I bias cognitivi: quando la mente ci inganna
di Raffaele Iorio
I bias cognitivi sono errori che commettiamo a causa dei pregiudizi dati dalla conformazione del nostro cervello. Imparare a riconoscerli non può evitare gli sbagli, ma sicuramente può esserci d’aiuto nelle scelte di tutti i giorni.
Ogni mattino, faccio colazione nel solito bar. Mi siedo, ordino caffè con brioche e puntualmente mi lamento, nella mia testa, di quanto i prodotti non siano un granché. Così al giorno successivo mi riprometto di cercare un nuovo bar. Come va a finire? Puntualmente desisto per rifinire nello stesso identico posto, tanto non vale la pena sforzarsi tanto, mi convinco.
Successivamente, avendo letto il saggio La mente ci inganna della psicologa Helena Matute, forse ho capito il perché delle mie scelte: il bias cognitivo.
Per bias cognitivo si intende un errore causato da un pregiudizio della nostra mente, dovuto alla conformazione di quest’ultima. Riassumendo molto e spiegando con una certa libertà possiamo dire che possediamo due sistemi di pensiero: il Sistema 1 e il Sistema 2.
Il Sistema 1 è il più antico, lo abbiamo in comune con gli altri animali. Questo è molto rapido, ci permette di produrre risposte rapide per adattarci alle richieste dell’ambiente senza attivare i faticosi meccanismi razionali del Sistema 2. Il secondo è invece critico, scientifico, razionale.
Dal punto di vista evolutivo è più recente e consuma molta energia. Per questo spesso abbiamo bisogno di rilassarci e di inserire il pilota automatico. Ovviamente il pericolo di lasciarsi troppo andare ci rende soggetti agli errori, quelli che di solito definiamo “errori di pancia”.
C’è da premettere, inoltre, che il nostro cervello è “programmato” per adattarsi all’ambiente che ci circonda cercando di consumare meno energia possibile, ecco perché pensare è spesso la seconda scelta e dal momento che il Sistema 1 ha avuto più tempo per svilupparsi, alcuni comportamenti tipici dei nostri antenati li conserviamo tutt’ora.
Per esempio:
Gli uomini, ai tempi primordiali, erano esposti a mille pericoli. Riuscire ad agire d’impulso spesso poteva salvare la vita, ed è un po’ uno dei motivi perché siamo sopravvissuti fin oggi. Esporsi in zone poco familiari voleva dire rischiare la vita. Il cervello in quei casi ci metteva all’erta. Oggi che il contesto è diverso la mente continua ad agire con queste difese, minandoci ogni volta che ci addentriamo per luoghi poco conosciuti.
Ma la familiarità non è l’unico pregiudizio che causa bias cognitivi. L’apprendimento, tra tanti altri ancora, a volte può giocare brutti scherzi. Grazie ad esso infatti molti, ancora oggi, cedono alle superstizioni.
Il rinomato scienziato Niels Bohr, Premio Nobel per la fisica, aveva collocato un ferro di cavallo sulla porta della sua casa in montagna. Un giorno un visitatore gli domandò: “Professore ma lei davvero crede che le possa portare fortuna?”
“Naturalmente no” rispose Bohr, “però dicono funzioni lo stesso anche se non ci si crede.”
Non so a voi, ma a me viene in mente una celebre frase di Eduardo De Filippo:
“Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male.”
Come visto, neppure le menti più colte sfuggono ai processi primitivi del nostro cervello, l’aspetto associativo dell’apprendimento è l’artefice del tranello.
Prendiamo per esempio un bambino, al pianto ha imparato ad associare le attenzioni della mamma. Così quando vorrà quelle attenzioni, come appreso, saprà che gli basterà piangere.
Fin qui nessun problema, ma cosa succederebbe se l’associazione fosse del tutto causale? Ed ecco che in molti, ad ogni esame, portano con sé la penna o l’anello portafortuna. Hanno imparato ad associare un successo ad un particolare gesto o oggetto.
Il condizionamento peggiorerà ulteriormente la questione ma questa è un’altra storia.
In definitiva, descrivere in poche parole il modo complesso degli errori cognitivi è impossibile, il consiglio è sempre informarsi maggiormente se l’argomento interessa. Purtroppo il saggio da me letto fa parte di una collana editoriale molto lunga e uscita ormai già da un po’. Ma sono sicuro che se cercate qualcosa di interessante si trova.
In quanto a me, giuro che domani cambierò bar, ad attendermi non ci saranno belve feroci, ne sono sicuro. Mal che vada mi capita di bere un caffè peggiore.