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Natale, maschile, singolare

Il Natale è una delle festività più amate e celebrate al mondo, un momento di condivisione, riflessione e tradizioni.

Tuttavia, a uno sguardo più attento, si nota una curiosità: il Natale sembra essere dominato da figure maschili, come Gesù Bambino, Babbo Natale e persino i Re Magi.

Ma dove sono finite le figure femminili in questa narrazione e tradizione? Qual è il loro ruolo, e perché sembrano restare in secondo piano?

La centralità delle figure maschili è evidente nelle tradizioni natalizie più diffuse e conosciute. La nascita di Gesù è il cuore della festività cristiana, mentre Babbo Natale, omone panzuto e di rosso vestito, è il simbolo più moderno che domina l’immaginario collettivo. Anche i Re Magi, con la loro visita alla mangiatoia, rafforzano questa narrazione prevalentemente maschile.

Eppure, accanto a questi protagonisti, ci sono figure femminili che vivono nell’ombra, tra ricordo e oblio, ma che meritano un po’ di attenzione. Anche se, nei racconti tradizionali, le donne ricoprono prevalentemente ruoli di supporto o di sfondo, in contrasto con le figure maschili centrali.

Prendiamo, ad esempio, Mrs. Claus. Sì, Santa Claus ha una moglie, la Signora Claus appunto. Questa amabile figura, presente soprattutto nelle rappresentazioni americane, è generalmente descritta come la moglie affettuosa, paffuta, accondiscendente e silenziosa di Babbo Natale, incaricata di assisterlo nella preparazione dei doni. Un’obbediente casalinga, forse un po’ prototipica, con ottime capacità culinarie e sempre solerte nell’aiutare il marito con le sue faccende. Tuttavia, raramente è rappresentata come protagonista autonoma o come figura di spicco.

Altre narrazioni natalizie, presenti sia nella letteratura che nei film, riprendono il tema della donna-casalinga e aiutante-silenziosa: le madri sono ritratte come il cuore della famiglia, assistenti solerti e indaffarate nella preparazione di cene, biscotti, decorazioni e impacchettamento regali, ma raramente emergono come eroine o protagoniste della storia. Questo riflette uno stereotipo di genere radicato nella cultura occidentale, che assegna alle donne compiti di cura e agli uomini ruoli di leadership o protagonismo.

Ma non tutto è perduto: rileggendo la tradizione festiva, si scopre che il Natale non è stato sempre dominato solo da figure maschili. Esistono storie e figure femminili che, nel tempo, sono state messe in ombra ma che meritano di essere riscoperte.

La cara Santa Lucia ci viene in soccorso: il 13 dicembre è festeggiata con processioni, canti e una figura femminile vestita di bianco che porta luce e speranza. A Crema, tradizionalmente, i bimbi le scrivono una letterina indicando i doni desiderati e lasciano appesi alle finestre, alle porte o ai balconi dei mazzolini di fieno per sfamare l’asinello usato dalla Santa durante il suo viaggio. Rappresenta la forza e il sacrificio, anche se spesso il suo ruolo viene relegato a una celebrazione minore rispetto al Natale.

In Italia abbiamo anche la fantastica e simpatica figura della befana, legata al folklore dell’Epifania, che però viene spesso percepita come la “sorella minore” di Babbo Natale. Questa vecchia saggia – che porta doni ai bambini buoni, carbone a quelli cattivi – potrebbe essere vista come un’alternativa femminile al più famoso portatore di regali. Tuttavia, il suo ruolo e la sua immagine sono spesso rappresentati in modo caricaturale.

Perché quindi non riscoprire e valorizzare il ruolo del valore femminile nel Natale? Questo è un momento ideale per riflettere sulle questioni di genere e come attribuiamo stereotipi a uomini e donne nelle nostre tradizioni.

Valorizzare il femminile non significa sminuire il maschile, ma rendere omaggio a tutte le figure che contribuiscono a rendere questa festa speciale. Riscoprire figure come Santa Lucia o la Befana, o creare nuove storie che celebrino l’importanza delle donne, può aiutare a rendere il Natale più inclusivo e rappresentativo.

Forse è arrivato il momento di scrivere un nuovo capitolo nella narrazione natalizia, uno in cui le donne non siano più confinate ai margini ma possano splendere con la stessa luce che da sempre portano nelle nostre case durante le festività.

Elisabetta Carbone
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Elisabetta Carbone

Sono Elisabetta Carbone, classe ’93, milanese di nascita ma cittadina del mondo. Mi sono diplomata al conservatorio per scoprire che volevo laurearmi in storia. Mi sono laureata in storia per scoprire che volevo laurearmi in psicologia. Dopodiché ho scoperto la sessuologia, ma questa è tutta un’altra storia. Non faccio un passo senza Teo al mio fianco, la mia anima gemella a 4 zampe. Docente, ambientalista, riciclatrice seriale, vegetariana.
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