She said yes: cos’è il consenso e quali forme ha
Se alzo il bacino, se non dico di no, se non mordo allora vuol dire che voglio avere un rapporto sessuale?
Basta cercare interpretazioni, non siamo indovini! Il consenso si dà a parole.
Non molti mesi fa in un tribunale italiano durante un processo per stupro, sono state rivolte dall’accusa domande quali: “Perché, durante il rapporto orale, non hai reagito coi denti?”, “Ma se era piegata, come hanno fatto a toglierle i pantaloni?”, “Ma perché non ha urlato?”, “Lei ha sollevato il bacino?”.
Si tratta del processo a Ciro Grillo, figlio del politico Beppe Grillo, e Corsiglia concernente la violenza sessuale avvenuta la scorsa estate.
Interrogata sul perché avesse deciso di fare quelle specifiche domande, l’avvocata Antonella Cuccureddu risponde: “Nei processi si ricostruiscono i fatti […] il processo si fa per capire se la vittima (della violenza sessuale) c’è o no. […] Le erano state fatte domande su quello che le accadeva […] poiché nella scorsa udienza non aveva specificato alcune cose ho dovuto fare le medesime domande per poter formulare le contestazioni”.
Il mio cuore si è infiammato quando ho letto quelle domande, come penso quello di molte altre persone. Ero assolutamente convinta che si potesse provare a livello giuridico l’idiozia e l’inutilità delle domande poste dall’avvocata. E invece per quanto sia deludente e faccia male dirlo, i quesiti posti dall’avvocata non sono illegali, ma anzi possono essere perfettamente accettabili in un sistema legislativo come quello italiano, che vede lo stupro come “violenza” (spesso solo fisica), “minaccia” o “inganno” e non prende in considerazione il concetto di “consenso”.
Secondo art.609 bis del Codice Penale è punito con la reclusione “Chiunque, con la violenza minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali […] abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona [o] traendo in inganno la persona offesa…”
La mancanza dell’esplicita citazione del consenso nel rapporto tuttavia porta a grandi conseguenze a livello legislativo e sociale.
Innanzitutto, facciamo un attimo di chiarezza su cos’è il consenso. Per consenso, secondo la Convenzione di Istanbul (firmata dall’Italia nel 2014), intendiamo la libera manifestazione della volontà della persona, valutata tenendo conto della situazione e del contesto. Il consenso sessuale deve essere esplicito, quindi espresso verbalmente, e può essere ritirato in qualsiasi momento, dunque è sempre molto importante chiedere prima di agire. Una persona potrebbe essere inizialmente consenziente ad avere un rapporto ma pochi minuti dopo o nell’atto stesso cambiare idea e nessuno, oltre alla persona interessata, ha il diritto di decidere la durata e le condizioni della persistenza del consenso.
Il fatto che la legge non citi esplicitamente la parola consenso, comporta che in alcune situazioni una vittima non possa essere riconosciuta come tale, poiché passiva, non reattiva e quindi con comportamenti non collocati nell’idea stereotipata di “vittima di stupro”.
Una vittima di violenza sessuale, per risultare tale pare quasi debba rispettare un codice di comportamento: piangere, reagire ad ogni minima azione della controparte con grande prontezza, tirare calci e se possibile dire cose molto da film del tipo “No! No! Non voglio, lasciami stare!”.
L’essere non esplicitamene contrario al rapporto tuttavia non significa volere il rapporto, dunque l’immobilità di una persona di fronte ad un’azione non comporta un tacito consenso. Alle volte reagire è impossibile per una grandissima serie di motivi tra cui ad esempio il meccanismo di freezing o di faint. Secondo la teoria polivagale di Stephen Porges le reazioni di difesa non sono frutto della nostra volontà, ma sono automatiche e affondano le radici negli istinti naturali. Si potrà dunque sperimentare la totale immobilità del corpo in maniera iper o ipotonica a livello muscolare ed una totale dissociazione. Non so voi ma a me questo non sembra consenso.
Chiedere perché non si ha morso, non si ha urlato, non si ha reagito al comportamento dell’abusante non significa verificare i fatti, ma voler per l’ennesima volta reiterare lo stereotipo del “alla fine se non ha detto nulla è perché un po’ lo voleva”.
Altrettanto inutile per accertarsi che “la vittima sia tale” è chiedere se ha sollevato il bacino durante l’atto o meno: le risposte fisiologiche come l’erezione, la lubrificazione, l’eccitazione o l’orgasmo sono involontarie, il che significa che il corpo può reagire in questo modo anche se la persona non è consenziente all’attività.
La presenza di questo tipo di segnali fisici non significa che la persona abbia dato il consenso.
Il consenso non è un concetto complesso: si basa sul permesso esplicito, verbale e reiterato del soggetto ( in un rapporto sessuale così come in qualsiasi altro caso) ed essendo il capo saldo di un rapporto dovrebbe essere questo l’elemento principale per stabilire se si è di fronte ad un abuso o meno.
La legge italiana così come è formulata oggi non protegge davvero la vittima di violenza sessuale. Sembra invece un semplice “contentino” che finge di occuparsi di un comportamento problematico figlio sano della nostra cultura (quella dello stupro) ma che di fatto non apporta cambiamenti significativi.
Amnesty International già a partire dal 2022 si impegna affinché la legge in Italia si adegui agli standard della convenzione di Istanbul e di paesi come la Svizzera (che nel 2023 ha introdotto il concetto di consenso nella propria legge) proponendo la seguente petizione:
“La violenza sessuale è una grave violazione dei diritti umani. Ciononostante, la gran parte delle aggressioni non viene segnalata alla giustizia. Fattori come la paura, la vergogna e la mancanza di fiducia nel sistema giudiziario dissuadono molte donne e ragazze dal denunciare le aggressioni sessuali subite.
In Italia, ogni donna deve potersi sentire sicura e avere delle relazioni sessuali totalmente consensuali perché il sesso senza consenso è stupro. Sono necessari cambiamenti nei modelli sociali e culturali di comportamento delle persone di tutti i sessi al fine di sradicare gli stereotipi e i miti di genere dannosi che ruotano intorno al concetto di violenza sessuale.
Per questi motivi chiediamo al Ministro della Giustizia la revisione dell’articolo 609-bis del codice penale affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia punibile, adottando un modello che valorizzi l’elemento del consenso della persona offesa e non la violenza o la minaccia. Adeguando, in questo modo la legislazione italiana agli standard internazionali e, in particolare, alla Convenzione di Istanbul.”
Se, come si è molto sentito dire in relazione al processo a Ciro Grillo, è necessario che i processi siano equi e che la difesa sia libera di svolgere il proprio ruolo; allo stesso tempo è necessario che le leggi siano allineate con la direzione verso la quale la società si deve muovere. Non possiamo professarci difensori dei diritti e della libertà di tutti gli individui senza prendere in considerazione il consenso, che è letteralmente il permesso che un individuo accorda ad un altro affinché un azione che lo riguarda possa essere compiuta.
Se ancora hai dubbi su come si capisca se c’è consenso? Ecco una guida pratica:
1. Quando la persona con la quale hai una relazione dice “sì” e questo “sì” è detto in totale libertà, senza pressioni o minacce da parte tua: è tutto ok! Assicurati però che il suo “sì” sia confermato nel corso di tutto il rapporto.
2. Semplice, basilare. Se per te è “sì” ma l’altra persona ti dice “no”, allora non si può fare! E non bisogna insistere!
3. Se l’altra persona dorme allora non può dare il suo consenso. E se la persona ha detto “sì” ma poi si è addormentata fermati subito, perché allora è “no”.
4. Se l’altra persona ha detto “sì” diverse volte ma cambia improvvisamente idea e non vuol più avere una relazione sessuale devi rispettare la sua decisione. Anche se eravate già a buon punto! E se la persona ha detto “sì” ieri, non vuol dire per forza che dica “sì” anche oggi!
5. Se l’altra persona esita, non è sicura, allora è “no”! E non si insiste.
6. Se l’altra persona è ubriaca o sotto l’effetto di stupefacenti non è in grado di prendere delle decisioni in piena coscienza. Non ci provare nemmeno: se l’altra persona è in questo stato, è no, e non ti sarà fatto alcun favore! Approfittare di una persona che non è nel suo stato normale è severamente punito dalla legge. Allo stesso modo, il fatto che anche tu abbia bevuto non è una scusa per minimizzare la gravità delle tue azioni!
7. Se la persona ha detto “sì” perché è minacciata o perché si sente obbligata per qualsiasi ragione non si tratta di un “sì” dettato da un totale consenso. E quindi…è un “no”!
8. È possibile che l’altra persona ti dica “sì” ma che determinati segnali ti facciano capire che in verità pensa “no”. Se l’altra persona è tesa, distoglie lo sguardo e non sembra a suo agio, fermati! Ricorda alla persona che un rapporto sessuale non è mai un obbligo e non farla sentire sotto pressione. Se il suo corpo ti dice “no”, allora è “no”!
9. Il silenzio è un “no”. Quando l’altra persona non esprime il suo consenso verbalmente e che gli indizi dati dal suo corpo indicano che non si sente a suo agio, è sulla difensiva o pietrificata dalla paura: è “no”.
10. Se non riesci a valutare chiaramente la reazione dell’altra persona, è semplice: basta chiedere!
Sofia Seghesio
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