Il genocidio nascosto: chi era Leopoldo II di Belgio?
La guerra in Palestina è uno degli argomenti più scottanti degli ultimi tempi.
L’artista Ghali, che ha partecipato all’ultima edizione del festival di Sanremo, ha esposto il suo dissenso riguardo il genocidio dei palestinesi. L’amministratore delegato della Rai ha voluto precisare le sue idee e il suo sostegno verso Israele.
Non sono mancate le manifestazioni in tutta Italia contro questa decisione, al grido di “Free Palestina”.
La situazione sta diventando sempre più ingestibile e, nonostante si cerchi di placare le proteste da parte del governo, le persone sono sempre più stanche di vedere sotto i loro occhi atrocità del genere senza poter fare nulla.
I genocidi, come sappiamo, sono sempre stati presenti nella storia. Uno dei peggiori è sicuramente l’Olocausto, dove morirono milioni di ebrei per mano di Hitler.
Una delle più grandi stragi della storia che, però, raramente viene raccontata è quella compiuta da Leopoldo II di Belgio, il cosiddetto “Hitler belga”.
Egli regnò dal 1865 al 1909, ma fu più conosciuto nel 2020 grazie al movimento Black Live Matters. Quattro anni fa, infatti, ebbe inizio la protesta negli Stati Uniti contro la polizia bianca che, spesso, si fa portatrice di crimini contro gli afroamericani.
Tornando al sovrano del Belgio, egli voleva espandersi e uno dei suoi tentativi era proprio quello di colonizzare il Congo. Per non insospettire nessuno, nel 1876 promosse la conferenza di geografia di Bruxelles per abolire la tratta degli schiavi e stabilire alleanze con i capi tribù del territorio.
Grazie ad una prima spedizione verso il sud del paese riuscì a fondare Leopoldville, diffondendo terrore tra i residenti.
Nel 1895 fu istituito lo Stato indipendente del Congo sotto il sovrano Leopoldo, un’intera colonia che apparteneva ad una sola persona.
Iniziò così una dura repressione della popolazione che abitava quel territorio, sfruttamento delle terre e degli animali. I congolesi non avevano più libertà ed erano controllati ed obbligati a lavorare tantissime ore al giorno per produrre beni esportati poi in Europa, come il caucciù.
Gli europei potevano stabilirsi nei territori dei congolesi o nelle terre disabitate a loro piacimento.
E c’è di più.
Per controllare che tutto funzionasse come aveva istituito il sovrano, nel 1885 fu creato un corpo armato, la Force Publique. Chi ne faceva parte erano spesso africani, schiavi o mercenari e sedavano ogni forma di protesta e di manifestazione da parte dei congolesi.
Se la produzione nelle piantagioni calava, i lavoratori venivano mutilati e i figli rapiti dalle proprie case. A contribuire all’orrore dell’ennesimo genocidio compiuto ai danni di una popolazione, ci furono sicuramente le malattie importate dall’Occidente e sconosciute in quei territori.
10 milioni di congolesi morirono per la brama di potere di Leopoldo di Belgio, e altri negli anni successivi a causa di povertà ed epidemie.
Molte furono le proteste successive a questi atti, come il funzionario britannico Morel che riuscì a far arrivare un rapporto del Congo al console Casement, nel quale si dichiarava sfruttamento, uccisioni e mutilazioni. Il console fu ucciso, ma le denunce non cessarono e furono appoggiate da diverse personalità come scienziati, artisti, letterati.
Nel 1908 il re dovette accettare l’annessione del Congo al Belgio e, l’anno dopo morì. Questa decisione fu molto più ragionevole, seppure continuarono repressione e sfruttamento.
Nel 1960 il paese riuscì finalmente ad ottenere l’indipendenza, dopo un lunghissimo periodo di agonia.
Anche se libero, il Congo soffre profondamente per quegli anni così duri. Il segno indelebile che possono lasciare violenza e devastazione non andrà mai via.
Questo è uno dei genocidi più gravi della storia che, spesso, non viene raccontato. Come in Palestina, la strage in Congo è avvenuta sotto gli occhi dei paesi più potenti del tempo e, solo dopo, ci sono state proteste.
Non permettiamo che ciò accada anche oggi e, prima che la situazione diventi irreparabile, facciamo sentire il nostro dissenso.
Martina Maiorano
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