Megalopolis: il mondo visto dal futuro
Dopo le esperienze di Veleno e Il dito di Dio – Voci dalla Concordia, entrambe disponibili di Spotify, Pablo Trincia torna sul campo, con Chora Media, per raccontare una storia.
Si tratta di Megalopolis – Mumbai 2050.
Questa volta, però, siamo davanti a una storia diversa, a cui Pablo si avvicina a piccoli passi e che, stranamente, lo costringe a sbirciare da lontano.
Sembra un paradosso, dato che si tratta di interviste, reportage, descrizioni di intere giornate che il giornalista ha trascorso in India, tra gli odori acri e i sapori forti, tra le voci della folla e i clacson assordanti.
Eppure è proprio così. Il paradosso esiste.
Pablo è lì, a Mumbai, a giocare a pallone con i bambini che lo chiamano e lo sfidano, a provare la cucina tipica meno costosa del paese, a stupirsi dell’altezza dei grattacieli e del lusso, estremamente difficile da concepire, in un paese in cui il divario è talmente evidente da far male e le caste sono chiuse con il sigillo.
Pablo è lì, a commuoversi davanti a una bambina che cerca di vendergli dei fiori e gli chiede del denaro, abbandonata dal padre. È lì, davanti alle cicatrici profonde di una donna che, anni prima, è stata attaccata da un leopardo nella giungla, ed è sopravvissuta.
È lì, davanti alla deforestazione che mette in pericolo le specie animali e vegetali, e insieme a loro, anche la specie umana, perché «meno spazio si ha e più la violenza aumenta».
Pablo è lì. Ma è anche altrove, in un tempo incredibilmente lontano e, allo stesso modo, pericolosamente vicino.
Sono le otto di sera del 31 dicembre 2049, a Mumbai, in India, sotto un cielo in tempesta: il punto di partenza per il suo viaggio. Da qui, dal futuro, Pablo comincia la sua avventura, “basata su fatti realmente immaginati”, e si immerge, a 73 anni, tossendo e senza nascondere la fatica a respirare, nel disastro.
Davanti a lui, la distruzione, il sovrappopolamento, le inondazioni, la povertà, i drammatici effetti del cambiamento climatico, la miseria umana. Davanti a lui, il deserto, il nulla, la morte.
Davanti a lui l’estrema consapevolezza, una sola: è davvero troppo tardi.
Giugno 2022: Pablo è in India e, puntata dopo puntata, presenta dieci aspetti che ci circondano e che noi ci sforziamo di ignorare.
Tra leggende, testimonianze, volti e voci, tra il penetrante rumore dei cavi elettrici e le piogge torrenziali, Pablo denuncia, a piccoli passi, la situazione attuale e le future, seppure non auspicabili, conseguenze.
Il suo viaggio comincia e finisce a Mumbai, la città più grande del paese, che si trova sulla costa occidentale dell’India, e polo finanziario, tra le dieci città nel mondo con il più alto numero di miliardari.
«Pensavo che peggio non si potesse vivere, adesso mi viene da dire che mi sbagliavo». Nella completa assenza di spazio personale, ci sono persone e mezzi, una folla, «milioni di esseri umani intorno a te».
C’è inquinamento, acustico e non solo, traffico, epidemie diffuse. C’è terrore, sui volti della gente, e timore, nelle storie di chi, anche senza lasciare nome, sa lasciare tracce.
In sottofondo voci, rumori, musica, chiacchiere, televisione, rumore di piatti nei ristoranti, cuoio lavorato e metalli, acqua, ventilatori, traffico, clacson, e tanti, tantissimi corvi.
Mumbai è una città che si presenta frenetica, alla ricerca costante di una maggiore e più accentuata modernità, accelerrata fino a perdere contatto con la propria stessa realtà.
Non lo siamo alla fine anche noi? Accelerati, preoccupati così tanto da cosa poter cambiare nel futuro, da non renderci conto che potrebbe essere il futuro a cambiare noi.
Parafrasando parole non mie, quello che oggi non funziona, domani potrebbe compromettere la realtà in cui viviamo. E allora, quando arriverà il 2050, saremo realmente capaci di vivere o ci trascineremo cercando di limitare i danni?
Mancano poche ore alla mezzanotte del 2050: metà città è sommersa dalle acque, in un deserto di liquido, in cui l’aria è irrespirabile e le temperature sono talmente alte da far bruciare i polmoni.
C’è una frase indi che riassume perfettamente Megalopolis ed è la seguente: Dio parla all’uomo attraverso le storie.
E gli dei sono ovunque, nelle strade, tra gli incensi, nei templi, nei megafoni che richiamano i fedeli dalle moschee, nel fango e nelle corse dei bambini, nell’alba che fa da sfondo a una distesa di palazzi fatiscenti.
E ancora, tra i veicoli, nei gesti dei pescatori, tra le grida dei commercianti, nei mercati e nelle spianate di sabbia, nei grattacieli e nelle baracche prive di acqua ed elettricità, nell’esplosione demografica di Mumbai e nelle onde che si ingrossano e ricoprono rocce, panchine, passanti.
In un mondo in cui l’arretratezza sfugge al controllo della tecnologia e il tempo non si lascia afferrare, quello che resta è un rito funebre, la commemorazione di un equilibrio ancestrale, perduto, tra morte e vita, un istinto primordiale di attaccamento alla storia.
Il primo episodio si chiude con una domanda: «È il 2050. Che cosa salverà adesso Mumbai?» Lo chiedo a noi. È il 2022. Che cosa salverà adesso il mondo?
Riprendendo quella frase indi, citata poco fa, Pablo Trincia ha parlato a noi attraverso la sua voce. E la sua determinazione è forte, nell’invitarci a conoscerci qui e ora, a comprendere oggi il significato della nostra presenza nel mondo, a meditare, fino a raggiungere, finalmente, la pace, e non trovarci, nel 2050, davanti a una consapevolezza: «È anche colpa mia».
Stefania Malerba
Leggi anche: Come la muffa melmosa ti (ri)progetta la rete metropolitana di Tokyo in 26 ore