I geoglifi di Nazca
I geoglifi di Nazca sono delle linee tracciate nel terreno dall’antica popolazione peruviana dei Nazca.
Le linee, molte delle quali formano complessi disegni, sono state datate tra il 300 a.C. ed il 500 d.C.
Esse si trovano nella pianura tra le città di Nazca e Palpa, un altopiano che con le sue particolari condizioni climatiche, con pochi venti e scarse precipitazioni, ha consentito la loro conservazione.
La civiltà dei Nazca aveva una perfetta conoscenza della geometria, le linee infatti sono state tracciati con grande precisione, si ipotizza utilizzando un reticolato di corde, rimuovendo le pietre ferrose della superficie e lasciando emergere il sottostante strato di sabbia e pietrisco di differente colore.
Le figure rappresentano animali, celebri sono quelle del colibrì, della scimmia, del ragno, della lucertola e dell’airone, ma anche vegetali come alberi e fiori, figure umane e forme geometriche.
Le linee ritrovate sono 13.000 formando circa 800 figure, profonde al massimo 60 cm.
La prima menzione dei geoglifi si ebbe nel 1547 da parte di Pedro Cieza de Leon un conquistatore spagnolo che le descrive per la prima volta. Solo nel corso del ‘900 si è avuto uno studio approfondito di queste grandiose opere.
Le interpretazioni sono state numerose e tuttora molti dubbi permangono sul perché gli antichi Nazca tracciarono questi segni sul suolo.
Alcuni studiosi ritenevano che la zona fosse un luogo di culto e le linee tracciate facessero parte di un rito, lungo le quali camminare durante le cerimonie, volto a propiziarsi gli dei, in particolare il dio Viracocha oppure un culto degli antenati.
Altri hanno sostenuto che ci fosse una connessione tra questi segni e il calendario astronomico, secondo gli studiosi sostenitori di questa teoria alcune delle figure rappresentavano delle costellazioni. Oggi questa teoria è stata in gran parte accantonata.
Altri ancora ritengono che i geoglifi fossero inerenti a culti della fertilità e delle acque in particolare, molte linee infatti risultano tracciate in corrispondenza di corsi d’acqua sotterranei e verso le montagne vicine dell’Illa Kata ed il Tunga ricche d’acqua.
La particolarità ed unicità di questa imponente opera è stata riconosciuta dall’UNESCO patrimonio dell’umanità nel 1994.
Recentemente è stata divulgata la scoperta, frutto di due anni di ricerca di un’equipe di archeologi giapponesi e peruviani, di altri 168 geoglifi.
Questi sono di dimensioni più contenute misurando dai 2 ai 6 metri di lunghezza e datate tra il 100 a.C ed il 300 d.C., tra questi è stata riconosciuta la figura di un gatto.
Circa 36 dei nuovi geoglifi sono stati scoperti all’interno del parco archeologico di Aja, creato nel 2017 dal Ministero della Cultura del Perù.
Beatrice Gargiulo
Leggi anche: Essere donna nella civiltà etrusca