L’amore non è mai contronatura – sul dialogo tra religioni e omosessualità
Come ogni 13 gennaio, oggi si celebra la Giornata mondiale per il dialogo tra religioni e omosessualità, istituita da Arcigay per commemorare il suicidio dell’intellettuale e poeta siciliano Alfredo Ormando.
Il dibattito sui punti di contatto tra fedi religiose e relativi rappresentanti con l’omosessualità risulta da sempre problematico.
Mentre alcune confessioni hanno compiuto significativi passi avanti verso un’apertura all’accoglienza di fedeli appartenenti alla comunità LGBTQIA+, le grandi religioni monoteistiche tendono ad adagiarsi ancora troppo in un atteggiamento di dogmatica condanna verso di essi.
Il rapporto tra queste grandi confessioni e orientamento sessuale è stato in passato connotato da sofferenza e dolore, e ancora oggi è causa di abusi e discriminazioni guidate da un’ignoranza di fondo, forte diffidenza, pregiudizi infondati ma anche molta paura di conoscere e riconoscere l’altro e, attraverso lui, se stessi.
Storicamente, il Vaticano ha rappresentato il fulcro dell’opposizione più convinta alle unioni di persone dello stesso sesso, mettendosi in difesa di posizioni che chiudevano le porte a un dialogo possibile, vissuto più come un rischio che come un’opportunità di diffusione di un altissimo ideale d’amore – sincero e incondizionato.
Oggi onoriamo la memoria di una persona che per la forte demonizzazione dell’omosessualità operata dalla chiesa cattolica scelse, nel 1998, di suicidarsi dandosi fuoco in Piazza San Pietro, a Roma.
«Mi chiedo se un uomo già morto può essere considerato un suicida. Mi rendo conto che il suicidio è una forma di ribellione a Dio, ma non riesco più a vivere, in verità sono già morto, il suicidio è la parte finale di una morte civile e psichica».
Furono queste le ultime parole che l’intellettuale siciliano Alfredo Ormando scrisse ad un amico prima di compiere il disperato gesto, come denuncia contro l’aperta omofobia delle gerarchie vaticane da lui subita in prima persona.
La sua omosessualità non venne infatti mai accettata, né in famiglia, né in società: nacque in un paesino di 20.000 abitanti in provincia di Caltanissetta, in un’umile ma numerosa famiglia di origine contadina, in cui non vi era evidentemente spazio sufficiente per accogliere la sua diversità.
Tentò di trovare la comprensione da sempre negata in un seminario francescano, sperando di trovare rifugio da una vita di discriminazioni, ma probabilmente fu proprio lì che la delusione lo segnò maggiormente. Trovò consolazione nella scrittura, nel lavoro, nello studio, eppure il suo animo non arrivò mai alla serenità che si meritava.
Nei suoi ultimi giorni di vita, scrisse una serie di lettere per denunciare le ingiustizie che gli omosessuali subivano (e ancora subiscono) nel nostro paese. La Santa Sede cercò di assolversi dalle accuse, attribuendo le motivazioni che avrebbero portato Ormando a compiere il folle, ma fortissimo, gesto a problematiche familiari, slegate dal suo orientamento sessuale.
La vicenda è stata poi anche rappresentata su schermo dal regista statunitense Andy Abrahams, che ha realizzato nel 2013 un documentario intitolato Alfredo’s Fire, presentato in anteprima in occasione del Palermo Pride.
Dall’anno successivo all’avvenimento si è scelto di istituzionalizzare questa giornata per sensibilizzare le coscienze a quanta strada ci sia ancora da fare per portare avanti questa lotta a qualsiasi forma di discriminazione.
Questo perché, a distanza di anni, la riflessione resta più che mai necessaria ed attuale, trovandoci in un paese in cui il retroterra culturale cattolico porta in sé convinzioni difficili da sradicare sull’esistenza di ulteriori orientamenti sessuali e manifestazioni diverse dell’identità di genere, dove “diverse” è da intendersi come lontane dall’eteronormatività della nostra società.
Una delle questioni per cui i dibattiti sono stati più accesi è la definizione di famiglia e la possibilità, per coppie omosessuali, di sposarsi e di considerarsi parte dello stesso nucleo familiare; per il momento, a quanto pare, ci si dovrà accontentare delle unioni civili.
Qualche timida apertura c’è stata grazie all’intervento di Papa Francesco che in diverse occasioni si è espresso a riguardo, forse per la prima volta come favorevole ad accogliere quei fedeli a cui è sempre mancato un vero e proprio riconoscimento, gettando le basi per una nuova speranza sull’argomento: “Gli omosessuali sono figli di Dio e hanno diritto a una famiglia. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente”.
In seno alle diverse confessioni cristiane, è presente ad oggi una grande varietà di opinioni sulla tematica, che spaziano dalla condanna totale all’accettazione completa. La maggior parte di queste religioni ritiene infatti che gli atti omosessuali, come il sesso non procreativo, siano peccaminosi, è probabilmente solo nel cristianesimo liberale che non si verifica un’agguerrita opposizione.
Generalmente, le confessioni più conservatrici fanno appello ai passi testuali dell’Antico e Nuovo Testamento, per difendere le proprie posizioni in merito ai rapporti omosessuali, sottolineando come le relazioni umane siano state pensate e volute da Dio nel suo disegno di mondo come strettamente eterosessuali e volte alla procreazione.
Ma bisognerebbe forse partire proprio dallo studio di queste Scritture per riscrivere certe concezioni secolari che hanno causato nei secoli tanta sofferenza.
La Bibbia non è certo piovuta dal cielo così come la leggiamo oggi, è invece un testo ricco di autori, epoche e generi letterari differenti, in cui probabilmente l’unico fil rouge che può essere sempre e comunque rintracciato è l’ideale dell’amore incondizionato di Dio, che ama e perdona tanto il santo quanto il peccatore. Potrebbe mai, in quest’ottica, l’omosessualità essere un incidente di percorso? Che padre è quello che mette al mondo un figlio per poi ripudiarlo?
La verità è che il problema non risiede nelle dottrine in sé, ma piuttosto nella loro estremizzazione e strumentalizzazione, nell’interpretazione funzionale all’élite conservatrice, meccanismi perversi (questi) contro i quali non dobbiamo mai temere di schierarci.
Rebecca Grosso
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