati Uniti lanciano prodotti come Euphoria, serie tv sulle dipendenze affettive e da sostanze molto ben fatta, anche troppo, cruda e sofferente, di quelle che lo stomaco ti si contorce come ai tempi di Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino.

La docu-serie Rai si sviluppa in otto puntate, di circa sette minuti ciascuno, dedicate a otto casi specifici: dalle vecchie eroina e cocaina alle più recenti dipendenze comportamentali e tecnologiche, dall’alcol alle smart drugs acquistabili sul web. Gli episodi di Drugs, realizzati grazie alla raccolta dal basso di numerose testimonianze dirette di pazienti, clinici e associazioni coinvolte nell’opera di prevenzione e cura, raccontano in prima persona una parte del vissuto di chi si è trovato invischiato nelle dipendenze, senza demonizzarle né banalizzarle.

La serie è scritta e realizzata dal regista Fabio Ilacqua in veste soprattutto di showrunner, con al fianco giovani registi come Mirko Salciarini, Marco Serpenti, Michele Stella e Matteo Zanin, impegnati nell’intento di svecchiare il linguaggio con cui trattare le storie e renderle attuali, credibili e condivisibili specialmente al pubblico più giovane.

Il primo episodio è quello più bello e profondo, perché affronta la dipendenza da eroina in maniera del tutto nuova, quasi con la consapevolezza di un dolore piacevole. Le regole del bosco (eroina) si chiama, con Gaia Davini, caduta nella spirale dell’eroina un po’ per noia e un po’ per sfida, per il fascino del brivido. Il suo mondo è il bosco di Rogoredo, a Milano e protagonista del suo monologo è un buco, un buco in cui Gaia scompare tutti i giorni. Un buco che come un tunnel la risucchia nell’appagante sensazione dell’esistere qui ed ora. C’è una metropolitana che Gaia aspetta e conta le stazioni alla rovescia, in attesa di un missile che sta per fare la sua mossa.

Quando hai bisogno di farti la velocità della metro diminuisce, la dipendenza morde… ragazzi se morde! È un lupo con gli occhi dolci, che mi aspetta nel bosco.

Ti scordi tutti i perché e i per come dopo che ti sei fatto di ero, diventa tutto sopportabile e questa è una cosa che da fuori voi non potrete mai capire: che visti da fuori noi tossici viviamo una vita di merda, e sono d’accordo, ma io vi auguro di non conoscere mai questa felicità del buco così come la conosciamo noi, da dentro il buco. È come quando qualcosa è perfetta, ma mille volte meglio.

Ti dici che puoi smettere quando vuoi, ma il fatto è che proprio non vuoi.

Il primo episodio si alterna tra vedute di boschi e buchi che si aprono, di metro che corrono veloci e vene disegnate con la pressione di una penna Bic blu sulle braccia. Gli occhi ruotano come vortici e il prurito è una condizione per stare al mondo. Non c’è niente di falso, l’intero monologo è un manifesto d’esistenza e Gaia lo sa: il lupo sta là, più dolci gli occhi, più aguzzi i denti.

I figli della porta accanto (video-gaming) con Francesco Isoardi è il secondo episodio, il cui tema è quello della dipendenza da computer e videogiochi in rete, la quarta dimensione digitale che dilata il tempo e lo spazio per molti giovani.

Francesco sembra pigro, trascurato e inaffidabile, ma nessuno lo conosce dietro la porta di camera sua. Francesco è un soldato, ma nessuno lo sa o forse nessuno lo capisce. È uno di quei soldati sempre pronti sull’attenti, in guardia dalla prossima bomba e in difesa con una pistola. Non è un tipo di vita semplice da spiegare la sua, all’inizio è come un passatempo ma dopo un po’ di tempo è un richiamo, perché ti accorgi che sei bravo e puoi diventarlo molto di più.

Non è uguale per tutti, anche se ci assomigliamo un po’ tutti. Notte, dopo notte, dopo notte. Ti lasci indietro le fiabe, cresci e il discorso cambia. Ci vuole testa e attitudine. Non si diventa un soldato per vincere la noia, si fa perché devi farlo e dà senso a quello che fai, un senso che ti coinvolge finalmente davvero e fino in fondo.

E tu come lo spieghi che ogni volta che stai entrando nella tua stanza in realtà te ne stai uscendo?

Vai via, scappi calandoti dalla fibra ottica.

È chiaro che Francesco non ha nessuno interessa nell’interagire con la porta accanto, la sua è una realtà già bella che fatta.

Si prosegue con Drugs delivery (spaccio) performato da Simone Setzi, un ragazzo che deve far fronte alla precarietà del mestiere di scrittore esordiente. L’e-commerce offre nuove opportunità d’impiego, per esempio la nuova veste di spacciatore di sostanze travestito da delivery man.
Ancora Cosa ti offro? (cocaina) con Fiamma Odone si sofferma sull’uso della cocaina socialmente sdoganato accostandolo a contesti dove si celebrano il successo e la ricchezza. L’uso e abuso della coca, però, corre di pari passo con altri tipi di abuso. Come quello di Ultimo giro (ludopatia) in cui con Lorenzo Giovannetti gioca regolarmente alle slot-machine, le macchinette mangia soldi che usava suo padre quand’era bambino. La ricerca eccitante della vincita, mette in gioco un mix di fattori ormonali e psicologici sapientemente programmati e governati, fin quando niente potrà portarlo indietro.


Il sesto episodio Gente allegra il ciel l’aiuta (alcol) con Giorgia Castelli, sembra mostrare un mondo in cui non ci sono sogni, progetti, ambizioni nella vita dei giovanissimi che si dedicano sempre più all’abuso di alcol. È il campanello d’allarme che suona attraverso uno sballo a basso costo, autodistruttivo e al limite dell’intossicazione.

Anna è la più tosta di tutti e ci tiene a sottolineare che anche noi donne possiamo bere come gli uomini, più di loro. Però sempre soltanto nei weekend, è una regola, mica siamo alcolizzati come certi vecchietti. Insomma alla fine è diventato un rito del sabato.

I nostri genitori non si preoccupavano: “so ragazzi, cresceranno!” e infatti siamo cresciuti. E anche le birrette. Ora è quasi come svenire, però diciamo che è piacevole.

Ormai che abbiamo tutti la patente ci alterniamo alla guida, a seconda di chi è meno sbronzo. Non è che sia sempre così facile determinarlo, ma cerchiamo di essere saggi così ci passiamo il volante. Negli ultimi anni ne abbiamo visti di incidenti brutti. Lo so che potrebbero essere combinati da qualcuno tipo noi, o magari da qualcuno meno attento di noi o meno fortunato, non lo so.
Pensa che sfiga morire da sobrio, no vabbè dai… però che vuoi, quando è la tua ora è la tua ora, facciamoci le corna. Il mondo è così una ruota, e gira e gira e gira…

Lo scenario è quello di una piccola città morta vissuta da quattro ragazzi inseparabili che vagano in macchina carichi di buste piene di Gin e Schewppes tonica. Le visioni sono torbide, ogni passo sembra essere alla cieca. È un po’ come essere nella famosa scena di Noi siamo infinito, ma qui non siamo gli Heroes che cantava Bowie.  

Il penultimo episodio Trap, sciroppo e sprite (smart drugs – legal highs) con Alessandro Pacco racconta del mondo del mix da sostanze. Quelle di cui fa abuso Alessandro sono molecole legali, farmaci facilmente reperibili e devastanti se combinati con altre sostanze. È la chimica delle dosi massicce di sciroppo, unite ad altri elementi, che portano allo sballo al pari degli stupefacenti.

L’Uovo e la gallina (comorbilità e farmaci), ultimo episodio, affronta le dipendenze da farmaci ansiolitici, partendo dagli iniziali piccoli attacchi di panico di Camilla, sfociati in una vera trasformazione identitaria.

Drugs non approfondisce il tema delle droghe e delle dipendenze dal punto di vista psichiatrico e psicologico, ma punta sulla narrazione attraverso otto testimonianze come vere e proprie pillole letterarie, perché da fuori è semplice ma da vicino nessuno è normale.

Serena Palmese

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Serena Palmese

Mi piacciono le persone, ma proprio tutte. Anche quelle cattive, anche quelle che non condividono le patatine. Cammino, cammino tanto, e osservo, osservo molto di più. Il mio nome è Serena, ho 24 anni e ho studiato all’Accademia di belle Arti di Napoli. Beati voi che sapete sempre chi siete. Beati voi che sapete sempre chi siete.
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