Chiamami non chiamarmi Christmas Blues
Sono di nuovo io. A scrivere della malinconia, la mia. Non è tristezza. Non è nostalgia. Non è depressione.
“I’ll have a Blue Christmas without you”, così cantava Elvis Presley. Ma quella che avrà un Natale blu, blu, blu, blu, sarò io.
Obbligo e costrizione. Nell’esperienza generale, si tratta solo di sopravvivere al Natale e a questo sentimento di solitudine che porta il tuo nome.
Parte tutto da una mancanza. La tua irrequietudine mi fa pensare ai libri non letti, alle tempeste dolci, al faro di quella sera tempestosa.
Mi sento fuori posto. Forse lo sono. Come se il mio stato d’animo fosse illecito, sbagliato. Come se in questi giorni il diritto di essere triste e nostalgica fosse sospeso.
Accade, e accade, che al solo pensiero (o ascolto di un canto natalizio) mi vien voglia di addormentami al tre, due, uno, per poi svegliarmi dopo l’Epifania.
È come per Victor Hugo, è la “gioia di sentirsi tristi”. Con leggerezza. Imparando a fare ogni cosa con leggerezza. E accolgo. Senza spaventarmi, accolgo questo sentimento.
C’è una strada che sa di bucato e ragù. Continuo. Continuo la mia strada, trasformandomi, in mezzo alle trasformazioni del mondo. Lo ha detto qualcuno, lo dico io.
E succede, perché ogni tanto succede, che tra tante e infinite forme di esseri viventi, incontro qualcuno, quell’uno più di quanto io non lo fossi. Quell’uno annunciava il futuro, quell’uno testimoniava un passato senza ritorno.
La verità sta nel mezzo, tra come ci si sente e come invece la società richiede che ci si dovrebbe sentire.
Tutti abbiamo qualcosa, e lo so, tutti hanno qualcosa che li rende in qualche modo superiori a me, e ancora, sublimi, e che rende me, in confronto a loro, mediocre.
Eppure non mi sarei cambiato con nessuno di loro.
Eppure non ti avrei cambiato con nessuno di loro.
Per niente al mondo.
Com’è bella la vita.
Francesca Scotto di Carlo
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Illustrazione di Francesca Scotto di Carlo