Lula a capo del Brasile: chi è il rieletto presidente che ha sconfitto Bolsonaro?
Luiz Inácio Lula da Silva, candidato di sinistra ed ex sindacalista, ottiene il suo terzo mandato con il 50,9% dei voti.
Dopo un lungo testa a testa con l’ormai ex capo di stato Jair Bolsonaro, Lula ha prevalso grazie a più di un milione di voti.
«Il Brasile è tornato sulla scena globale», ha detto Lula subito dopo l’ufficializzazione della vittoria il 30 ottobre scorso. Nonostante la denuncia del presidente uscente di estrema destra di brogli e irregolarità, il Ministero della Difesa brasiliano ha rilasciato un rapporto di 63 pagine sulle elezioni, nel quale si conferma l’assenza di infrazioni che possano invalidare i risultati delle votazioni.
Nella settimana che ha seguito la sconfitta di Bolsonaro, i suoi sostenitori si sono riversati nelle strade in segno di protesta, mostrando quanto la nazione si sia spaccata a metà su due poli opposti durante le ultime elezioni. Il discorso del presidente entrante subito dopo la vittoria ha voluto mettere al centro, invece, l’unità del paese: «Governerò per 215 milioni di brasiliani e non solo per chi ha votato per me. Non ci sono due Brasile. Siamo un paese solo, un popolo solo, una grande nazione».
L’esperienza già maturata come presidente dal 2003 al 2011 (uscito con un altissimo indice di gradimento) non è il solo asso nella manica del nuovo capo del Brasile, che ha una storia più che travagliata.
Nato a Caetés il 27 ottobre 1945, in una famiglia povera e analfabeta di ben otto figli, fin da piccolo lo chiamano Lula, una semplice ripetizione della consonante del suo nome Luiz. Nel 1956 la famiglia si trasferisce a San Paolo e Lula smette presto di frequentare formalmente la scuola per poter lavorare. A 12 anni lavora come “sciuscià” (lustrascarpe) e venditore da strada, a 14 in una fabbrica di rame. Grazie a questi lavori, può continuare a studiare per conseguire il diploma. Quando a 19 anni trova un impiego come metalmeccanico, a causa di un incidente sul lavoro perde il mignolo della mano sinistra.
In quel periodo inizia ad interessarsi alle attività del sindacato, una carriera molto pericolosa, ma che si rivelerà essere la sua fortuna. La dittatura brasiliana, che osteggiava fortemente le rimostranze degli operai e i sindacalisti, spinse Lula per reazione ad abbracciare gli ideali politici di sinistra.
Nel 1978 diventa presidente del “Sindicato dos Metalurgicos do ABC“, dopo essersi formato negli Stati Uniti. Da sempre principale esponente del Partido dos Trabalhadores (Partito dei Lavoratori) fin dalla sua fondazione nel 1980, dovrà aspettare il 1989 perché venissero indette libere elezioni, dopo 29 anni di dittatura militare.
Finalmente eletto nel 2002, la sfida del presidente operaio è di riuscire a ridurre la disparità economica all’interno della società brasiliana: il Brasile, infatti, è il settimo paese peggiore al mondo per la distribuzione di rendita. Ma la sua vittoria è giunta solo in seguito all’abbandono della linea più estrema della sinistra per appoggiare progetti più moderati.
Le riforme per le quali Lula viene ricordato sono soprattutto di tipo sociale, ed hanno portato ad un significativo miglioramento della qualità della vita di molti brasiliani (l’indice di sviluppo umano è aumentato del 36% nel 2013 rispetto al 1980), facendo crescere anche la durata media della scolarizzazione nel paese. Inoltre, grazie al PAC (Programma di Accelerazione della Crescita) sono stati investiti 250 miliardi di dollari per rafforzare infrastrutture, produzione energetica e semplificazione fiscale.
Nel 2016, anni dopo la fine del suo secondo mandato, l’ex presidente viene coinvolto nella Operação Lava Jato (Operazione Autolavaggio), con l’accusa di corruzione: viene giudicato colpevole e condannato a 9 anni e mezzo di prigione (poi aumentati a 12).
Dopo 580 giorni di prigionia, nel 2021 il Tribunale lo proscioglie da ogni accusa. A causa di questa vicenda giudiziaria, non ha potuto partecipare alle elezioni del 2018: molti analisti hanno interpretato queste accuse infondate e la fabbricazione di false prove come un modo per infangare l’immagine dell’ex sindacalista e ostacolarne il ritorno alla Presidenza, favorendo invece l’ex capitano Jair Bolsonaro, il quale otterrà il 55% ai ballottaggi del 2018. Uno dei personaggi coinvolti in questa spiacevole vicenda, il giudice Sergio Moro, è stato poi nominato Ministro della giustizia dal presidente Bolsonaro.
Gli illeciti commessi dalla procura e dai giudici nei processi contro Lula sono stati condannati dal Comitato per i diritti umani dell’ONU.
Adesso, a 77 anni, la sfida che Lula si propone è quella di combattere la fame e la povertà, portare alla equa retribuzione donne e uomini, fermare la deforestazione e aiutare un paese che ha sofferto più di altri le conseguenze della pandemia da Covid, sia per il numero di morti che per le conseguenze economiche. La scellerata politica di Bolsonaro ha colpito ancora, stavolta (sembra) in modo positivo per il Brasile, che dopo avergli negato l’accesso alla presidenza con elezioni libere e democratiche si affaccia verso una possibile rinascita.
Elena Di Girolamo
Leggi anche: Come lavorare alle Nazioni Unite: consigli da insider