Primo PianoSociale

Storie di viaggiatori notturni

E come Ulisse tenta di raggiungere la proprio Itaca, ogni mattina, pardon, ogni notte, un pendolare si sveglia e tenta di raggiungere le isole dalla terra ferma.

In medias res vi introduco all’osservazione della vita di un pendolare su un’isola.

Nel mezzo delle cose, proprio come quando mi è arrivata la convocazione dalle GPS.

Erano le 19.00 di un venerdì sera e il mio nome era finalmente comparso tra le schermate: – lavorerò-, pensai.

Ero felice, lo sono.

Sì, perché era il mio sogno da sempre insegnare, quindi quando quella convocazione è arrivata, non ho nemmeno fatto caso alla fatica che avrei impiegato nel tempo.

Mi uso come esempio, ma non sono sola. Via mare, c’è un mare che arranca ogni giorno, da anni, verso le isole.

E chi si aspettava fossimo così tanti.

Ho scoperto un mondo di viaggiatori della notte, li ho visti con occhi gonfi per le poche ore di sonno e vispi perché a fare quel viaggio erano insieme. Oggi ci sono anche io, novellina delle onde, di tanto in tanto aggrappata a un palo mentre vomito perché solamente quell’aliscafo è partito e le onde sono alte. Ci sono anche io, che ho comprato gli stivali di gomma e lo zaino impermeabile, perché mi devo preparare alle evenienze.

Oggi è di questi viaggiatori dell’albeggiare giornaliero che parliamo insieme, perché ahinoi, non sembra sentirsene abbastanza.

Nessuna colpa, nessun capo d’accusa, ma come ogni minoranza, esiste, e come tale va tutelata.

Ulisse scelse di tornare ad Itaca, affrontando le peripezie che cotraddistinguono il viaggio di un eroe, noi scegliamo la possibilità di arrivarci ad Itaca, ma la scegliamo a delle condizioni che non prevedano Ciclopi, Lestrigoni e Poseidone perché di eroe ne nasce uno ogni tanto.

Poche compagnie gestiscono lo spostamento via mare da Napoli e Pozzuoli, queste sono le compagnie a cui i viaggiatori della notte si affidano per forza di cose.

Storie di Neoliberismo:

Quando un pendolare decide di abbonarsi a una compagnia che effettua trasporto veloce via mare, il valore di quest’ultimo non ammonta a meno di novantacinque euro mensili. A tal punto, il pendolare si aspetta che il servizio erogato, pagato con soldi non rimborsabili o detraibili, sia un servizio più o meno costante, in cui l’unico problema insorgente possa essere un’avversa condizione metereologica tale da non predisporre partenze di mezzi via mare.

Una tale condizione si è verificata raramente per l’aliscafo dei viaggiatori notturni poiché, a discrezione degli svariati capitani di bordo, le onde potevano essere affrontate.

Di quelle volte io ricordo il silenzio intervallato ai conati di vomito e la mia speranza di arrivare integra a lavoro, ma quella è un’altra storia, quella che ci ricorda che lavorare non debba significare rischiare di svenire e cadere a mare. Ma è pur sempre una storia di mare.

Questo sistema della gestione di un servizio prescinde delle differenze tra gruppi politici. Esso vede l’interesse del privato come unico a determinare l’organizzazione di una società, adducendo come motivazione la volontà di migliorare quel dato servizio affidandolo al possessore di capitale.

Ma chi ne fa le spese? Ne fanno le spese gli interessi collettivi, nel nostro caso specifico quella micro-società che viaggia ogni giorno e si abbona al servizio.

Quanti paroloni, eh? Facciamola semplice: io acquisto un abbonamento da una compagnia che non ha competizione sul proprio campo, quella compagnia, decide di farmi stampare ogni mattina un biglietto nonostante io possieda un abbonamento, decide di farmi pagare una sorta di penale di 3 euro se sono costretto a cambiare il mio ticket, nonostante io non lo abbia usato, decide che il mio abbonamento di domenica non vale e io, che non ho alternative valide, se voglio andare a lavoro e garantire il mio servizio pubblico, devo sottostare.

Sottostare è il termine giusto, purtroppo, perché monopolio o semi-monopolio vuol dire questo: o ti stai, o ti stai.

Lo scopo di oggi non è accusare, ma riflettere, proprio come quando mi siedo in aula e spiego un nuovo argomento, proprio come quando interrogo.

Riflettiamo.

Siamo solo un esempio, un esempio amaro, perché domani comunque nessuno di noi potrà raggiungere il proprio posto di lavoro in tranquillità, come in uno Stato che nasce su lotte per il cambiamento, il miglioramento delle condizioni umane, uno Stato civile quale siamo, dovrebbe fare.

Ma almeno, seppur domani mattina tra occhi stanchi e vispi sorrisi di intesa, avremo parlato, non avremo subito passivamente le dicisioni altrui, almeno, domani mattina Itaca la raggiungeremo più incavolati che mai e un popolo infelice non è un popolo muto.

Benedetta De Nicola

Benedetta De Nicola

Prof. di lettere, attivista fan Marvel da sempre. Ho fondato La Testata e la curo tuttora come caporedattrice e art-director.
Back to top button