“Diritto” all’aborto nuovamente sotto attacco in Italia: via libera agli anti- abortisti nei consultori
È ufficiale, libero accesso e finanziamenti alle associazioni anti-abortiste nei consultori italiani. Nessuna novità invece sul preoccupante tasso di medici obiettori e sulla mancanza di fondi rivolti ai consultori stessi.
Poche settimane fa, mentre faceva notizia l’introduzione dell’aborto nella Costituzione francese, l’Italia veniva caldamente invitata dal Consiglio Europeo per lo meno a far rispettare il diritto all’interruzione di gravidanza.
Un diritto che il Governo dice di tutelare, garantendo l’applicazione perfetta della legge 194…salvo poi dimenticarsi di mettere a punto due cosette tipo i tempi d’attesa eterni della sanità pubblica o il tasso di obiettori di coscienza altissimo, che impediscono alla donna che intenda abortire di farlo liberamente.
Come se questo non bastasse, il Governo italiano ha deciso di utilizzare parte dei fondi del Pnrr per finanziare attivamente le organizzazioni anti abortiste, garantendo loro inoltre libero accesso nei consultori (i luoghi dove per eccellenza la donna dovrebbe essere informata in maniera imparziale di tutte le possibilità che costituzionalmente sono previste, sentendosi libera di scegliere come meglio crede).
Il governo ha dunque presentato alla Camera un emendamento all’articolo 44 del disegno di legge per l’attuazione del piano, qui riportato: «Le regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, Componente 1, del Pnrr e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità.»
Tutto molto bello, se non fosse che la legge 194/78 garantisce già ai Consultori la possibilità di avvalersi della «collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possano anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita».
A questo punto la conclusione è ovvia: quelle che il Governo Meloni sta tentando di introdurre sono le associazioni vicine al governo e ai suoi ideali che mirano a dissuadere, per usare un eufemismo, la donna dalla decisione presa ( o peggio di negarle la possibilità di essere informata correttamente in materia di IGV).
Come dichiarato anche ai microfoni de La Repubblica dalla psicologa Rita Cortonesi, queste piccole aggiustatine alla legge “violano i principi di laicità, autodeterminazione e libero accesso alla base dei consultori”.
Parole dure ci arrivano anche da paesi vicini come la Spagna, la cui ministra per l’Uguaglianza Ana Redondo ha dichiarato: «Consentire pressioni organizzate contro le donne che vogliono interrompere una gravidanza significa minare un diritto riconosciuto dalla legge. È la strategia dell’estrema destra: minacciare per togliere diritti, per frenare la parità tra donne e uomini».
Il vero problema di cui invece il governo non parla mai sono tutti gli ostacoli deliberatamente non contrastati all’aborto che si sono venuti a creare negli anni.
Primo tra tutti il tasso di obiettori di coscienza che, come affermato persino da Strasburgo, impedisce a tutti gli effetti a una donna di poter abortire: con che coraggio si può dire di garantire l’IGV quando il 63% di ginecologi e ginecologhe è obiettore di coscienza e quando in 11 regioni c’è almeno 1 ospedale con il 100% di obiettori?
Se anche, per pura fortuna, si riuscisse a trovare un ospedale idoneo ci sarebbero comunque liste di attesa eterne che stanno costringendo sempre più persone a rivolgersi al privato (sempre che lo si possa fare).
Non dimentichiamo in ultimo l’esiguo numero dei consultori rimasti sul territorio, data la totale mancanza di sostegno statale che ha costretto molti di questi alla chiusura.
La stessa portavoce per gli Affari economici europei, Veerle Nuyts, ha evidenziato come la nuova trovata del governo non abbia nulla a che fare con l’urgenza sanitaria italiana: «Il decreto Pnrr contiene delle misure che riguardano la struttura di governance del Pnrr e questi aspetti sono legati effettivamente al Piano di ripresa e resilienza italiano ma ci sono altri aspetti che non sono coperti e non hanno alcun legame con il Pnrr, come ad esempio questa legge sull’aborto».
Insomma, anche questa volta le scelte politiche della Meloni l’hanno resa sicuramente degna del titolo di “uomo dell’anno” ( o meglio di “patriarca dell’anno”), degna di sedere insieme ad altri sette uomini a parlare di aborto e a decidere del corpo delle donne come gli appartenesse.
Sofia Seghesio
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