Come lo sport ha aiutato la propaganda fascista
Lo sport ha da sempre un ruolo fondamentale all’interno della storia dell’umanità, dalla Preistoria sino ai giorni nostri, che sia ludico o praticato a livello agonistico. Ma non solo: è stato molto importante anche all’interno della politica, più in particolare nel regime fascista.
Infatti, durante il governo mussoliniano lo sport venne considerato simbolo della potenza e dell’identità nazionale e della non devianza giovanile.
In questo modo gli italiani, imitando i vincitori delle Olimpiadi, volti iconici della Patria, riuscivano ad accumulare energie praticando esercizi fisici, così da avere resistenza e potenza da utilizzare in tempo di guerra ma anche in tempo di pace.
Nonostante il governo fascista dedicò fin da subito molta attenzione all’attività sportiva, all’inizio del XX secolo i socialisti si dimostrarono contrari allo sport, tanto da ritenerlo “uno dei tanti tranelli che l’attuale sistema di governo burocratico borghese instaurò”.
Nonostante questo, lo sport non ebbe particolari problemi ad introdursi nelle vite delle persone perché Mussolini sapeva bene che l’indottrinamento iniziava già dalla tenera età, fra i banchi di scuola.
Si iniziava già dalle elementari a studiare la “rivoluzione fascista” e la biografia del Duce, e ogni volta che un insegnante entrava in classe gli alunni dovevano salutarlo con il saluto fascista.
Vi era poi il “Sabato fascista”, momento in cui a fine settimana gli studenti si univano agli adulti in adunate che inneggiavano al regime.
Inoltre, i ragazzi dei fasci di combattimento, in divisa con la bandoliera al petto e il moschetto di legno, venivano allenati tramite la ginnastica, lo sport e un addestramento di tipo militare.
L’educazione fisica, all’interno delle scuole fasciste, era così importante da aver istituito l’Accademia fascista di educazione fisica e giovanile, oltre ad aver unificato, nel 1937, tutte le organizzazioni giovanili nella Gioventù Italiana del Littorio, conosciuta anche come “Gioventù Fascista”.
Ancor prima, nell’aprile del 1926, venne creata l’Opera Nazionale Balilla (ONB), che riprendeva il concetto di Giovenale Mens sana in corpore sano, vale a dire “Mente sana in corpo sano”.
Ciò significa che al concetto della sana educazione fisica legata all’esercizio intellettuale, veniva aggiunto il carattere militare per inquadrare i giovani dagli 8 ai 18 anni.
Le varie organizzazioni formatesi erano molto utili per richiamare i giovani al regime, ma serviva un modello da seguire, che richiamasse l’idea fondamentale del regime fascista: quella di plasmare un uomo nuovo, forte, un combattente che portasse lustro alla stirpe.
Inizialmente Mussolini non era molto propenso all’attività fisica: aveva fatto la guerra da volontario, ferendosi quasi subito, e il suo corpo massiccio non era molto propenso ad attività come la corsa e, più in generale, allo sport – almeno apparentemente.
Solo più tardi la propaganda iniziò ad insistere su un Mussolini prestante e dotato fisicamente: non mancava occasione in cui il Duce venisse fotografato a petto scoperto a lavorare, correre o a giocare, mostrando la virilità da cui gli italiani dovevano prendere esempio.
Pur di compiacere i gusti degli italiani, lo si vedeva spesso a giocare a calcio, sport che il Duce non ha mai amato particolarmente.
Irene Ippolito
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