“Mia”, storia di violenza e revenge porn
La violenza ha tante facce. Botte, schiaffi, pugni, manipolazione mentale. Non è possibile effettuare una classifica dal metodo più atroce a quello lieve. Tutti orribili, tutti mietono vittime.
“Mia”, film andato in onda il 22 novembre su Rai 2, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, racconta proprio tale dramma.
Una storia di violenza, tormento ed orrore.
Mia, ragazzina di 15 anni, s’innamora di Marco, 20enne. Inizialmente, come solito, lui è dolce e premuroso. Poco dopo diventa ossessivo, tanta da isolarla da amicizie e famiglia.
I genitori della ragazza, preoccupati, cercano di aiutare Mia a capire ciò che sta accadendo, e convincerla a lasciare il ragazzo. Lei, piccola ed ingenua, non gli dà ascolto.
Così inizia l’incubo per la giovane, che non esce con le amiche più e smette di allenarsi. Niente trucco, vestiti, rossetto rosso. Marco la controlla.
Fino al punto in cui, una sera, lei si reca a casa del ragazzo e subisce un rapporto non consenziente. Ma non è tutto. Marco posta foto e video sul web, rovinando la vita della giovane.
Lì il dramma. Mia si getta dal balcone.
Quante ragazze subiscono o hanno subito questo tipo di violenza?
Il revenge porn è una pratica assurda e terrificante, in cui una persona decide di postare foto e video sessuali ai danni di un’altra. Molto spesso, a subirne le conseguenze, sono ragazze molto giovani ed ingenue, prese alla sprovvista e derubate della propria dignità.
Il caso di Tiziana Cantone, suicidatasi dopo la circolazione sul web di materiale sessuale, fu quello che fece aprire la questione del revenge porn e di come introdurre il reato tra le leggi esistenti.
In Italia, nel 2019 è stata approvata la legge contro la diffusione di materiale sessuale senza il consenso della persona, con il nome di “Codice Rosso”. Pena la reclusione da uno a sei anni e multa fino a 15.000 euro.
Questo basta? No!
Bisogna sensibilizzare sulla violenza, coinvolgere giovani, uomini e donne, per comprendere quanto sia grave questo problema. Solo in questo modo possiamo combattere tale piaga, senza continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto.
È il momento di andare in piazza, nelle scuole, nei luoghi di incontro, perfino nelle proprie case, con le famiglie, per gridare contro ogni forma di violenza, abusi e ricatti.
Siamo la voce di Tiziana, di Mia e delle tante donne che ogni giorno sono violate nella propria intimità e dignità e, molto spesso, private della loro stessa vita.
È il momento di farci sentire. Basta stare in silenzio!
Martina Maiorano
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