Il miele delizia di dei e orsi
Il miele, alimento naturale prodotto dalle api, è apprezzato per le sue molteplici proprietà benefiche ma anche per la sua affascinante storia e gli interessanti aneddoti sulla produzione e il suo consumo.
Considerato un’importante fonte di energia, il miele è stato utilizzato storicamente per aumentare la resistenza fisica. Infatti il consumo di miele risale a millenni fa. Veniva utilizzato sia come cibo che come medicina già nell’Antico Egitto e nell’Antica Grecia.
Tuttavia erano gli Antichi Greci i più grandi estimatori del miele tanto da considerarlo il cibo degli dei. L’Ape Regina era ritenuta simbolo sacro della dea Artemide. Non a caso venne coniata una moneta che mostrava un’ape come effige. Ma oltre alle tracce archeologiche, che provano l’amore dei greci per il miele, possiamo anche affidarci agli scritti antichi. Ad esempio, Omero parla della raccolta del miele selvatico mentre Pitagora lo descrive come un segreto per una lunga vita.
Tra le varie dicerie sul miele vi è una legata alla sua caratteristica di “alimento eterno”. Questa convinzione ha origine da una scoperta avvenuta in Egitto. Furono ritrovati vasi di miele nei sepolcri delle tombe dei faraoni completamente intatti nonostante il tempo trascorso. Questo ha dimostrato la forte natura conservante del miele, ma ovviamente non la sua commestibilità!
Quindi il miele non è immortale. È bene tenere a mente che, nonostante non abbia una data di scadenza specifica, è importante consumarlo entro due anni dall’apertura.
Il miele è amato, oltre che dagli dei e dagli umani, anche dagli orsi. E no, non è solo frutto di fantasia: gli orsi sono davvero ghiotti di miele. Si cibano di questo alimento perché, oltre ad essere dolce, è pieno di proteine. Ma ottenere questo cibo può essere pericoloso sia per loro sia per le api. Queste possono pungere gli orsi mentre difendono i loro alveari, causando loro fastidio e ferite, soprattutto se puntano al muso, agli occhi e alle orecchie. Ma il pericolo maggiore lo corrono le api stesse che spesso non riuscendo ad ostacolare l’orso, finiscono per essere divorate insieme all’alveare.
Enza Galiano
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