Sgomberato Consultorio autogestito e Studentato a Catania
Lo Studentato95100 ed il Consultorio Mi Cuerpo Es Mio di Catania cacciati da una struttura inutilizzata: da anni offrivano servizi agli studenti e alla comunità tutta.
Di fronte all’emergenza abitativa universitaria e ad un società in cui di violenza di genere si inizia a parlare solo nel 2023, si esigono spiegazioni.
Quello che è successo martedì 5 dicembre 2023 nella zona tra Via Gallo e Via Sant’Elena a Catania ha dell’irreale.
Lo stesso giorno in cui si sono svolti i funerali di Giulia Cecchettin, a Catania viene messo in atto lo sgombero dello stabile che ospitava lo Studentato95100 ed il Consultorio autogestito transfemminista Mi Cuerpo Es Mio.
Lo Studentato95100 nasce il 12 febbraio 2018 con l’obiettivo di far fronte all’emergenza abitativa che colpisce gli studenti universitari da anni i quali, nonostante giudicati idonei alla Borsa di Studio EDISU ed al posto letto, se ne vedono privati per mancanza di fondi statali e di strutture. Da questa carenza dello Stato nasce dunque il progetto dello Studentato di Catania di dare una vita ad una struttura abbandonata e inutilizzata di proprietà delle biblioteche Ursino Recupero.
L’immobile viene dunque ristrutturato, ripulito e adattato con più di 30 posti letto, per offrire a molti studenti quello che teoricamente dovrebbe essere un diritto garantito dallo Stato.
Nella stessa struttura si installa successivamente anche il consultorio autogestito Mi Cuerpo Es Mio, uno spazio medico e sociale autogestito, che da anni si batte contro la violenza di genere in tutte le sue forme, offrendo a chi necessita anche servizi sanitari in uno spazio sicuro e privo di pregiudizi.
L’Arci Catania solidale parla di ciò che è accaduto come di «Uno sgombero gravissimo. Ancora più grave che la titolarità dell’immobile sia anche dell’Università di Catania che ha consentito un’azione così stupida e violenta».
Per Arci è «grottesco e assurdo che mentre il Comune avalla l’occupazione di beni confiscati da parte dei mafiosi e l’Università tiene sottoutilizzati e chiusi molti dei suoi locali, si procede allo sgombero di uno spazio vivo e indispensabile per la comunità».
In una nota l’Università di Catania precisa che non è proprietaria dell’immobile in questione. L’Ateneo inoltre non ha avuto nessun ruolo nell’attività condotta questa mattina dalle Forze dell’Ordine.
L’immobile appare di proprietà delle Biblioteche Riunite Civica e A. Ursino Recupero che, come cita il loro stesso sito «sono rappresentate e amministrate da un Consiglio di Amministrazione composto dal Sindaco di Catania o da un suo delegato, Presidente, dal Rettore dell’Università di Catania o da un suo delegato».
Damien Bonaccorsi, consigliere comunale con il PD a Catania condivide sul proprio profilo Instagram il resoconto dell’intervento al consiglio comunale, dichiarando: «Premettendo che le posizioni di irregolarità vanno risolte, reputo e reputiamo che ci siano modi differenti per fare si che questo accada. […] Se si parla di casi come questo parliamo di PRESIDIO GRATUITO, che offre attività di CONSULTORIO e di assistenza per le donne vittime di violenza di genere.[…] Viviamo una città dove tutta la sfera di servizi di questo tipo e dei servizi sociali in generale ha carenze grandissime. Invece che promuovere ed aiutare questa realtà a continuare, crescere ed ampliare la propria attività, in primis offrendogli una occasione di regolarizzazione e possibilmente anche il supporto […], il pensiero invece è quello di sgomberarlo, trattando quasi da criminali i soggetti impegnati.»
Sempre in campo politico, Maria Grazia Leone, segretaria della federazione catanese del Pd, e di Sergio Lima, componente delle segreteria regionale e della direzione nazionale: «In questa città, in preda alle emergenze civili e sociali, si procede a uno sgombero assolutamente ingiustificato, visto che i locali giacevano da anni in stato di abbandono – si legge nella nota – Chiediamo che si trovi una soluzione per mantenere operativa una struttura che offre servizi sociali essenziali e copre le mancanze colpevoli delle istituzioni».
Le segretarie di Sunia Sicilia e Sunia Catania, Giusi Milazzo e Agata Palazzolo, reputano il provvedimento di stamane «ingiustificato e non utile per Catania. In una città che ancora una volta si colloca agli ultimi posti della classifica della vivibilità, servirebbe sottrarre all’incuria e allo spreco i tantissimi immobili pubblici non utilizzati anziché reprimere l’attività di tante ragazze e ragazzi che con il loro impegno sociale hanno deciso di valorizzarne uno per aprirlo al quartiere e alla città. Prima del decoro estetico è necessario che ci sia quello sociale.»
Sulla propria pagina Instagram il Consultorio, lo Studentato e l’organizzazione giovanile Spine nel Fianco commentano: «Riteniamo vergognoso sottrarre un luogo in cui si combatte la violenza di genere, in cui ogni giorno donne che subiscono violenza domestica, che sono private di qualsiasi aiuto da parte delle istituzioni, si recano trovando un punto di riferimento. La comunità che esiste attorno a questa realtà, il suo riconoscimento, non vengono da un giorno all’altro, non sono scaturiti per motivi economici, superficiali o di potere[…]. Le loro radici sono profonde, si ramificano nelle scuole e nelle Università, nei quartieri, nelle vite, nei bisogni e nei sogni di moltissime persone che pensano che un’alternativa sia possibile.[…] Le attività in corso erano diverse: laboratori di riciclo, incontri di educazione affettiva e sessuale per giovani, sportelli antiviolenza, eventi culturali, pure un’aula studio aperta a studenti e studentesse[…] Il presidio permanente di oggi è solo l’inizio della nostra risposta, siamo pronti/e a riprenderci ciò che appartiene a Catania e ai suoi abitanti.»
Ha dell’irreale il fatto che degli spazi occupati per garantire un diritto e dei servizi che lo stato ed il comune non sono in grado di garantire, vengano oppressi, picchiati e cacciati invece di essere regolamentati ed aiutati.
Se lasciare delle strutture abbandonate senza una reale destinazione rappresenta una grave mancanza da parte dello Stato, è ridicolo che nel momento in cui qualcuno decida di fare qualcosa di costruttivo, di rispondere ad un bisogno sociale, la risposta del paese sia la violenza e lo sgombero.
Una realtà come quella di Casa Pound da 20 anni occupa il palazzo in Via Napoleone III a Roma è ancora viva e vegeta (e solo da pochi mesi a questa parte sotto accusa), nonostante la struttura non risponda a funzioni abitative.
È bastato invece un solo intervento dello Stato per spazzare via il lavoro di una comunità che da anni si batte dare assistenza agli studenti, ultima preoccupazione dei nostri governi, e per lottare proprio contro quella società patriarcale dalla quale le istituzioni in virtù dei fatti accaduti a Giulia Cecchettin stanno prendendo le distanze.
È necessario che il sindaco Enrico Trentino e che il rettore dell’Ateneo Francesco Priolo spieghino che cosa è accaduto, parlino e si espongano di fronte alla collettività, privata di uno spazio fondamentale.
Nelle giornate di oggi (6 dicembre 2023) e nelle successive invito chiunque abiti nella zona a tenere sott’occhio i profili social di queste associazioni per poter sostenere tutte le attività che stanno organizzando per opporsi a ciò che è accaduto.
Sofia Seghesio
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Immagini dal profilo Instagram del Consultorio