Alla Vigilia, Turgenev: L’amore e la patria
Forse sono una grande peccatrice; forse è per questo che mi invade tanta tristezza, che non trovo pace.
Alla Vigilia di Ivan Sergeevič Turgenev, pubblicato nel 1860, non è un breve romanzo o povest’ con un lieto fine, tutt’altro, dipende cosa intendete voi lettori per lieto fine.
È una storia d’amore, un triangolo amoroso, in una dacia russa, in un periodo storico turbolento.
È l’anno 1860, il titolo Alla Vigilia, un titolo evocativo che può essere associato sia agli eventi della guerra di Crimea ma anche a quell’anno che verrà in seguito, in cui ci saranno le riforme di Alessandro II. Turgenev ha la capacità di parlare dei problemi che affliggevano la Russia di quell’epoca e allo stesso tempo parlare del sentimento amoroso. Si tratta di un romanzo autobiografico non dell’autore ma di colui che gli ha consegnato il manoscritto Vasilij Karataeev, in procinto di partire per la guerra di Crimea, gli consegna questa bozza.
Tre amici e una donna, in una dacia, in estate, vengono travolti dal sentimento turbolento dell’amore.
Bersenev, Šubin e Insarov tutti e tre persi per la loro Elena, questa fanciulla che noi vediamo sempre davanti alla finestra con lo sguardo perso rivolto alle stelle. La vediamo stringersi le braccia con la testa appoggiata sul ginocchio, la vediamo disperarsi e piangere ma non la vediamo mai immobile, statica, partecipa agli eventi della vita, si sacrifica per un bene più alto: quello dell’amore.
È uno di quei romanzi che bisogna leggere ascoltando la pioggia. Tutto sta per crollare nella dacia, si sente, si percepisce e lo vediamo.
Uno scultore Pavel Šubin e Andrej Bersenev, studente di scienze naturali, entrambi caduti sotto l’influsso amoroso di Elena ma non corrisposti.
“Come si fa a vivere senza amore? Ma non c’è nessuno che si possa amare!”
Elena con questi occhi grigi e sopracciglia arcuate e la treccia di biondo scuro, così ce la descrive Turgenev, non desidera solo quell’amore in sé, sente dentro di sé l’amore per il prossimo, per i mendicanti, l’amore come sacrificio, si strugge pensando alla sofferenza del mondo: non è individualista. È cosciente che proprio a causa del suo essere, del suo carattere e di come concepisce l’amore, può recare sofferenza ai suoi cari per un bene più alto.
In un primo momento potremmo provare antipatia per lei, capace di aver rifiutato due possibili partiti, Šubin e Bersenev che lei considerava come i due più cari amici.
“Elena si aspettava qualcosa di più ‘fatale’.“
Tutto gira attorno a questo personaggio femminile meglio riuscito di Turgenev, cosciente che la sua vita, la vera vita doveva ancora arrivare e nel frattempo pazientemente guarda la finestra, in attesa.
L’attesa è finita: è bastato un nome, uno sguardo e dei discorsi diversi dall’arte e scienze naturali di cui parlavano i suoi cher amici, a farla rinsavire, a farle cacciare dentro di sé un coraggio e una forza inaudita.
Dmitrij Insarov, un bulgaro e una patria, un non russo, come dice Elena:”no, non avrebbe potuto essere russo” come a significare che il suo grande amore, per il quale valeva la pena di lasciare i cari, la Russia, non doveva essere un russo.
Per questo amore per i quali i due protagonisti si baciano, si abbracciano, piangono e disperano, non doveva nascere ma Elena con la sua decisione, per il suo coraggio e per la sua determinatezza, sa che c’è un sacrificio.
“Lei gli prende le mani, lo guardo e gli cade sul petto. Lui l’abbraccia stretta senza dir nulla”.
Come una fanciulla persa d’amore, va contro i suoi stessi familiari e la sua patria, abbandona l’idea di vivere nel benessere scegliendo di vivere nell’incertezza.
È una eroina pari ad Anna Karenina, si soffre e si piange e per qualcosa come l’amore. È la storia di Elena e Dmitrj che incontrano lo stesso destino di Violetta e Alfredo.
“Perché c’è la morte, la separazione, la malattia, le lacrime?”
Alla Vigilia cammina insieme agli eventi della Russia, si dà un lungo Addio alla patria sporca di sangue e si corre riparo in mezzo alla guerra espiando la colpa accorrendo ai malati, si legge Sacrificio ma il sacrificio è sempre connesso a quell’Eros e Thanatos.
Elena è l’eroina che tutte noi vorremmo essere, vorremmo provare lo stesso sentimento, vorremmo andare via con una mantellina sulla testa e con il cuore d’amore verso i sentieri sconosciuti.
Emilia Pietropaolo
Fonte immagine: casa editrice “Carbonio editore”
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