La mostra “Radici”: Intervista a Piero Giannuzzi fondatore del MuPa
“Radici” è stata una mostra affascinante, ospitata dal palazzo multimediale MuPa a Ginosa, e si è conclusa il 14 gennaio 2024. Nelle interviste precedenti MuPa la mostra “Radici” abbiamo conosciuto i 4 artisti Angelica, Claudia, Carmela e Giorgio.
Piero Giannuzzi, è invece colui che ha creduto in primis nel progetto,il fondatore del MuPa, chiacchierare con lui mi ha permesso di saperne di più sulla sua visione e il suo contributo alla realizzazione di questo evento artistico.
La mostra Radici ha incantato il pubblico dal 7 dicembre 2023, con un prolungamento della mostra fino al 14 gennaio 2024, offrendo un’esperienza unica attraverso le espressioni artistiche dei quattro protagonisti, come emerso nelle nostre precedenti conversazioni con loro. Con Piero ho potuto gettare luce sulla sua prospettiva artistica, sulle sue motivazioni e sulle sfide affrontate nell’organizzazione di una mostra così significativa. E quanto il suo coinvolgimento e impegno per il MuPa hanno contribuito in modo essenziale a plasmare l’esperienza complessiva della mostra “Radici”.
Il progetto “Radici” ha avuto origine dalla volontà di esplorare e celebrare le radici culturali, artistiche e personali degli individui coinvolti. Il tuo volere Angelica, Claudia, Carmela e Giorgio come artisti è stato dettato dalla loro unicità, diversità di espressione artistica e dalla capacità di comunicare il concetto di Radice in modi distinti…
«Esatto,ognuno di loro diversi ma al tempo stesso complementari. L’idea di radici è partita a giugno 2023, l’obiettivo generale del MuPa è cercare di portare l’arte qui a Ginosa, e farla rimanere.
Quindi perché radici? Per far vedere che anche qui nasce l’esigenza di fare, che abbiamo arte ben salda alle nostre terre,e i 4 artisti di conseguenza portano l’arte in ogni loro sfaccettatura all’esterno. Manifestano con la loro arte le loro radici che saldano la nostra terra, e che non la vogliono abbandonare, rimangono qui.
Per me un artista che lascia la terra natia perde qualcosa, ho questa visione io, forse sbagliata non so. Ma ad esempio io ho avuto tante possibilità di andare fuori dal mio paese, da Ginosa, ma ho sempre creduto nella mia terra, ecco perché radici e il MuPa perché voglio cercare di proteggere l’arte.»
Quando penso a radici, come sostantivo, vedo l’immagine di una base, di un albero, tu hai creduto in loro, e come se i 4 artisti fossero 4 radici che creano un albero. Sapere di avere strumenti giusti o qualcuno che ti sceglie e crede in te, fa tanto. Tu senti di aver creato questo albero?!
«Si esatto, io volevo proprio creare una grande famiglia, un albero genealogico. Quando si va via dal proprio posto di origine è come se tu fossi uno di quelli ulivi che vengono estrapolati e poi ti piazzano in un mondo, in una terra che non è tua, e un po’ muori.
La grande famiglia, che è Radici, che abbiamo creato è una famiglia dove ci si protegge l’un l’altro. Se manca Angelica, ad esempio, Claudia è in grado di parlare delle sue sculture, perché ci conosciamo bene l’un l’altro, come si conosce e si protegge un fratello o sorella.
Ho voluto creare questa famiglia che si vuole bene, ho creato il MuPa affinché capiscano tutti l’importanza dell’arte e in questo caso delle proprie radici, una questione della cultura dell’arte a 360 gradi.
Io vorrei inoltre dar vita ad un dibattito proprio sulla radice, e sul cambiamento, un dibattito aperto che si chiacchierasse sul come magari prima c’era più attenzione di fermarsi a casa nelle faccende domestiche, oggi invece i ragazzi, anzi lo faccio anche io, devo fare per forza la mia stories del giorno e magari ti perdi lì tuo nonno che sta per andarsene al sonno, una cosa per dire genuina. Poi ti rendi conto di cosa stai perdendo, quando è troppo tardi magari. Per questo io credo fermamente che tutte le emozioni che cadono dagli occhi degli artisti per me è già una vittoria. E se domani, ad esempio tra i cento ragazzi che sono venuti a guardare la mostra, riesco a creare in uno di questi un sogno, un figlio che dice: “Papa me la compri la macchina fotografica?” per me questo è già aver vinto».
C’è la possibilità di vedere Radici anche fuori da Ginosa?
«No non ci ho mai pensato, ma che può esserci un Radici 2.0 una manifestazione culturale viva negli anni, di farlo ogni anno, questo sì.
Però non mi piace l’idea di venderla all’esterno, o meglio ancora non ci ho pensato. Anzi ad ora ti risponderei no, perché sono nostre e nostre devono restare, sono i nostri concittadini che devono abbracciare i nostri artisti. Certo sarebbe bello portarla fuori però per ora la penso cosi e magari mi sbaglio (ride)
Io credo in un qualcosa: che viviamo in un mondo snaturato ormai senza contenuti o spina dorsale. Vero è che l’arte da sola non cambia le cose ma ci da almeno speranza che qualcosa possa cambiare e se ci sono persone giuste, come la nostra famiglia secondo me ci riusciamo.
Il palinsesto del MuPa è pieno per tutto il 2024, molto ricco. Tutto grazie ai nostro sostenitori, la cultura MuPa arriva a tutti, noi grazie a loro abbiamo mille altre sfaccettature di persone, persino coloro della casa famiglia Genusia, che hanno avuto modo di provare un’esperienza artistica, cose che magari sono impensabili, perché l’arte ha un suo costo, però se ci crediamo si può fare tutto. »
L’arte per ogni età. Però ho notato che le opere non hanno una didascalia che le spieghi. Quindi non hai paura che, essendo in un paese, una realtà che ignora molto spesso l’arte, “Radici” non venga capita, o che magari alcuni si sentano poco inclusi?
«Leggere è una cosa ma quando un artista ti racconta la sua arte è tutt’altra roba, perché mentre ti parla con l’atmosfera che guardi ti arriva in modo diverso.
Per questo torno a dire che se uno dei 4 artisti manca, l’altro può raccontare dell’anello mancante, se io so di esser parte integrante della stessa famiglia so raccontare cose che sono di mio fratello. Noi prima della mostra ci siamo visti molte volte davanti ad un caffè, un calice di vino per raccontare di noi, loro quattro devono sentirsi al sicuro una vera famiglia, sentire che le loro opere,i loro racconti delle opere siano al sicuro e credo che ciò stia avvenendo.
Iniziare a tornare e crederci nell’arte e nella mostra, con Radici dobbiamo insegnare la gente ad andare verso l’arte, una breve didascalia c’è è ovvio, però per alcune forme d’arte, non c’è bisogno spiegare con parole scritte ma anche li sarà l’artista che deve solo fare un minimo gesto per far si che il visitatore venga attratto.
Questa è la prima mostra che nasce da zero da noi, ogni artista ha dato direttive precise su come doveva essere e quindi magari questa è stata una prima esperienza ma credo che la rifarei allo stesso modo così come l’ho fatta, io la rifarei in questo modo anche sapendo che ci potrebbero essere problematiche di questo genere ma almeno c’è la nostra impronta, giusta o sbagliata che sia.
Poi lo si vede dagli occhi della gente che ti dice per fortuna c’è qualcosa del genere, perché è questo il bello, c’è gente che non fa nulla durante il mese, lavora o fa il primo viaggio magari a bari visitando una chiesa con un dipinto e fa una foto e quindi la gente va in questi posti per fare le foto, la stories quindi se la faccio qui nel mio paese in 27 mila persone non dovrà venire il 10 0 il 5 per cento della popolazione? Quindi c’è il contenitore, il palinsesto pure. Quindi se la gente ama l’arte ben venga e se non la ama la faremo innamorare. Ci riusciremo con calma ma è questo il nostro obiettivo.»
Arianna D’Angelo
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