La teoria delle finestre rotte: quando l’ordine genera ordine
1969, Università di Stanford.
Il professor Philip Zimbardo condusse un esperimento di psicologia sociale che cambiò per sempre il modo di vedere la criminalità.
Zimbardo lasciò incustodite due auto identiche (stessa marca, stesso modello, stesso colore) in due posti diversi: una nel Bronx di New York, zona povera e conflittuale per antonomasia, e un’altra a Palo Alto, California, zona ricca e tranquilla.
Com’era prevedibile, l’auto lasciata nel Bronx fu ritrovata distrutta; tutte le parti rimovibili e vendibili erano state rubate e il resto vandalizzato. L’auto di Palo Alto, invece, rimase intatta.
Scontato, no?
L’esperimento, se fosse terminato in questo modo, avrebbe dato come risultato un dato ovvio: la povertà è uno dei fattori scatenanti della criminalità. Peccato che Zimbardo non si fermò: decise di continuare l’esperimento rompendo un vetro dell’auto di Palo Alto. Il risultato fu inaspettato.
Dopo pochi giorni, i ricercatori la ritrovarono nelle stesse condizioni di quella del Bronx. Eppure, erano la stessa auto e lo stesso posto.
Cosa provarono i ricercatori di Stanford con questo esperimento?
Che la criminalità è sì, supportata dalla povertà e dalle avverse condizioni sociali, ma uno dei fattori più importanti è l’ordine e l’idea che il popolo si è fatto di un luogo.
I residenti di Palo Alto, vedendo un’auto in ottime condizioni, ben tenuta e ordinata, hanno provato istintivamente un senso di rispetto per quell’ordine e non hanno provato l’impulso di manometterlo.
È lo stesso principio dietro quello della manutenzione dell’arredo urbano: più è ordinato e più i cittadini ci tengono a mantenerlo come tale.
Dall’esperimento del professore, nel 1982 fu pubblicata ufficialmente la teoria attraverso un articolo di scienze sociali di James Q. Wilson e George L. Kelling in cui i due autori fecero l’esempio delle “finestre rotte”. Se in un quartiere c’è la presenza di un edificio fatiscente con evidenti danni, sono altissime le probabilità che in quella zona il vandalismo dilaghi e si concentri anche su tutti gli immobili e l’arredo urbano circostante.
Sulla base di queste scoperte, la città di New York nel 1994, con il sindaco Rudolph Giuliani, decise di applicare la cosiddetta “tolleranza zero”, una strategia anticrimine studiata sulla base delle scoperte di Zimbardo.
Bastò assicurarsi che tutti pagassero il biglietto della metropolitana e che venissero ridipinte le pareti delle stazioni per registrare un incredibile crollo del tasso di vandalismo e criminalità della metro.
L’esempio delle auto e dell’arredo urbano è solo un esempio, appunto, il discorso è valido per ogni aspetto della vita quotidiana:
“Il mendicante che non viene controllato è, in effetti, la prima finestra rotta. Aggressori e rapinatori, sia opportunisti che di professione, pensano di ridurre il rischio di essere presi o identificati se agiscono nelle strade dove le potenziali vittime sono già intimidite dalle condizioni dominanti. Se il quartiere non è in grado di impedire a un mendicante inopportuno di dare fastidio ai passanti, potrebbe ragionare il delinquente, allora è ancor meno probabile che la polizia possa identificare un potenziale rapinatore o interrompere il crimine stesso.”
Così scrissero Wilson e Kelling nell’articolo.
Se un luogo è ordinato e la legalità è mantenuta correttamente, le possibilità che un individuo attui comportamenti criminali e vandalici sono drasticamente ridotte.
È il perfetto caso in cui l’ordine genera ordine.
Antonio Alaia
Leggi anche: Charles Manson, storia di un killer che sognava Hollywood