Non è mai troppo tardi
La fiducia che si ripone in una persona e la stimolazione delle sue capacità possono riservare non solo una piacevole sorpresa, ma soprattutto risultati positivi.
Cosa accadrebbe se piuttosto che dare fiducia ad una sola persona, si riponessero tutte le proprie aspettative in una variegata platea di telespettatori?
Probabilmente ciò che si verificò in Italia tra il 1960 e il 1968.
Con il sostegno del Ministero della pubblica istruzione, la Rai mandò in onda per otto anni dal lunedì al venerdì “Non è mai troppo tardi – Corso di istruzione popolare per l’adulto analfabeta” curato da Oreste Gasperini.
Alla conduzione del programma il pedagogo Alberto Manzi ne trasformò prima la struttura, distaccandosi dal copione che gli fu fornito, e successivamente mutò le modalità di insegnamento.
Leggere e scrivere previdero delle dimostrazioni di tipo pratico, per cui Manzi si avvalse di strumenti didattici in grado di garantire una fruttuosa interazione.
Per raggiungere questo obiettivo furono fondamentali l’ausilio di una suggestiva lavagna illuminata e di carboncini tramite i quali lo stesso insegnante disegnava ciò che si sarebbe apprestato a spiegare.
Schizzi e bozzetti suscitarono immediatamente un coinvolgimento spontaneo sia della troupe di tecnici che lavorava per la trasmissione televisiva sia dei telespettatori.
Nonostante l’azzardo del distanziarsi dal copione prestabilito e il salto nel vuoto che avrebbe comportato l’adozione di una didattica alternativa, furono raggiunti risultati eccellenti ed il programma fu sospeso solo quando si verificò un effettivo aumento della frequenza scolastica.
Alberto Manzi motivò un milione e mezzo di italiani ad ottenere la licenza elementare e “Non è mai troppo tardi” divenne un punto di riferimento per altri settantadue paesi.
Ma cosa mosse realmente il maestro Alberto Manzi?
Già noto al Ministero della pubblica istruzione per il suo rifiuto di compilare le neointrodotte schede di valutazione, si batté fino a farsi sospendere dall’insegnamento e a farsi bloccare la retribuzione pur di sfidare le regole della Scuola che riteneva sbagliate.
L’idea alla base del suo modo di insegnare è che l’alunno e la sua vita scolastica siano in divenire, perciò segnarne l’intera carriera con un giudizio che può riferirsi ad una sola fase del suo rendimento risulterebbe dannoso e impreciso; equivarrebbe a etichettarlo senza mai dargli l’opportunità di essere considerato “migliore”.
Per ripercorrere la storia dell’influenza sociale esercitata dal maestro di tutti gli italiani si può seguire la produzione Rai a lui dedicata e interpretata da Claudio Santamaria.
L’attore in prima persona ha definito Alberto Manzi un “rivoluzionario”.
In una delle scene nodali sono ripetute le sue celebri parole apposte con timbro sulle valutazioni che fu obbligato – dopo altri richiami da parte del Ministero – a compilare:
“Fa quel che può, quel che non può non fa”.
In tempi recenti la Rai ha ripreso lo stesso metodo didattico adottato dal pedagogo e nel 2004 è stato trasmesso un programma quasi omonimo: “Non è m@i troppo tardi”.
Come si evince dalla sostituzione della “a” con la “@”, l’alfabetizzazione in questione era di tipo informatico.
Non è mai troppo tardi per trarre esempio dal passato e per riadattare gli insegnamenti al proprio presente.
di Alessandra De Paola