Quando nasce Israele? Ripercorriamo la storia
In questi giorni si sente sempre più parlare della guerra tra palestinesi ed israeliani.
Un conflitto che, sembra, scoppiato improvvisamente ed ha lasciato tutti a bocca aperta, proprio come quello dell’Ucraina.
La realtà è ben diversa. La guerra è partita molti anni prima e non si è mai arrestata prendendo, invece, una piega diversa poiché i palestinesi hanno deciso di affrontare il popolo israeliano in maniera più ferrata.
Ma cosa è successo in origine?
Torniamo al 29 novembre del 1947 quando l’ONU, tramite l’Assemblea Generale, decise di dividere il territorio palestinese dando vita allo Stato di Israele.
Questa decisione è stata approvata da 33 Paesi che intrapresero, secondo la loro opinione, la scelta migliore a conclusione della seconda guerra mondiale, dove gli ebrei erano stati fortemente perseguitati e rimasti senza territorio.
Il Regno Unito rinunciò al mandato che aveva ricevuto sulla Palestina e la nascita dei due Stati fu dichiarata ufficialmente il 14 maggio dell’anno successivo.
Questo fu l’inizio della fine.
Ovviamente gli arabi non erano felici di tale decisione e vennero appoggiati dagli Stati limitrofi quali l’Egitto e Siria.
Questi subito dichiararono guerra a sostegno dei palestinesi ed ebbe inizio il conflitto arabo israeliano che, nel 1949, vide la vittoria di Israele.
Sebbene i patti originali prevedevano una parte più limitata di territorio del nuovo Stato, con il passare del tempo i palestinesi vennero reclusi e costretti a vivere in spazi ridotti, quasi come i ghetti.
Il popolo “eletto” che, fino a quel momento era stato cacciato e perseguitato in maniera spietata, cercava di riprendere il proprio posto nel mondo, a scapito però di un’altra popolazione.
Da quel momento diversi atti terroristici palestinesi furono attuati nello Stato di Israele e non solo.
Nei primi due anni di conflitto circa 700.000 arabi abbandonarono le proprie case, furono espulsi da esse e costretti a vivere in un altro luogo. La popolazione palestinese ricorda questo esodo come Nakba, vero e proprio “disastro”.
I rifugiati si trasferirono principalmente nella Striscia di Gaza e Cisgiordania, in veri e propri campi profughi.
Nel 1967 Israele attaccò, tramite aerei, l’aviazione egiziana e siriana riuscendo a vincere ed ad impadronirsi di altri territori, quali la Striscia di Gaza.
Il 1973 fu un anno critico per il nascente Stato in quanto fu attaccato da Siria ed Egitto proprio nel giorno dello Yom Kippur, festa solenne. Fu un grave danno che costrinse il paese a firmare una pace con l’Egitto.
Qui entra in gioco Hamas, di cui, sicuramente, si sarà parlato ampiamente riconoscendola come associazione terroristica. In realtà si tratta di un’organizzazione nata dopo la prima Intifada, ovvero una protesta palestinese, che rappresenta un movimento di resistenza.
Nel 2005 Hamas riuscì a riprendere la Striscia, ma Israele chiuse tutte le frontiere e bloccò i palestinesi al suo interno.
Con l’arrivo del presidente dello Stato di Israele Netanyahu nel 2022 salì la tensione e si arrivò fino all’evento catastrofico che tutti conosciamo: il 7 ottobre 2023 Hamas attacca Israele.
La guerra non accenna a terminare e, intanto, migliaia di persone stanno perdendo la vita ogni giorno in un paese ormai spezzato in due da anni. Non esistono più vincitori e vinti, ma solo gente mossa da sentimenti di odio e rancore.
La Palestina, territorio antico e meraviglioso, è oggi scenario di un conflitto che dura dalla metà del secolo scorso tra due delle popolazioni più vetuste al mondo.
Gli ebrei, popolo mai accettato e sempre in fuga fin dall’antichità e palestinesi, gente costretta a lasciare la propria terra in costante balia di scelte fatte da altri.
“Hanno scritto per noi delle vite che non sono altro che prolungate sentenze di morte, calvari. Io non vivrò questo copione”
“Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulhawa
Martina Maiorano
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