La musica dance: un fenomeno sempre attuale
I revival, le piste da ballo, il non voler pensare, lo staccarsi dalla quotidianità, sono tutte espressioni che possono essere racchiuse in un unico concetto: la musica dance.
Sotto il concetto di musica dance possono essere chiusi vari generi, creati soprattutto per discoteche, rave e festival. Di solito troviamo un disc jockey che crea un’unica traccia mettendo insieme più pezzi, il cosiddetto mash-up.
L’EDM, acronimo di Electronic dance music, ha guadagnato popolarità in Europa alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90 con l’avvento della musica rave, delle radio bootleg e del crescente interesse per la cultura dei club. Tra la metà e la fine degli anni ’90, nonostante il successo iniziale di alcuni gruppi negli Stati Uniti, la dance music non era universalmente accettata. In questo periodo, la percezione di una connessione tra la musica dance e la cultura della droga spinse i governi a promulgare leggi e politiche volte ad arginare la diffusione della cultura rave.
All’inizio degli anni 2010, l’industria musicale americana e la stampa musicale hanno fortemente promosso il termine “musica dance elettronica” e il suo acronimo EDM nel tentativo di rinominare la cultura rave americana. Nonostante i tentativi dell’industria di creare un marchio specifico di EDM, l’acronimo è ancora utilizzato come termine generico per diversi generi dance come house, techno, trance, disco, drum and bass, dubstep e i rispettivi sottogeneri.
Insomma in un unico genere possiamo raccogliere le contaminazioni degli anni che sono trascorsi che hanno abbracciato i vari cambiamenti nel corso della storia della musica.
Tra gli esempi italiani del genere dobbiamo assolutamente ricordare Giorgio Moroder che con What a feeling ha vinto il Premio Oscar nel 1984 come migliore canzone per il film Flashdance cantata da Irene Cara.
Prodotta da Giorgio Moroder ricordiamo anche I feel love per Donna Summer.
Del 1982 Sexual Healing di Marvin Gaye.
Della musica house ricordiamo: nei primi anni ottanta, i dj dei The Hot Mix 5 della radio di Chicago, e i dj dei club Ron Hardy e Frankie Knuckles suonarono vari stili di musica dance, tra cui vecchie registrazioni disco, tracce electro-funk di artisti come Afrikaa Bambaataa, più recenti registrazioni italo disco, musica hip hop B-Boy di Man Parrish, Jellybean Benitez, Arthur Baker, e John Robie, e musica electropop di Kraftwerk e dei Yellow Magic Orchestra.
“On and On” viene talvolta definito “la prima registrazione house“, sebbene siano stati menzionati altri esempi di quel periodo, come JM Silk. La musica house si diffuse rapidamente in altre città americane come Detroit, New York e Newark: ciascuna sviluppò la propria scena regionale. Tra la metà e la fine degli anni ’80, la musica house divenne popolare in Europa e nelle principali città del Sud America e dell’Australia.
Nel 1988, la musica house divenne la forma di musica da club più popolare in Europa, lo stesso anno l’acid-house si trasformò in una tendenza importante nel Regno Unito e in Germania. Nel Regno Unito, la sottocultura delle feste in baracca incentrata sui sistemi audio afro-caraibici britannici alimentava after-party clandestini contenenti esclusivamente musica dance. Sempre nel 1988, l’atmosfera festaiola delle Baleari associata al DJ di Ibiza Alfredo fu portata a Londra quando Danny Rampling e Paul Oakenfold aprirono rispettivamente i club Shoom e Spectrum.
Il successo dell’house e dell’acid house aprì la strada alla techno di Detroit, uno stile inizialmente abbracciato da una manciata di club di musica house a Chicago, New York e nel nord dell’Inghilterra.
Il termine Techno fu usato per la prima volta nel 1988 dopo l’uscita della compilation 10 Records/Virgin Records Techno: The Dance Sound of Detroit nel 1988.
Cosa possiamo definire oggi “musica dance”? Sicuramente artisti come Madonna, Lady Gaga, Black Eyed Peas o Avicii.
Lucia Russo
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