La figura nello specchio. Perché si coprono gli specchi in presenza di un defunto?
Negli ultimi anni ho perso una persona che per me era molto importante, mia nonna; lei era il mio punto di riferimento, la mia migliore amica, una confidente, indubbiamente una delle poche persone che davvero mi conoscono.
Con la morte di mia nonna e in seguito ad alcune vicende che mi hanno coinvolto in prima persona, mi sono avvicinata alle letture del parapsicologo Brian Weiss: in ogni suo scritto viene ribadito il concetto, secondo il quale le anime non muoiono mai – riprendendo l’insegnamento dello scienziato Lavoisier per cui “tutto si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma”.
Ho sempre creduto che la morte fisica non corrispondesse alla morte dell’anima e mai, neppure da bambina, ho avuto timore di osservare un corpo malato o che avesse lasciato la sua vita terrestre.
Dalla mia ho sempre avuto una grande curiosità verso tutto ciò che era il mondo extraterreno: mia nonna, cristiana cattolica, mi ha sempre invogliato a credere che nulla terminasse con la morte e che di essa bisognava soltanto gioire, in quanto fine della mediocrità terrena e inizio di una “salvezza” eterna. Seppur nelle Sacre Scritture non è concepita la reincarnazione, lei mi ha fatto sempre credere che il nostro amore non smette di vivere e che viene indirizzato verso altre creature viventi o elementi naturali quali possono essere un filo d’erba o un albero. Da piccola i miei genitori hanno sempre evitato io potessi far visita ai familiari di un defunto o al defunto stesso durante la veglia: la mia famiglia ha sempre evitato che io e mio fratello vedessimo e vivessimo le brutture e il dolore che inevitabilmente la morte porta con sé. Quando hanno ritenuto che fossimo sufficientemente pronti per affrontare tale visione ci hanno portato con sé: ciò che si è palesato davanti ai miei occhi è stato peggio di quel che potessi immaginare e provare ad immaginare attraverso le scene di un film. Un corpo disgraziato, un corpo freddo, nessuno sorrideva o gioiva, non vi era alcun colore che riprendesse un festeggiamento o una “resurrezione”. Ciò che predominava erano lacrime e grigiume. Rosari stretti tra le dita, mormorii e strane tradizioni: un lenzuolo bianco sul letto, il morto nella sua veste migliore e specchi coperti. Mia nonna mi ha spiegato che il lenzuolo bianco riprende i colori del paradiso e che quindi con esso si augura al defunto di poter passare direttamente al paradiso senza alcuna permanenza temporanea in purgatorio; la veste migliore è perché essa possa permettere al defunto di presentarsi al cospetto di Dio in tutta la propria bellezza ed eleganza; diversa e più complessa è invece la motivazione secondo la quale bisogna avere tutti gli specchi coperti.
Molteplici sono le versioni riguardo questa tradizione popolare; io riporto quella che è stata narrata a me e quella che la mia famiglia ritiene veritiera: Satana, il diavolo in persona, ha creato gli specchi per imprigionare e tenere con sé le anime dei defunti. Una volta che l’anima si è specchiata in esso non ha più possibilità di uscire e di lasciare il mondo terreno: è così, destinato a vagare per l’eternità senza poter sperare in una redenzione. L’unico modo per uscire da esso e per rompere le catene con la terra è rompere lo specchio; ed è in conseguenza di quanto scritto che l’anima imprigionata prova ad attirare l’attenzione delle persone, dei familiari viventi, affinché possano essi rompere lo specchio e finalmente lasciare libera l’anima di essere giudicata e indirizzata verso quello che è il suo epilogo.
Io non ho le risposte ai mille dubbi che attanagliano la mia coscienza; quello che so, e ne sono sicura, è che le anime non smettono mai di esistere.
Antonietta Della Femina
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