«Non tutti gli uomini» ma il marito di Gisèle, e molti altri, sì
Sono trascorse solo poche settimane dal dibattito nato su Tiktok che chiedeva alle donne se preferissero restare sole in un bosco con un uomo o con un orso.
Ed ecco che la risposta delle utenti del web si ripete chiara e cristallina con il caso di Gisèle Pelicot, settantenne francese violentata, per volere del marito, da circa 72 uomini.
La risposta si ripete sotto ogni post che riporta la notizia, in tutte le lingue – «L’orso, ovviamente», «I choose the bear» – declinandosi in molte forme: «L’orso non l’avrebbe fatto», «L’orso avrebbe rispettato la sua dignità» e così via. Un segnale lampante che le donne sono stufe di sentirsi in pericolo ovunque, di non potersi fidare di nessuno, nemmeno del proprio partner.
A fare del male a Gisèle è stato infatti il suo stesso marito, Dominique Pelicot, con cui è stata insieme per circa cinquant’anni senza sospettare alcunché. Stando alle informazioni divulgate dalla polizia, l’uomo ha organizzato una lunga serie di stupri ai danni della moglie dal 2011 al 2020, coinvolgendo 72 sconosciuti in contatto con lui tramite il web.
Drogata e sottoposta a violenza seriale, Gisèle ha scoperto di essere una vittima inconsapevole di suo marito soltanto a novembre 2020 grazie a una casualità: la polizia, che investigava su Dominique per una serie di fotografie scattate sotto le gonne di donne sconosciute al supermercato, ha trovato una cartella sul pc dell’uomo intitolata “Abusi”. In essa, oltre ventimila foto della moglie e della figlia, nude e non solo, comprovavano l’orrore a cui Dominique le aveva sottoposte.
Tramite il sito Coco, ora chiuso, Dominique invitava estranei in casa sua per stuprare la moglie sotto i suoi stessi occhi. Gli sconosciuti – tra i 26 e i 74 anni di età, con le carriere più disparate, tra giornalisti, pompieri, soldati, ecc. – ricevevano precise istruzioni: non indossare profumi, non fumare, non parcheggiare vicino casa, non indossare il preservativo… e in cambio potevano abusare di Gisèle a loro piacimento. Una dinamica disgustosa, oltre che allarmante per la freddezza e la razionalità con cui è stata perpetrata. Forse non saranno “tutti gli uomini”, ma sono stati ben 72 uomini ad accettare questo patto diabolico, senza minimamente chiedersi se fosse giusto abusare di una donna incosciente e non consenziente.
Il processo, iniziato qualche giorno fa, vede Gisèle rivendicare con coraggio e forza il suo stato di vittima che non si vergogna, in un modo che ricorda a noi italiani le iconiche parole di Franca Viola:
«L’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce»
Vedendosi offerta la possibilità di un processo a porte chiuse, che potesse dunque mantenere il suo anonimato, nonché quello del marito, Gisèle ha invece scelto di mostrare al mondo la natura malvagia dell’uomo che avrebbe dovuto proteggerla, starle accanto e amarla come suo compagno di vita e invece ha violato il suo corpo e la sua fiducia in modo deplorevole.
«Parlo per tutte le donne che sono state drogate senza saperlo. Lo faccio per quelle donne che forse non verranno a saperlo mai»
Ha dichiarato Gisèle, un sentimento certamente valido, data ancora l’alta incidenza di violenze sessuali perpetrate ai danni delle donne.
All’indignazione per il caso in sé, si aggiunge anche la rabbia per la narrazione di certe testate giornalistiche sui fatti appena descritti. Titoli che parlano del processo a porte aperte come di una vendetta, piuttosto che di regolare giustizia. «Ma lei come ha fatto a non accorgersene?», un altro commento gettonato che sposta vergognosamente la colpa dal carnefice alla vittima.
Non è colpa di Gisèle se si è fidata dell’uomo che ha sposato, non è colpa di Gisèle se ha scambiato i dolori che aveva in tutto il corpo per acciacchi dovuti alla vecchiaia, e di certo non è colpa di Gisèle se i medici che l’hanno visitata negli anni non hanno riconosciuto i segni delle violenze di cui era vittima inconsapevole.
E leggendo questi commenti ritorno con la mente al dibattito sull’orso: «Se l’orso mi sbranasse, almeno poi non dovrei rivederlo alle cene di famiglia», «Se l’orso mi uccidesse, non mi chiederebbero com’ero vestita», «Se incontro un orso nel bosco è perché vive lì. L’uomo invece mi ha seguita».
Claudia Moschetti
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