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Dante in noi, noi in Dante: perché dovresti leggere la Divina Commedia nel 2024

Come sappiamo, l’opera dantesca, anche in virtù della sua problematica complessità e del fascino che nasce da questa sua singolare caratteristica, rappresenta, ancora oggi, un vero e proprio patrimonio di civiltà, solido baluardo eretto contro i venti di sette secoli di storia.

Ma tutto questo, se non perché scritto su qualche libro polveroso, cosa c’entra con noi e con le nostre vite? Per quale ragione, nella nostra convulsa esistenza quotidiana, dovremmo leggere e apprezzare un testo tanto lontano, composto ben prima dell’avvento degli smartphone e dei social?

Tentare di delineare e di riservare ad un autore come Dante “un posto nel mondo” non è certamente impresa semplice, soprattutto se si considera che l’epoca in cui viviamo, spasmodicamente proiettata verso il futuro, sembra quasi essersi dimenticata del suo passato. E mentre la massima ciceroniana “historia magistra vitae” continua ad echeggiare come un antico proverbio di paese di cui si è ormai perduto il significato, è possibile interrogarsi sul ruolo che, in un contesto del genere, appare destinato alla più illustre opera letteraria italiana, la Divina Commedia

La risposta ad un quesito del genere si lega strettamente all’universalità del messaggio dantesco e alla sua straordinaria capacità di rivolgersi a qualsiasi epoca storica, oltre che di toccare il cuore e la mente di chiunque lo recepisca, a prescindere dalle loro intime inclinazioni.

La Divina Commedia, infatti, pur configurandosi come poema, si discosta notevolmente dall’idea comune del suo genere di appartenenza, a causa della mancanza, all’interno della sua struttura, di un vero e proprio centro o, se vogliamo, di un eroe invincibile e senza macchia che domina l’azione narrativa; al suo posto, in compenso, un variegato mosaico di umanità si staglia davanti agli occhi del lettore, portandosi dietro tutte le sue innumerevoli fragilità e le sue sintomatiche debolezze. 

La verità è che proprio nella volubilità e nell’imperfezione è possibile cogliere tutto l’eroismo di un’anima che cerca di opporsi al peccato con tutte le sue forze e che magari, vinta da esso, alla fine non può far altro che pentirsi per cercare di tornare alla smarrita “diritta via” della moralità;

Si tratta di un movimento circolare che assume le sembianze di un percorso complesso e ricco di ostacoli, motivo per cui chi sceglie di intraprenderlo compie, a tutti gli effetti, un gesto assolutamente eroico.

Ed ecco che noi tutti, uomini imperfetti, ci riscopriamo non troppo diversi da Paolo, Francesca, Forese, Ugolino, Ciacco, Catone e persino dallo stesso Dante, impegnato nel suo lungo e tortuoso percorso di redenzione personale. 

Insomma, la Divina Commedia ci permette ancora, dopo ben sette secoli di storia, di sentirci compiutamente umani mentre, immedesimandoci negli innumerevoli personaggi che animano il poema, sentimentalmente leghiamo i loro drammi ai nostri, le loro vite lontane alle nostre esistenze quotidiane, le loro speranze stroncate ai nostri sogni più vividi; in questo si realizza il vero miracolo di Dante che, vincendo il tempo, fu capace di dimostrare che i secoli che ci separano possono essere trasformati in attimi e che il mondo cambia, ma l’anima dell’uomo, in fondo, resta sempre la stessa.

Antonio Palumbo

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Antonio Palumbo

Antonio Palumbo, classe 1999, è dottore in Lettere Moderne e attualmente completa la propria formazione con una magistrale in Filologia Moderna presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Insegna Lingua e Letteratura Italiana in un istituto scolastico privato e, appassionato di lettura e di scrittura, dedica il suo tempo libero anche alla fotografia naturalistica e al collezionismo di libri e di monete antiche. Insegue il sogno di visitare il mondo e di scoprire tutto il fascino e la complessità delle diverse culture umane.
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