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Napoli: capitale d’Italia del turismo

In questi giorni hanno spopolato titoli come “Napoli capitale della bellezza”, “La rinascita di Napoli”, “È l’anno di Napoli, non solo per il calcio”. Fatto sta che il Time l’ha inserita nella lista delle città più belle del mondo.


Dunque abbiamo finalmente guadagnato il primato che ci meritiamo? Da quanto dura questa scalata? Quanto dovremo ancora lottare per ottenere la nostra rivincita?


Cara Napoli,
vorrei parlarti come se fossimo amiche da tempo, come se fossi per me, per noi: madre, padre, sorella, figlia. Come se fossi per me, per noi: occhi, orecchie, braccia, gambe, cuore.


Ho imparato a conoscerti sin da piccola, negli occhi di mia nonna, nella sua lingua, nei suoi racconti. Lei, nata da quella guerra che ha devastato la città, tra i rifugi per ripararsi dai bombardamenti e la fame incattivita dalla borsa nera. Lei, che ascoltava solo musica napoletana e parlava solo in napoletano mi ha fatto capire sin da subito che a Napoli esisteva un’altra realtà: diversa da quella che studiavo a scuola, c’era la nazionalità e poi c’era la napoletanità.


E così ho capito cosa vuol dire essere bilingue, non è una caratteristica che tutti hanno, molti miei compagni parlavano solo in italiano perché in famiglia non avevano questa abitudine, noi invece, e oggi posso dirlo con fierezza, sì. Esiste una napoletanità di mezzo, quella colorata, eccentrica e appassionata che non è mai troppo accentuata né mai troppo affievolita, è una napoletanità che accoglie, abbraccia, crea rifugio, dà calore, ma ti sa anche respingere, si offende, porta rancore, crea scompiglio.


Ho imparato a conoscerti anche da sola, quando sono diventata più grande, camminando per le tue strade, quando avevo fame di sapere perché tutto il mondo fosse così tanto innamorato di te, cosa avessi di speciale. Ancora oggi non so spiegarmi se è qualcosa che sta nell’aria, se sono le strade, se è la storia che parla, se è la musica, i colori, il cibo, il mare, il sole, il cielo e ‘e manduline.


Credo che siano tutte queste cose insieme, unite ai lavori sull’urbanistica e sui mezzi di trasporto attuati negli anni recenti (ricordiamo il boom di Toledo di qualche anno fa, eletta stazione della metropolitana più bella d’Europa), una buona pubblicità da parte del cinema e della televisione che ultimamente hanno fatto sì che Napoli diventasse un set a cielo aperto. La gente che sa accoglierti come se fossi un parente che conosce da sempre, quella stessa gente che “non aspetta ‘a ciorta” ma lotta ogni giorno per uscire dai luoghi comuni e affermarsi per quello che è. La musica che negli anni è andata avanti e ha sviluppato uno stile tutto suo (impossibile oggi essere un rapper e non sottolineare il fatto di essere napoletano, per esempio Liberato, Geolier, i Nu Genea).

Vogliamo parlare del cibo? Conosco persone che prendono treni apposta per venire a Napoli a Pasqua a mangiare pastiera e casatiello. E i beni artistici? Palazzo Reale, San Martino, Capodimonte, MANN, Castel dell’Ovo, Maschio Angioino, le innumerevoli Chiese… non c’è tempo per decantare l’elenco di tutte le cose di cui ci si potrebbe innamorare, il Time dovrebbe scrivere un’altra lista a riguardo solo su Napoli. Quello che conta è fermarsi un attimo, guardarsi attorno e sentire di essere davvero in una delle città più belle del mondo perché Napoli non è più una carta sporca, ma è rimasta di mille colori.
Fatto certo è che sicuramente attrai, oggi più che mai il mondo ti conosce per quello che sei. La sirena Partenope, innamorata di Vesuvio, oggi siamo noi. Oggi “tutto‘o munno sape ‘a verità”.

Lucia Russo

Illustrazione di Enza Galiano

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Lucia Russo

Lucia. Amante della luce per destino: nomen omen. Tuttavia crede che per arrivare a quella luce ci sia bisogno del caos e della contraddizione, scrutarsi dentro, accettarsi e avere una profonda fiducia in sé stessi. Il rimedio a tutto il resto: una buona porzione di parmigiana di melanzane.
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