È ancora possibile la poesia?
«Sotto lo sfondo così cupo dell’attuale civiltà del benessere anche le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità.
Le comunicazioni di massa, la radio e soprattutto la televisione, hanno tentato non senza successo di annientare ogni possibilità di solitudine e di riflessione.
C’è una grande sterilità in tutto questo, un’immensa sfiducia nella vita. In tale paesaggio di esibizionismo isterico quale può essere il posto della più discreta delle arti?
È ancora possibile la poesia?»
Con questa domanda esordì Montale in occasione della cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Letteratura nel 1975, ponendo l’accento su una questione ancora contemporanea.
Il poeta ligure pose questo quesito al centro dell’intero discorso, cercando, in maniera satirica e provocatoria, di articolarlo come un “dato di fatto” su cui spingere i presenti a riflettere, persuadendoli a non farsi “schiacciare dalla massicciata collettiva”.
Sceglie le parole giuste Montale quando parla di “esibizionismo isterico” dato che la società di oggi è caratterizzata da una comunicazione veloce, rumorosa e fatta di slogan sintetici che non chiedono di fermarsi troppo a pensare ma che, anzi, mirano a sottrarsi alla criticità.
Al giorno d’oggi tutto è frenetico: le relazioni umane sono sempre più superficiali, i valori dell’essere e del sentire vengono soffocati dal bisogno di apparire e possedere, le emozioni vere sono sempre più rare e il fluire spontaneo di una poesia o di una riflessione è sostituito dal rumore dei social media.
Proprio verso la società dei consumi, infatti, lo stesso poeta riversava tutto il suo pessimismo, definendo il consumismo come “una nuova barbarie capace di modificare il rapporto dell’uomo non solo con le cose, ma anche con la cultura e l’arte, spingendolo a calpestare ogni forma di dignità morale e trasformando la poesia in qualcosa di estraneo alla vita”.
La società moderna è quindi controllata dai mass media che alienano l’uomo e lo invitano al futile e al superfluo. Sembra quindi che nel mondo odierno non ci sia spazio per la poesia, che diventa un genere specializzato per una cerchia di pochi cultori.
Ma, in realtà, che cos’è la poesia?
Per Montale, la poesia “è una sorta di testimonianza con cui il poeta affida ad un interlocutore le sue riflessioni sulla propria condizione esistenziale e le sensazioni più recondite dell’anima”.
Per gli autori e i critici contemporanei, invece, “è una possibilità infinitamente sospesa che si avvera soltanto nella mente di ogni singolo destinatario”.
La poesia, pertanto, è un’esigenza.
Un’esigenza impellente di esprimere e dare voce alla propria sensibilità, alle proprie emozioni, ai propri pensieri.
L’errore sta nel considerare la poesia come genere letterario specialistico. Si dovrebbe uscire fuori dal canone delle rime e delle forme metriche e analizzare piuttosto tutto ciò che suscita emozioni e si riflette poi in poesia.
Ecco che cos’è la poesia, è un’evasione dalla realtà materialistica della società moderna, è un fermarsi a riflettere, è un abbandonarsi a sogni, illusioni e utopie, è vedere veramente qualcosa e non soltanto guardare.
Tutti possono essere poeti, tutti possono fare poesia.
“Nella attuale civiltà consumistica che vede affacciarsi alla storia nuove nazioni e nuovi linguaggi, la poesia è l’arte tecnicamente alla portata di tutti: basta un foglio di carta e una matita e il gioco è fatto” affermava il poeta, concordando sul fatto che la poesia è ancora viva in ognuno di noi.
Sicuramente la parola poetica ha oggi perso la rilevanza di cui godeva un tempo. Ha però trovato modo di non scomparire fondendosi con una forma ancora diffusissima: la prosa.
“Comunque la poesia non vive solo nei libri o nelle antologie scolastiche.
Il poeta ignora e spesso ignorerà sempre il suo vero destinatario.
La poesia lirica ha certamente rotto le sue barriere.
C’è poesia anche nella prosa, in tutta la grande prosa non meramente utilitaria o didascalica: esistono poeti che scrivono in prosa o almeno in più o meno apparente prosa; milioni di poeti scrivono versi che non hanno nessun rapporto con la poesia.
Ma questo significa poco o nulla. Il mondo è in crescita, quale sarà il suo avvenire non può dirlo nessuno.
Ma non è credibile che la cultura di massa per il suo carattere effimero e fatiscente non produca, per
necessario contraccolpo, una cultura che sia anche argine e riflessione.
Possiamo tutti collaborare a questo futuro.”
Montale crede nella presenza di persone ancora affamate di cultura autentica, che non si lascino influenzare dal consumismo e dalla modernizzazione della società e che, anzi, riescano a potenziare e preservare il posto, il ruolo e soprattutto il valore della poesia, anche in un contesto di continua evoluzione e metamorfosi.
La verità è che non si smetterà mai di fare poesia e non si estinguerà mai l’esigenza di riflettere. Per quanto la vita degli esseri umani sia frenetica, ci saranno sempre alcuni che si distingueranno per il proprio bisogno di esprimersi attraverso la scrittura.
La carta è più paziente degli uomini, perché aspetta che prima o poi i pensieri sentano il bisogno di essere espressi, impressi e ricordati su di essa.
“Avevo pensato di dare al mio breve discorso questo titolo: potrà sopravvivere la poesia nell’universo delle comunicazioni di massa? È ciò che molti si chiedono, ma a ben riflettere la risposta non può essere che affermativa.”
Perfino Montale nel non troppo lontano 1975, in fondo, sapeva già che la poesia è eterna e che è ancora
possibile per tutti coloro che non smettono mai di crederci.
Alessia Miranda
Vedi anche: Forme metriche della poesia lirica: La canzone