Contare fino a centosei
Da bambini era un traguardo riuscire a contare fino a cento.
Era una cifra che ci sembrava enorme, incespicavamo tra i vari “anta”, qualche numero sfuggiva sempre alla nostra memoria.
Poi abbiamo scoperto la magia di tutte le altre cifre di cui ignoravamo l’esistenza e che facevano risultare “cento” una quantità esigua. Col tempo abbiamo anche capito, però, che ogni numero diventa enormemente più grande o più piccolo in base al contesto in cui si applica.
Da inizio anno al 19 novembre 2023 sono centosei le vittime di femminicidio: questo è un numero che non potrebbe essere più alto di così, ma sappiamo bene che aumenterà.
La consapevolezza di ciò è una delle cose che fa più male.
La consapevolezza che alla sparizione di Giulia Cecchettin sapevamo tutte, nonostante volessimo sperare altro, che sarebbe stata ritrovata, sì, ma senza vita. La consapevolezza che Giulia Tramontano non avrebbe conosciuto il figlio che aspettava dall’uomo che l’ha uccisa. La consapevolezza che Giulia Donato non avrebbe compiuto mai ventiquattro anni.
La consapevolezza che ormai siamo diventate solo un numero da aggiungere a un bollettino, mentre impazza una violenza nei nostri confronti senza precedenti. Per un attimo, dopo l’ennesima tragedia del giorno, ci sembra ascoltiate un po’ del nostro rumore; invece ben presto e con un passo sicuro che noi non potremmo mai avere, continuate tranquilli per la vostra strada, dimenticando tutta la vita che c’era dietro quei nomi, dietro quel numero. Fino alla prossima vittima.
I moventi di tutti i femminicidi sono riconducibili a un dato di fatto: gli uomini credono di possederci. Nel momento in cui vedono vacillare questa certezza, ci uccidono. Di quel terribile numero, centosei, sono ottantasette le donne che hanno perso la vita per mano di familiari o affetti; tra loro, cinquantacinque sono state uccise dal partner o ex partner. Eppure qualcuno pensa ancora che è un’esagerazione, la nostra, se diciamo di essere spaventate. Se capiste, se solo sapeste quanto ci fa male avere costantemente paura, quanto ci fa male il doverci guardare le spalle da sconosciuti e conoscenti, il piangere ogni giorno una vittima diversa, il pensare al dolore di tutte le famiglie distrutte da queste perdite. Ci fa tutto immensamente male e siamo stanche.
Siamo stanche di sentir parlare di scatti d’ira che colgono uomini da sempre – e comunque – descritti come “bravi ragazzi”. Siamo stanche di sentire giustificazioni. Siamo stanche di sentirvi discutere di delitti “passionali”, di “amori criminali”.
Siamo stanche di non essere ascoltate. Una delle ultime condanne fatte all’Italia dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo è per le risposte inefficaci e tardive delle autorità alle denunce di tre donne – denunce coraggiose che sono solo la punta di un iceberg: sono innumerevoli le violenze non dichiarate. Non ci sorprende né che non si denunci, perché spesso nemmeno in questo modo siamo tutelate, né la condanna del consiglio dei ministri della Cedu: sappiamo di tantissimi casi di cronaca che avrebbero potuto avere un esito diverso se solo qualcuno avesse percepito la gravità della situazione o avesse creduto a chi la raccontava. Ne è un esempio anche il caso di Giulia Cecchettin: la telefonata ai carabinieri fatta da un testimone che aveva udito e visto lei e il suo assassino litigare non ha potuto salvarla. A quanto pare, le pattuglie erano impegnate altrove.
Siamo stanche di ripetere che quello dei femminicidi è un problema strutturale non risolvibile dall’oggi al domani, che bisogna educare, adottare strategie su più fronti e sinergicamente, sradicare il sistema patriarcale. Dovremmo saperlo bene, ormai, eppure puntualmente ci ritroviamo a dire le solite ovvietà o, ancor peggio, a cercare di far aprire gli occhi a chi non crede che la violenza sulle donne sia un caso serio, sistematico, grave. Intanto il tempo passa. Noi moriamo. Voi state a guardare.
Siamo stanche, ma non smetteremo di urlare. Non smetteremo di urlare i nomi di Giulia, Martina, Oriana, Teresa, Francesca… Sarà sempre e tutto per voi, dolci anime, con infinito amore dalle vostre sorelle. Non vi dimenticheremo mai.
Giulia Gennarelli
Leggi anche: Femminicidio: quando la storia si ripete