Jane Eyre e Charlotte Brontë, le voci del riscatto femminile
Alla scoperta di una delle eroine letterarie più note di sempre, protagonista di un romanzo ancora oggi iconico. Jane Eyre è il ritratto che Charlotte Brontë fa dell’emancipazione femminile e del riscatto sociale nell’epoca vittoriana, un periodo complesso e spesso romanzato.
1847. Una giovane inglese di famiglia benestante col sogno della scrittura, Charlotte, riesce a pubblicare il suo primo libro: Jane Eyre: An Autobiography, un romanzo di immediato successo grazie ai suoi temi irruenti e provocatori, molto diversi da quelli perbenisti dell’epoca vittoriana.
D’altronde buon sangue non mente: Charlotte è una Brontë. Nello stesso anno, le sorelle minori Emily e Anne pubblicano rispettivamente Wuthering Heights (Cime Tempestose) e Agnes Grey, destinati a entrare nella storia della letteratura insieme al romanzo di Charlotte.
Jane Eyre è una delle prime eroine letterarie dalla vita particolarmente tormentata, figlia perfetta del suo tempo. Rimasta orfana da piccola, viene affidata alle cure di una parente, la signora Reed, che la maltratta nelle peggiori maniere. Da quest’ultima Jane viene poi spedita in una scuola per orfane, della quale diventerà un’insegnante anni dopo, non prima di aver però provato atroci sofferenze psicologiche e fisiche.
Il mondo descritto da Charlotte Brontë è ingiusto, crudo, spietato, ma è un mondo realmente esistito. Questa non è una favola alla Cenerentola fatta di riscatti nella forma di principi azzurri, è l’epoca vittoriana: la tubercolosi e l’alta mortalità che ne consegue, l’estrema povertà della working class e il peso di essere donna senza un marito o un qualsiasi parente maschio che possa garantire per te.
Jane riesce a divincolarsi da questa situazione di inferiorità attraverso lo studio. Negli anni passati nell’umida scuola legge, scrive, impara anche il francese. E non è cosa da poco: durante gli anni della regina Vittoria, la “donna angelo” viene considerata per il solo ruolo di moglie e madre. Nella sfortuna di essere completamente sola al mondo, Jane trova la libertà della propria espressione. E, se vogliamo, una specie di riscatto: abbandona la scuola e diventa tutrice di Adele, figlia di un misterioso e difficile uomo, il signor Rochester.
A questo punto, la storia di Jane prende una piega inaspettata, trasformandosi in un giallo dalle sfumature gotico-romantiche. Molti considerano l’intero romanzo della Brontë esclusivamente per la love story tra Jane e Rochester, ma la lettura è ben più profonda.
Jane è una donna dall’apparenza insignificante, taciturna, che non lascia spazio alla frivolezza. È soprattutto figlia di nessuno: non ha possedimenti o ricchezze da renderla interessante agli occhi della società. Allo stesso tempo, è estremamente colta, arguta, ironica. Tutte doti che non vengono viste di buon occhio dai membri dei salotti convenzionali, ma che la rendono unica e anticonvenzionale.
Jane, per Charlotte, è il simbolo del riscatto sociale e femminile dei suoi tempi. La scrittrice descrive nel libro la sua vita: lei stessa è stata alunna di una scuola per sole donne dalle condizioni umani, sociali ed igieniche riprovevoli; è stata anche una tutrice per numerose famiglie nobili, descrivendo con estrema sincerità la difficoltà di quel lavoro così complicato e sottovalutato (alla sorella Emily scriverà che un’istitutrice privata non ha un’esistenza).
Charlotte Brontë dipinge un personaggio che sia il volto delle proiezioni e ai sogni di libertà delle donne di fine Ottocento. In un’epoca ancora troppo contemporanea, Jane Eyre diventa il manifesto dell’oppressione così tanto legata all’apparenza e la celebrazione della propria identità, femminile e egualitaria.
Alessia Capasso
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