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5 motivi per cui dovresti fare journaling

Come ti senti in questo preciso istante? 

Sopraffatto, demotivato, sereno, malinconico… Qualunque sia la risposta, esiste uno spazio in cui puoi canalizzare questa sensazione: quello del journaling.

Fare journaling significa infatti esprimere emozioni, pensieri o esperienze attraverso la scrittura. Lo si fa con una certa frequenza e generalmente in una dimensione privata. Insomma, lo avete capito, stiamo parlando dell’antichissima pratica di tenere un diario personale. Già nel Medioevo i monaci erano soliti tenere dei diari per documentare la vita monastica e le loro osservazioni scientifiche. Col passare degli anni poi, sono stati molteplici i viaggiatori ed esploratori che hanno utilizzato diari di bordo per prendere nota delle proprie scoperte, nonché pensatori e scrittori come Franz Kafka e Virginia Woolf: la brillante scrittrice riversava nei suoi diari personali – tradotti e pubblicati integralmente in Italia nel 2022 –  le preoccupazioni quotidiane, i litigi, le passeggiate col cane, le scarpe che le facevano male… Insomma, tutto ciò che poi l’ha resa meno astratta ai nostri occhi. 

I motivi per cui si sceglieva di tenere un diario erano molti: scrivere la propria biografia, tenere memoria di riflessioni e scoperte, sentirsi meno soli (pensiamo al diario di Anna Frank, unica consolazione alla paura e alla solitudine forzata nei due anni vissuti in clandestinità). Ma perché, ti starai chiedendo, io dovrei tenere un diario? Per quale motivo una persona del ventunesimo secolo, che può inserire il pin del cellulare, aprire una finestra sul mondo e scegliere qualsiasi distrazione preferisca, dovrebbe invece dedicarsi alla scrittura quotidiana? Perché dovrebbe introdurre nella propria routine una pratica che le sottrae ancora più tempo? Ne ha già troppo poco per finire quel lavoro, per preparare la cena, per correre di qua e di là tra mille impegni. Se non sono una scrittrice del ‘900 o un esploratore del ‘400, cosa me ne faccio di un diario? 

Ebbene, vediamo insieme 5 motivi per cui anche – forse soprattutto – una persona comune del Duemila dovrebbe fare journaling!

Aiuta ad elaborare le emozioni

Ho iniziato a tenere un diario quando pesavano troppo e mi serviva un posto sicuro in cui appoggiarle. Da lì ho capito che scriverle mi aiutava ad ascoltarle, ad entrarci in contatto, a comprenderle meglio. A volte le emozioni, soprattutto quelle meno piacevoli, hanno una consistenza ma non una forma: sentiamo che ci sono, riusciamo persino a localizzarle in un punto del nostro corpo, come lo stomaco o il petto, ma facciamo fatica a ridimensionarle e a capire perché ci sono venute a trovare. Attraverso la scrittura le riversiamo fuori dal nostro corpo, su un supporto – sia esso cartaceo o digitale – che ci consente di guardarle un po’ più da lontano, in prospettiva

Così, a mano a mano che la penna scorre sulla carta, ci pare di mettere ordine tra i pensieri. Confinati trai margini della pagina davanti a noi, i problemi appaiono meno smisurati. Non solo, scriverne ci dà la sensazione di prendere in mano la situazione quando vorremmo agire ma non sappiamo bene cosa fare. Facciamo finta che oggi sia una brutta giornata: la mente è affollata di pensieri spiacevoli e non riesci a calmarla nemmeno infilandoti le cuffie e avviando la tua playlist di fiducia sui rumori bianchi. Cerchi una soluzione ma ti senti impotente. Beh, sappi che puoi fare qualcosa nell’immediato: scriverli. Si può provare un vero senso di liberazione, anche senza aver trovato quella soluzione, di cui, spesso, non abbiamo realmente bisogno: quando stiamo male, semplicemente parlarne agli amici può essere terapeutico, e un diario può svolgere la stessa funzione di un amico. Può lasciarti sfogare e farti capire che a volte i sentimenti spiacevoli non vanno “risolti”, solo sentiti, come tutti gli altri. 

Scrivere anche solo 10 minuti al giorno ci permetterebbe quindi di essere più consapevoli di noi stessi e di ciò che proviamo.

Aiuta ad esercitare il non giudizio verso sé stessi

Completamente sazi della cultura della performance di cui questa società ci ha ingozzati, non siamo invece per nulla abituati a mettere in pausa la nostra frenetica giornata per guardarci dentro. È molto più semplice lasciare che siano gli altri a dirci chi siamo: lasciare che sia una valutazione a definire quanto siamo intelligenti o il parere altrui a decidere se siamo persone interessanti o meno.

Lo spazio del journaling è invece uno spazio libero, privato, in cui si può esercitare il non giudizio: siamo così abituati a curarci della percezione che gli altri hanno di noi, che finiamo per giudicarci da soli, anche rispetto alle azioni che non ha visto nessuno o persino sui pensieri che nessuno può ascoltare. È per questo che la pratica del non giudizio va esercitata, e tenere un diario può essere il modo perfetto per farlo. L’obiettivo del journaling è infatti quello di far fluire i pensieri, e non esiste un modo corretto per farlo. Possiamo – finalmente – svolgere un’attività senza l’assillante pretesa di dover essere bravi. Non c’è bisogno di essere abili scrittori, non c’è nessuno a valutarci e nessun motivo di pretendere chissà cosa da noi stessi: tra le pagine del nostro diario possiamo lasciare le frasi a metà, mandare al diavolo le regole grammaticali, esprimere idee prive di espedienti. Possiamo scrivere tutto ciò che ci passa per la mente provando a lasciare da parte ogni giudizio: non c’è nessuno a dirci che siamo troppo fragili o troppo emotivi. In quello spazio di confidenza siamo solo fragili o emotivi

Quando scrivo qualcosa che verrà letta da altri, come in questo momento, temo sempre che possa essere poco originale o che la mia voce possa essere contaminata da ciò che gli altri pensano sia giusto dire. Scrivere per se stessi significa esercitarsi ad essere se stessi.

Aiuta a connettersi col presente

Da aggiungere alla lista delle cose che non siamo abituati a fare nel 2024 c’è senza dubbio essere capaci di abitare il presente senza cercare di prevedere il futuro o catapultarci nel passato. Vi sembrerà strano, ma è un’altra capacità che possiamo esercitare tramite il journaling.

Immaginiamo di essere nel mezzo di una bella giornata, una di quelle che non vogliamo dimenticare. Come siamo soliti fare, tiriamo fuori il cellulare e scattiamo fotografie a quei momenti a cui ci vogliamo aggrappare. Poi però ricacciamo il cellulare in tasca e forse non lo abbiamo davvero vissuto, ci siamo solo assicurati che in futuro avremmo potuto ricordare quel giorno passato. Se invece ritagliassimo qualche minuto di quella giornata per scrivere le emozioni che stiamo provando o descrivere il posto che stiamo visitando, potremmo davvero connetterci con ciò che ci sta intorno e su come ci sentiamo qui ed ora, vivendolo ancor più intensamente.

È un esercizio che si può in realtà svolgere qualsiasi sia il nostro stato d’animo o la nostra giornata. Mentre sto scrivendo queste righe, ad esempio, la finestra accanto a me è per metà aperta e fuori piove a dirotto. Potrei prendere il mio diario e cominciare a scrivere di quanto trovo piacevole il suono della pioggia, o degli altri rumori che sento intorno, come quello della TV che qualcuno sta guardando in cucina. Potrei poi passare a descrivere ciò che vedo davanti a me, gli odori che giungono al mio olfatto mentre cuoce la cena o la texture più o meno ruvida della carta sotto le mie dita. 

Questo esercizio di scrittura ci permette di sentire – con tutti i nostri sensi – il momento che stiamo vivendo. Diventa un momento catartico, una sorta di esercizio meditativo e, se praticato con una certa frequenza, può davvero cambiare il modo in cui viviamo le giornate e farci riflettere su quanto sia prezioso il presente.

Permette di rileggere il passato

Ma come? Abbiamo appena parlato della connessione tra il journaling e il presente… Sono i nostri pensieri quotidiani quelli che scriviamo nel diario, proprio sotto la data odierna. Sono tanti piccoli ritratti del momento presente che però, un giorno, comporranno il mosaico del nostro passato.

Allora, potrebbe venirci voglia di scorrere tra le pagine precedenti e, rileggendole, potremmo renderci conto di quanto è cambiata nel tempo la nostra percezione delle cose e la nostra persona. Se non le avessimo mai scritte, probabilmente ci saremmo dimenticati di tutte le piccole paure che poi si sono rivelate infondate, di tutte le cose che credevamo impossibili e che poi abbiamo realizzato, e di quelle insormontabili che alla fine abbiamo superato

Non che io sia una grande fan dell’ossessione da crescita personale, sia chiaro. Detto tra noi, non credo molto nella pianificazione degli obiettivi quotidiani che ci si pone per migliorarsi, o nella motivazione costante. Credo che le aspettative si scontrino con la realtà e che, semplicemente, possiamo restare aperti a ciò che ci succede nella vita e prendere gli avvenimenti come opportunità per crescere e capirci qualcosa in più su di noi. A volte però, soprattutto nei giorni di sconforto, quando ci sembra di stare sempre fermi allo stesso punto, ricordare da dove siamo partiti può essere molto d’aiuto. 

Dare sfogo alla creatività

Ultimo ma non meno importante, il diario è lo spazio in cui diamo sfogo alla nostra creatività: non esistono regole che stabiliscono di cosa dobbiamo scrivere. Oggi possiamo aver voglia di buttar giù una lista di cose per cui ci sentiamo grati, descrivere cosa ci auguriamo per il nostro futuro… Non esistono nemmeno regole che impongono di scrivere e basta: possiamo disegnare, fare collage, appiccicarci foto ricordo, e chi più ne ha più ne metta. Possiamo scegliere gli strumenti per scrivere che più ci piacciono, le penne stilografiche o quelle che troviamo in giro per casa, o possiamo decorare la copertina in modo da rendere ancor più piacevole il tempo che dedichiamo a quell’attività. 

Abbiamo carta bianca. Possiamo cimentarci in qualsiasi cosa desideriamo: inventare racconti anche se non lo abbiamo mai fatto prima o improvvisare una poesia… Come quelle con cui mi ostino ad imbrattare il mio diario:

“Come faccio ad essere così in ansia se il mondo gira e fiorisce così lentamente, solo per me?… Per darmi il tempo di capire che va bene se anch’io ho bisogno di tempo per fiorire” 

Simona Settembrini

Leggi anche: “Filologia delle parole non dette” di Federica Auricchio – Scrivere per ritrovarsi interi

Simona Settembrini

Simona Settembrini, classe 2001, laureata in “Culture Digitali e della Comunicazione”. Per descrivermi al meglio, direi che l’amore, in qualunque sua forma, è sempre al primo posto nella mia vita. Scrivo perché mi aiuta a rendere il mondo meno confuso e per mettere nero su bianco le mie emozioni e quelle degli altri, perché in fondo sono tutte uguali.
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