Immediatezza comunicativa: la chiave del linguaggio di Berlusconi
La morte di Berlusconi segna quella di uno degli stili comunicativi politici più popolari in assoluto in Italia, forse solo dopo Mussolini. Si tratta veramente della fine di un’era: vediamo perché.
Nato come imprenditore, Silvio Berlusconi è stato in grado di monopolizzare buona parte di fine anni 90 e 2000 anche sotto il profilo politico, culturale ed economico.
Il suo viso è su tutti i giornali, politici o di gossip. Partecipa a milioni di trasmissioni tv sulle sue stesse reti televisive, seguite da moltissimi italiani ogni giorno. Con le sue idee e tecniche comunicative innova la propaganda politica, dando inizio a un’onda cavalcata successivamente da politici come Salvini o Grillo e guadagnandosi l’epiteto di comunicatore di professione, sicuramente non a torto.
Per poter comprendere meglio i punti chiave del suo metodo comunicativo è utile analizzare il discorso trasmesso su tutte le sue reti il 26 gennaio 1994, con cui il Cavaliere annuncia il suo ingresso in politica e la creazione del suo nuovo partito.
“L’Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà.”
Con parole semplici, dirette e senza fronzoli Berlusconi inizia il suo discorso con un messaggio che sottolinea da subito un legame sentimentale con l’Italia: parte dall’infanzia, continua nel presente e si proietta nel futuro.
Subito dopo abbiamo il riferimento alla sua identità personale, quella imprenditoriale. È un’immagine che ricorrerà moltissimo nella storia politica di quest’uomo e che gli farà guadagnare grande rispetto e stima da moltissimi italiani. Quello che tenterà di fare per tutta la sua carriera è infatti alimentare la corrispondenza grande imprenditore=grande politico, senza di fatto alcun tipo di fondamento.
Terzo punto chiave della questione è l’idea di libertà, che questi definisce una passione. Il termine libertà ricorre più volte nel discorso e sembra dover rimanere come fulcro comunicativo dell’intero discorso e come suo progetto politico.
“Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare.”
Qui vediamo un elemento cardine dei suoi discorsi, la metafora: definisce il suo ingresso in politica come uno “scendere in campo”. Le metafore nel linguaggio politico sono utilizzate dalla notte dei tempi, quello che emerge è tuttavia il riferimento alla cultura popolare, in questo caso di tipo calcistico. Questa scelta rappresenta un’innovazione nella comunicazione politica notevole: Berlusconi rinuncia alla tradizionale cripticità del linguaggio tecnico della politica, sceglie un linguaggio semplice a partire dalla sintassi delle frasi per finire con i riferimenti metaforici pop.
“Rinuncio dunque al mio ruolo di editore e di imprenditore per mettere la mia esperienza e tutto il mio impegno a disposizione di una battaglia in cui credo con assoluta convinzione e con la più grande fermezza.”
Qui “battaglia” indica un palese riferimento alla guerra e allo scontro con le parti politiche cui lui si vuole opporre, perché giudicate inefficienti e antiche.
“La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi. L’autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica. Mai come in questo momento l’Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative ed innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato.”
La situazione politica cui allude Berlusconi è quella del passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica e dello Scandalo di Tangentopoli. Il succo del suo discorso è molto chiaro: la DC è ormai crollata e la sinistra intende ostacolare la libertà degli individui e degli imprenditori, lui intende presentarsi come affidabile alternativa, come sottolinea con “testa sulle spalle”.
“Ciò che vogliamo offrire agli italiani è una forza politica fatta di uomini totalmente nuovi. Ciò che vogliamo offrire alla nazione è un programma di governo fatto solo di impegni concreti e comprensibili. Noi vogliamo rinnovare la società italiana, noi vogliamo dare sostegno e fiducia a chi crea occupazione e benessere, noi vogliamo accettare e vincere le grandi sfide produttive e tecnologiche dell’Europa e del mondo moderno.”
Il momento in cui Berlusconi si trova a entrare in politica è complicato, gli elettori diffidano dalle autorità politiche. Tuttavia il suo stile comunicativo è in grado di avallare queste problematiche, infondendo sicurezza e illusione di certezza.
Ulteriore elemento patriottico è poi il nome del partito che questi lega all’idea di unità del Paese, sulla base degli stessi ideali:
“Il movimento politico che vi propongo si chiama, non a caso, Forza Italia. Ciò che vogliamo farne è una libera organizzazione di elettrici e di elettori di tipo totalmente nuovo: non l’ennesimo partito o l’ennesima fazione che nascono per dividere, ma una forza che nasce invece con l’obiettivo opposto; quello di unire, per dare finalmente all’Italia una maggioranza e un governo all’altezza delle esigenze più profondamente sentite dalla gente comune. […] Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano.”
La conclusione del discorso mette in campo un altro tema centrale nella comunicazione di Berlusconi, che affonda le radici nella storia dell’Italia come fulcro del culto cristiano. Qui il politico sfrutta l’espressione “miracolo italiano”, con evidente riferimento ai miracoli cristiani. La simbologia religiosa ritornerà nel futuro in “traversata nel deserto” con cui si riferisce al periodo passato in opposizione al governo Prodi.
Celebre la citazione: “Voi dovete diventare dei missionari, anzi degli apostoli, vi spiegherò il Vangelo di Forza Italia, il Vangelo secondo Silvio.”(Il Messaggero, 4 aprile 1995)
Questo discorso rappresenta solo l’inizio di una lunga carriera politica che porterà il Cavaliere alla presidenza di ben quattro governi. Quali sono state dunque gli ulteriori elementi che gli hanno garantito un successo tale?
Senza dubbio la televisione, che per molti anni prima della nascita dei Social ha rappresentato un must have di tutti i cittadini in Italia. Berlusconi, ha da subito capito le potenzialità del mezzo ed è riuscito a mettere in campo un sistema di propaganda politica mediato soprattutto da esso. Il monopolio di Mediaset e di molti dei canali più seguiti, gli ha consentito di influenzare esplicitamente ma soprattutto implicitamente la popolazione. Alla luce del sole erano tutti i suoi discorsi politici, ben più influenti erano però i programmi, i telegiornali ed i messaggi che in modo sotteso poteva inviare tutti i giorni nelle case degli italiani, senza che questi se ne accorgessero.
Numerosi sono poi i riferimenti al suo periodo giovanile, con le celebri frasi “Quando ero…” e proseguivano con le immedesimazioni più varie dell’uomo in ruoli come il cantante, l’intrattenitore di piano bar, il venditore porta a porta o simili. Lo scopo è ovviamente qui quello di instaurare un rapporto più intimo con l’ascoltatore, avvicinandosi alla sua esperienza di vita.
Importante nella sua comunicazione politica è il turpiloquio, il linguaggio basso e gli insulti riferiti agli oppositori politici, spesso definiti con etichette varie come “poveri comunisti” o storpiature di nomi come “The Ecomunist” per riferirsi al celebre giornale inglese The Economist. Mi preme sottolineare come Berlusconi sia stato uno dei primi a far forza sulla fallacia logica dello scurrile=autentico che ritornerà moltissimo in politica, come se l’aggiunta di termini offensivi potesse indicare la sincerità e non semplicemente la scorrettezza.
Berlusconi inoltre, proprio come nel marketing, sfrutta la tattica della ripetizione. Slogan, parole chiave, temi ricorrenti hanno la funzione di imprimersi nella mente delle persone, secondo la nota teoria che vede nella ripetizione la chiave per rendere gli uditori più inclini ad accettare e a pensare plausibile ciò che la persona ripete. Lo si sente così tante volte che si finisce per crederci.
Tra le espressioni che ne fanno un personaggio ricordato troviamo i celebri “Mi consenta” e “bunga bunga”, che l’uomo ha fatto suoi a tal punto da rendere impossibile utilizzarli in modo neutro.
Non da meno sono gli scandali del politico, che vanno di pari passo con motto “tutto, basta che se ne parli”. Solo così possiamo inquadrare la tendenza di Berlusconi a smentire molte sue promesse o affermazioni attraverso gaffes studiate a tavolino. Ne sono esempi il milione di posti di lavoro, o il «contratto con gli italiani» firmato nel talk-show di Bruno Vespa.
In ultimo è da notare l’utilizzo del proprio corpo: di certo non avvenente ma di cui Berlusconi fa fiero sfoggio con un obiettivo ben preciso. I capelli finti, il botox, i tacchi nascosti nelle scarpe sembrano tutti alludere alla volontà di rimanere giovani per sempre, il che sembra quasi voler richiamare l’antica idea di re immortale ( o per lo meno dall’immagine eterna).
Berlusconi ha rivoluzionato il modo di fare politica e propaganda in Italia, introducendo dunque tattiche sfruttate anche da molti altri dopo di lui. Sicuramente una base di storia della comunicazione è individuabile: metafore, ripetizioni. Nulla di nuovo sotto quel profilo.
Tuttavia la scelta di abbandonare il politichese degli anni 80 in sostituzione di un linguaggio più semplice e l’intuizione di poter utilizzare il nuovo mezzo televisivo come trampolino di lancio sono state “trovate geniali” che lo hanno stampato nella mente e nell’immaginario di tutti gli italiani.
Sofia Seghesio
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