Donne e tecnologia: una storia di contraddizioni
di Carolina Niglio
“Date alle donne occasioni adeguate ed esse possono fare tutto”
Se oggi pensiamo a grandi menti che hanno rivoluzionato il mondo della tecnologia ci verranno subito in mente personalità come Steve Jobs e Bill Gates. Ma siamo qui per dimostrarvi che il nostro immaginario collettivo dovrebbe essere costellato da molti più volti femminili.
Era l’‘800 quando Ada Lovelace, figlia di Lord Byron, per volere della madre fu allontanata dalla poesia e fu invece istruita sin da bambina alla matematica. Pochi sanno, però, che questa donna può essere considerata la prima programmatrice della storia, in quanto, collaborando dalla tenera età di 17 anni con Charles Baggage a una macchina per eseguire calcoli matematici complessi, trascrisse il primo algoritmo espressamente formulato per una macchina.
Si può pensare, ovviamente, che trovandoci in quel secolo l’esperienza appena raccontata possa essere considerata un’eccezione per la sua fortuna nella formazione e nell’integrazione di un mondo tutto al maschile. Nel secolo successivo, però, le donne hanno ottenuto un nuovo ruolo in molti campi, rimanendo sempre però le pecore nere quando si trattava di innovazione tecnologica.
Tra le figure che sono state riscoperte ricordiamo Grace Murray Hopper, nota non solo per aver inventato un linguaggio di programmazione ancora oggi utilizzato nel settore della finanza e dell’amministrazione (Cobol), ma per le sue grandi capacità logiche e analitiche grazie a cui teorizzò il concetto di debugging e fu chiamata a lavorare nel team del Mark I, il computer principale della Marina degli Stati Uniti.
Vi chiederete ora, a cosa è dovuta la differenza sostanziale in questo campo fra uomini e donne? Fortunatamente, abbiamo superato l’idea vittoriana secondo cui le donne non erano adatte allo studio della matematica ma solo della letteratura per la dimensione del proprio cervello. Nonostante ciò, la presenza femminile è risultata molto alta nelle occupazioni considerate meno qualificate e più ripetitive come l’inserimento dati o la catena d’assemblaggio. Qual è il vero problema?
Per anni settori come l’informatica sono stati dominati da uomini che ne hanno definito forma e contenuti. Le donne, invece, hanno un’attitudine completamente differente all’uso delle tecnologie come il computer: per loro, le abitudini e regole di utilizzo possono e vanno modificate in base alle opportunità e alle esigenze. Questo lo dimostra il fatto che la Hopper fu l’unica ad accorgersi della falena che si era intrufolata all’interno di Mark 1, pensando fuori dagli schemi.