Dark tourism, alla scoperta di morte e dolore
Il dark tourism è un tipo di turismo che predilige quei luoghi macabri e oscuri, che sono stati protagonisti di tragedie e stragi e che sono dunque associati alla sofferenza e alla morte.
È un fenomeno, quello del “turismo oscuro”, che sembra essere sempre più diffuso tra i viaggiatori dei nostri anni. Dalla drammaticità di alcune vicende e luoghi deriva un fascino irresistibile per una certa categoria di traveller, che trova nel sentore di morte una vera e propria scarica di adrenalina.
In realtà, l’interesse per il dramma e il dolore è forse qualcosa di innato nell’uomo: pensiamo, per esempio, all’arene di epoca romana piene zeppe di spettatori pronti ad assistere agli scontri cruenti tra gladiatori.
Tuttavia, è una forma di esperienza di cui si è iniziato a parlare a partire dagli anni ’90 e che vede al suo interno una differenziazione interessante: da un lato ci sono quei turisti che intendono visitare determinate mete “difficili” per poter percepire il dolore che le avvolge e anche per comprendere appieno gli eventi accaduti in quei siti (pensiamo ai più gettonati come Chernobyl, Auschwitz, Hiroshima); dall’altro lato troviamo i viaggiatori che scelgono destinazioni spaventose per divertimento, come nel caso di parchi a tema horror, luoghi costruiti ad hoc.
All’interno dell’ampia categoria “dark tourism” troviamo alcuni sottogruppi in cui il fenomeno si va a specificare.
Con genocide tourism indichiamo la sezione più “nera” del turismo oscuro, la quale a sua volta ingloba l’holocaust tourism, cioè quel turismo interessato a luoghi di sterminio, dove si sono verificati genocidi e stragi di massa. Accanto al già citato museo/campo Auschwitz-Birkenau vale la pena menzionare Kigali Genocide Memorial in Ruanda e Killing Fields in Cambogia.
Cemetery tourism racchiude, invece, un’attività decisamente più diffusa qual è la visita di cimiteri, catacombe, cripte e luoghi di sepoltura in generale.
Se una meta diventa destinazione di viaggiatori in seguito ad un evento catastrofico, allora potrà essere assegnata alla categoria del disaster tourism, come nel caso della nostra Pompei oppure di Chernobyl che, per essere precisi, rientrerebbe nel nuclear tourism, una classe a sé stante. Ma i disastri possono essere anche di origine umana: basti pensare al naufragio del Titanic, a cui sono dedicati oltre 200 musei nel mondo.
Quando ad attrarre turisti sono prigioni e carceri, la categoria corrispondente è quella del prison tourism, il cui simbolo principale è il sito di Alcatraz, in California; e se si parla di spiriti, luoghi infestati e bambole assassine ci si riferisce al diffusissimo ghost tourism.
Infine, è il caso di segnalare una più complessa e controversa forma di dark tourism: lo slum tourism, ovvero l’attenzione turistica verso quegli agglomerati urbani altamente popolati dominati da povertà e problematiche di ogni tipo, il cui manifesto potrebbero essere le favelas di Rio de Janeiro.
E tu? Quale forma ti turismo oscuro sceglieresti?
Maria Paola Buonomo
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