Università: la didattica online è la frontiera del futuro?
Il Covid ci ha travolti come un’onda gigantesca e, solo da qualche giorno, stiamo cercando di risalire a galla dal lockdown a cui ci ha costretto.
Per restare nella metafora marina, diciamo che l’università non ha mai toccato il fondo, si è aggrappata al galleggiante della didattica online, però parliamoci chiaro, non è come stare sulla terraferma.
La situazione d’emergenza ha reso necessaria una nuova modalità che ha spaccato in due l’opinione del mondo accademico: le università del futuro potrebbero essere tutte online?
Come ben sappiamo è una novità solo in parte perché le università telematiche già esistevano. Il punto è che da alternativa sono diventate la regola e, permettetemi di dirlo, per fortuna temporaneamente.
Sì, rientro nella fazione di chi sostiene l’università in presenza e ritiene che questa non possa essere snaturata troppo a lungo, impensabile per sempre.
Attenzione, con ciò non voglio e non sto screditando le altre tipologie di università. Semplicemente ritengo che tutto debba essere come è sempre stato, lasciando intatta la libertà di scegliere come affrontare gli studi.
Facciamo un’analisi lucida.
Non si può avere un’opinione univoca al riguardo perché ci sono sia aspetti postivi sia negativi.
Indubbiamente il primo vantaggio è legato alla sua utilità, salvifica nell’attuale necessità. La tecnologia ci ha permesso di andare avanti nonostante tutto, evitando il blocco totale di questo e di altri servizi essenziali.
Il secondo vantaggio è la comodità. A chi non piace svegliarsi cinque minuti prima della lezione e seguire in pigiama dal proprio letto? È la realizzazione di un sogno, soprattutto per i pendolari che si risparmiano ore di viaggio e ressa nella giungla dei mezzi pubblici.
Stessa cosa per gli esami, svolti nell’ambiente protetto della propria cameretta, senza interminabili ore di attesa nell’università (teoricamente) con il rischio di perdere il treno e tornare a casa quasi all’alba del giorno seguente.
Il terzo punto a favore è la maggiore eguaglianza: tutti possono seguire le lezioni. Quanti non riescono in presenza causa lavoro o famiglia da badare? La DAD, specie se recuperabile post-diretta, risolve i problemi. È un po’ come avere il potere dell’ubiquità.
Mi viene in mente il simpatico siparietto di una collega-mamma, che ad ogni accensione del microfono si scusa per il chiasso dei figli in sottofondo. L’ho davvero ammirata, io riesco a fare a malapena una cosa sola, figuriamoci due!
Un altro aspetto positivo, conseguenza degli altri, è la possibilità di seguire anche lezioni al di fuori del proprio corso di studi, semplicemente perché ci interessano. Cosa che in un contesto normale non sempre si ha modo e tempo di fare.
I privilegi ci sono senz’altro, ma a ben pensarci, il gioco non vale la candela. L’università non è solo un luogo. Un freddo schermo non potrà mai sostituire il calore dei rapporti umani. L’insegnamento è e deve essere un confronto frontale, in carne ed ossa, una classe di persone che si guardano negli occhi condividendo e scambiando idee e passioni. L’esperienza universitaria è formativa in toto, va oltre l’apprendimento di nozioni e il conseguimento di un fine.
I professori lamentano l’alienazione di parlare per ore davanti ad un computer che penalizza il rapporto diretto, linfatico dell’insegnamento. Eccezioni a parte, ce la stanno mettendo tutta per venirci incontro, hanno saputo riorganizzarsi, per quanto disorientati come noi.
Neanche per gli studenti è facile. Certo, siamo abituati alla vita sedentaria passata ore reclini sui libri, ma è proprio quel rapporto, che ora è venuto a mancare, il nostro incentivo. Vivere appieno l’università significa viverla meglio, con meno ansia, con più motivazione e più metodo.
Le lezioni frontali non hanno paragoni. Da casa distrarsi è un attimo e il tempo sembra non passare mai. Accanto a te non ci sono i compagni fidati, con cui condividi appunti, ansie e risate. Le pause caffè – sigaretta, la pausa pranzo, i gruppi studio, il “ci vediamo domani, a che ora abbiamo lezione? Restiamo a studiare?”
I nostri piccoli rituali sono un ricordo nostalgico. Spesso è proprio l’università la nostra ora d’aria.
Come automi tutto si è ridotto a: accendo il pc, seguo, spengo il pc, studio. A fine giornata siamo indolenziti e spossati, la testa scoppia, gli occhi bruciano… eppure non ci siamo mossi dalla sedia.
Potremmo sembrare dei viziati capricciosi ed egoisti in una situazione del genere, ma non è una gara a chi sta peggio e a chi meglio, solo che anche noi stiamo affrontando difficoltà, a differenza di quanto si possa pensare.
La sessione estiva è alle porte e quest’anno la cominciamo già sfiniti. Sembra che quella precedente non sia mai finita.
Esami e lauree saltati e rimandati, modalità da stravolgere, sistemi lenti da rinnovare al volo, connessioni internet che si inceppano, libri irreperibili…
Il calvario dei laureandi merita un pensiero a parte. Anni di sacrificio per conseguire il bramato titolo, vanificati in una triste e solitaria proclamazione online.
Senza sottovalutare il problema che non tutti possono permettersi un dispositivo tecnologico, laddove la generalizzata “virtualizzazione” della vita, ne richiederebbe anche più di uno.
Chi di dovere si è ricordato di noi tardi e stenta persino a menzionarci, decreti su decreti… ma l’università? Dopo mesi finalmente si è parlato di un bonus per gli studenti e di deroghe di pagamenti e rate, perché non dimentichiamo che stiamo continuando a pagare servizi di cui attualmente non possiamo usufruire.
Abbandonati a noi stessi, dopo l’incerto apri e chiudi iniziale, gli istituti accademici hanno dovuto cavarsela da sé. Per il momento si è riusciti a trovare dei compromessi, ma specialmente per alcune attività la conversione telematica è complicata (come per tirocini e stage).
Dal mio modesto scrittoio, come senza reticenze vi ho fatto capire, non credo che questo sia il futuro dell’università. D’altro canto, stiamo apprendendo la lezione più utile di tutte: la didattica online non è un demonio, bensì dovrebbe essere un supporto obbligatorio e integrante che, affiancato ai metodi tradizionali, li potenzia e permette a tutti di avere le medesime opportunità. La cultura è democratica.
In quello che ho scritto riecheggiano le parole e i pensieri della maggior parte dei miei colleghi, con cui il confronto ha cambiato veste, ma non si è mai spento, anzi si è acceso di una rinnovata solidarietà. Ritorneremo.
Giusy D’Elia
Illustrazione di Sonia Giampaolo
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