Le nuotatrici, quando un viaggio porta alla salvezza
“Ci sono occhi così diversi. Ci sono storie, vite, contesti… ci son colori tra il bianco e il nero che non puoi dir cosa è giusto o vero”.
Così canta Simona Molinari nella canzone Il Mulo, il cui testo è accomunato con il film Le nuotatrici da un lungo viaggio. Un viaggio di speranza per un futuro migliore, dove purtroppo ci sarà sempre qualcuno pronto a giudicarti senza realmente conoscere le cose come stanno.
Scegliere di partire per mettersi in salvo è una scelta davvero difficile per chi, come le protagoniste del film, rischia la vita sia rimanendo nel proprio Paese sia se si decide di scappare.
E nel caso in cui si decidesse di scappare e di rifugiarsi in un Paese lontano dal proprio, saranno molte le persone che guarderanno con occhi diffidenti ma, fortunatamente, ce ne saranno tante altre che porgeranno la mano per aiutare.
Ma perché andarsene da dove si è nati e cresciuti?
Il film Le nuotatrici ci dà un chiaro esempio di un problema ancora attuale, un problema guidato dalla fame di potere economico, politico, e non solo. Un problema chiamato guerra, dove fin troppe persone scappano tutt’ora, in cui solo pochi riescono a sopravvivere.
Questo film, dalla durata di poco più di due ore e che narra una storia realmente accaduta, racconta della storia di due sorelle siriane: Yusra e Sarah Mardini, entrambe accomunate dalla passione per il nuoto acquisita dal padre, il quale fa da coach alle figlie.
Le due sorelle, insieme al cugino e ad altri profughi, decidono di scappare dalla Siria a causa della guerra civile che ha anche distrutto la piscina dove si allenavano – episodio che ha convinto Yusra e Sarah a lasciare il proprio paese definitivamente.
Era l’estate 2015 quando il viaggio ebbe inizio, che portò le sorelle Mardini prima a Beirut, in Libano, poi ad Instabul, in Turchia.
Da qui pagarono degli scafisti per partire verso la Grecia e raggiungere l’Isola di Lesbo, in un gommone troppo piccolo per troppe persone.
Infatti, ebbero non pochi problemi, ritrovandosi in un improvviso temporale che fece riempire d’acqua il gommone.
Come se non bastasse, il motore andò addirittura in avaria.
I profughi furono costretti a gettare in mare i propri bagagli affinché il peso sull’imbarcazione diminuisse.
Intanto, Yusra e Sarah si gettarono in mare insieme a due uomini, che in balia del mare nuotarono per mantenere il gommone in equilibrio.
Grazie al loro aiuto, riescono a salvarsi da un naufragio e ad arrivare in Grecia.
Arrivati in Europa, si rimettono in cammino per raggiungere la Germania dove trovano accoglienza a Berlino, città che permette alle due sorelle di iniziare nuovamente ad allenarsi presso la piscina di un club situato poco distante dal campo profughi dove vivono.
Yusra prende molto seriamente gli allenamenti, guidata dal desiderio di partecipare alle Olimpiadi di Rio 2016, e cerca in tutti i modi di ritornare in forma e avere risultati migliori di quelli che aveva in Siria.
Nonostante inizialmente non aveva la possibilità di gareggiare per il proprio Paese, Sven – il suo nuovo allenatore – le dà un’ottima notizia: se fosse riuscita ad avere nuovamente degli ottimi risultati, avrebbe potuto partecipare alle Olimpiadi nella squadra dei Rifugiati.
Yusra non fu subito contenta della notizia, in quanto non voleva prendere parte ad una competizione così importante per “pena”, ma a seguito di una discussione con la sorella che la fece riflettere cambiò idea.
Il duro lavoro le fece realizzare il suo sogno di partecipare ad un’Olimpiade, anche se non riuscì a classificarsi tra i primi.
È riuscita anche a partecipare alle Olimpiadi di Tokyo 2020, sempre per la squadra dei Rifugiati, in quanto la guerra in Siria è ancora in corso.
Intanto, la sorella Sarah ha abbandonato il nuoto per impegnarsi a 360° come volontaria con un’organizzazione umanitaria greca.
Ad oggi, però, Sarah è sotto processo insieme ad altri 24 volontari per aver aiutato migranti e richiedenti asilo a raggiungere la Grecia tra il 2016 e il 2018.
Irene Ippolito
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