Toni Servillo racconta La Stranezza e la sua passione per il teatro della vita
La sera del 3 novembre presso l’Hilton Palace di Sorrento si è svolta la prima edizione del premio internazionale Torquato Tasso assegnato per la prima volta all’attore napoletano Toni Servillo.
Per l’occasione Toni Servillo legge alcuni versi tratti dalla Gerusalemme Liberata di Tasso, ricordando il suo legame sia con il poeta che con la penisola sorrentina.
Proprio come per il drammaturgo Pirandello, ultimo personaggio interpretato da Servillo nel film La Stranezza, anche per l’attore napoletano vita e teatro sono inscindibili e si influenzano inevitabilmente.
Questa esperienza Servillo la vive quando, ancora ragazzo, con la sua famiglia, il venerdì sera, guardava Eduardo alla televisione; l’attore ci racconta di come in casa venisse ricostruita proprio un’atmosfera quasi teatrale.
In queste occasioni, Servillo ebbe modo di notare come i personaggi grotteschi, strambi, nevrotici di queste commedie rispecchiassero le persone che lo circondavano, confondendo quindi già in tenera età il mondo con il teatro e il teatro con il mondo; in questo ambiente e disposizione d’animo matura nell’attore la consapevolezza di voler studiare teatro nel quale sfociano quelle domande esistenziali che Toni, come ogni adolescente, ad un certo punto pone a se stesso.
Gli scenari tragicomici degli ambienti familiari del napoletano lasciano un’impronta indelebile nella mente dell’attore che ricorda con nostalgia il canto dolce della madre in cucina al mattino, che descrive come un gesto d’amore per la vita ma al contempo di istintiva ribellione da un ruolo che sta stretto plasmando una sorta di identità alternativa, che del resto è ciò che fa il teatro grazie al quale si possono per così dire vivere più vite.
D’altra parte i confini tra realtà e finzione, tra vita e teatro ma anche tra commedia e tragedia sono piuttosto labili, come ben ci insegna Luigi Pirandello, figura protagonista interpretata da Servillo nel film La Stranezza firmato dal regista Roberto Andò.
Il drammaturgo e scrittore siciliano rompe notoriamente con i tradizionali canoni teatrali, basti pensare ad un’opera come Sei personaggi in cerca d’autore; il film racconta attraverso un’intelligente operazione e riflessione metatestuale la tormentata gestazione, il prender forma di quest’opera così innovativa e anticonformista che è poi il motivo di fondo del dramma stesso.
Sei personaggi in cerca d’autore è l’opera emblematica del metateatro pirandelliano, ossia di un teatro che espone e mette a nudo sé stesso, le sue logiche e le sue maschere smantellando le convenzioni teatrali; basti pensare alla rottura della cosiddetta “quarta parete” ossia spezzare quel tacito accordo tra pubblico e attori per il quale tutto ciò che viene inscenato viene creduto; ma non finisce qui perché al contempo nel dramma viene anche eliminata la tradizionale barriera tra attori e platea, questi infatti recitano anche al di fuori del palcoscenico muovendosi lungo la platea per l’appunto.
Si tratta di un dramma plurivoco montato su più livelli di significato; partendo da una vaga “stranezza” ossia dall’intuizione che la vita è teatrale, tragicomica in ogni suo aspetto e che quindi il teatro non è più finto della vita stessa, Pirandello attraverso la sapiente costruzione di un vero e proprio teatro nel teatro, smonta i meccanismi della finzione narrativa riproducendo sulla scena il frantumarsi dell’identità dei personaggi, lo svelarsi delle maschere teatrali che riflettono i topoi pirandelliani del doppio e dell’indefinito attorno ai quali ruotano i due celebri romanzi Il fu Mattia Pascal e Uno, nessuno e centomila.
In Sei personaggi in cerca d’autore l’arrivo dei personaggi sulla scena dove si trovano già degli attori insieme al capocomico rimescola tutte le carte creando un intreccio di realtà e finzione che dà vita al dramma dell’incomunicabilità e della solitudine esistenziale per cui i personaggi (persone vere), non si sentono compresi e rappresentati adeguatamente e gli attori sembrano sopraffatti e spaventati dall’intimità e dalla complessità dei personaggi, da qui la conseguente difficoltà di una messa in scena che non risulti artificiosa e che possa restituire le molteplici e contraddittorie sfaccettature dell’Io.
I fantasmi e i più intimi pensieri non sono solo quelli dei personaggi ma anche quelli di un autore in crisi, in preda alla “stranezza”, quelli che tormentano Pirandello nel film di Andò; al centro di Sei personaggi in cerca d’autore c’è proprio la difficoltà autoriale di partorire dalla propria mente dei personaggi, il loro acquisire una forma e una consistenza reali.
La stranezza forse in fin dei conti è quella dolceamara sospensione, l’intuizione non pienamente autocosciente di sé, ancora allo stato latente, è cominciare ad intravedere un’immagine, dai contorni ancora indistinti, che ha solo bisogno di tempo, di quel qualcosa, di quella scintilla che la completi.
Benedetta De Stasio
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