Binge eating: fino a dove può spingersi il corpo?
Troppo grasso, troppo magro, troppo muscoloso, troppo esile. Potrei continuare all’infinito, addirittura scrivere pagine intere di considerazioni che la società fa sul corpo degli altri.
Le immagini che circolano sui social, oppure le foto dei cartelloni pubblicitari, ci indicano fisici da favola, senza imperfezioni, brufoli, smagliature o pancetta.
Sono corpi reali? La risposta è no.
Ma quanti giovani cercano costantemente di soddisfare i canoni estetici imposti dalla società e quanti ancora crollano sotto il peso di essi.
I disturbi alimentari sono enormemente diffusi tra i ragazzi. Questo accade a causa crolli emotivi con conseguente crescita di ansia, tristezza e depressione, generati dalla sensazione di non essere mai abbastanza.
La maggior parte di essi nasce a causa della società, con le regole e i canoni che impone.
Un disturbo molto frequente è il Binge eating, tradotto in abbuffate, per indicare ciò che provoca il disturbo. Si caratterizza infatti da un’alimentazione incontrollata in cui il soggetto smette di mangiare solo quando avverte un malessere fisico.
Molto simile alla bulimia, questo disturbo non utilizza il vomito come metodo per dimagrire. Le persone che soffrono di Binge eating usano il cibo per combattere gli stati d’animo negativi.
Dopo l’iniziale momento di piacere che provoca l’alimento, il sentimento successivo è quello di vergogna e tristezza per ciò che si è commesso.
Le cause di questo disturbo sono maggiormente legate a problemi sociali e culturali. Le regole della società, che impongono corpi perfetti, peggiorano lo stato d’animo dei soggetti costringendoli a diete drastiche che non possono sopportare. Si ricade così nel Binge eating come conforto e gestione delle emozioni.
Altra causa importante di questo disturbo è legata alla depressione e quindi abbassamento dell’autostima e solitudine.
Ma il Binge eating si può diagnosticare?
La risposta è sì, è ufficialmente inserito nel DSM-5, nel capitolo dei disturbi alimentari generato da stati d’animo depressivi.
Questo però comporta anche problematiche di salute, come diabete, ipertensione o squilibri ormonali.
Una difficoltà importante è riconoscerlo. Spesso i soggetti che ne soffrono mangiano quando sono soli, quindi questo rende più complicato capire se il disturbo è presente.
Per fortuna ci sono dei percorsi che consentono a chi ne soffre di essere aiutato. Prima di tutto una cura psicologica per aiutare le persone a gestire le proprie emozioni, e poi una consapevolezza alimentare.
Ciò che però pare non curabile è il giudizio che la società ha rispetto ai corpi degli altri. Per questo il lavoro è ancora lungo e c’è molta strada da fare, ma partendo dall’educazione dei più piccoli si può sperare di arrivare a risultati migliori.
Martina Maiorano
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