Il “varco” aperto da Giovanna Cristina Vivinetto
Giovanna Cristina Vivinetto, docente e poetessa di origine siciliana, nel 2019 era stata licenziata dall’Istituto paritario Kennedy di Roma dopo sole tre settimane di lavoro.
La scuola aveva vagheggiato una presunta inadempienza della docente, tentando invano di nascondere le reali motivazioni del licenziamento, dovute alla discriminazione nei confronti della donna transgender.
Tre anni dopo, la sentenza del tribunale ha riconosciuto la discriminazione di genere come causa scatenante il recesso del rapporto lavorativo.
Infatti, secondo la sentenza, le accuse di inadempienza non sussistono perché: «le dichiarazioni non appaiono significative. […] Inoltre, appare quantomeno prematuro un recesso esercitato in così breve tempo, per motivazioni attinenti la scarsa capacità didattica, senza dare alla professoressa la possibilità di ambientarsi e di acquisire piena nozione dei piani didattici personalizzati da applicare ai propri alunni. Sicché può ritenersi adeguatamente provato che le ragioni che hanno indotto la società resistente a risolvere il rapporto di lavoro con la Vivinetto siano ascrivibili proprio alla sua condizione di transessuale».
Il recesso del contratto di lavoro è stato dichiarato illegittimo e la scuola dovrà rendere alla docente un risarcimento pari all’intero importo dello stipendio non percepito, a causa dell’ingiusto licenziamento, per tutto l’anno di lavoro.
Questa sentenza è una grande vittoria, non solo per Giovanna Cristina Vivinetto, ma per tutta la comunità LGBT+.
«È un varco che si apre», scrive la stessa docente. «È da qui che possiamo far entrare la luce».
Questa sentenza è solo un inizio, ma un inizio significativo.
La lotta per i diritti di tuttə inizia finalmente a dare i suoi frutti; le discriminazioni omofobe e transfobiche sono riconosciute e contrastate. Finalmente è stato compiuto il primo passo verso la costruzione di una società equa, libera e giusta.
Adesso, Vivinetto è una professoressa di sostegno in una scuola media ed è senza dubbio una risorsa preziosa per l’istituto e per i suoi studenti.
Crescere e educare cittadini consapevoli significa formarli al rispetto, all’accoglienza, alla lotta alle ingiustizie e alle discriminazioni. La scuola dovrebbe essere un ambiente sano e collaborativo, dove la diversità viene considerata una ricchezza, non un motivo di emarginazione.
La scuola sta cercando di porre l’inclusione alla base di ogni intervento didattico e, dunque, appare ancora più paradossale l’atto discriminatorio compiuto ai danni della docente.
Ma la storia di Vivinetto insegna che credere e lottare per i propri diritti, per i diritti di tuttə, non è mai tempo perso.
«Sta a noi decidere in quale direzione cambiare la nostra società. Starò sempre dalla parte di chi lotta per i proprio diritti, per non farseli calpestare», scrive la donna.
Una società che non emargina, una società inclusiva, ricca e libera non sarebbe una conquista solo per le minoranze, ma per il mondo.
E adesso che il varco è aperto, non aspettiamo altro che incamminarci verso il cambiamento.
Nadia Rosato
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