La narrazione dell’anima, il racconto del presepe
Re Magi, il bue, l’asinello e gli infiniti pastorelli tutti in fila ad osservare la mangiatoia, vuota sino alla mezzanotte della Vigilia di Natale.
È un’immagine che tutti abbiamo impressa in mente o nel cuore: il presepe è da sempre uno dei simboli tradizionali del Natale, ma non è una semplice rappresentazione artistica, religiosa e culturale.
Il presepe è tanto caro alla tradizione italiana, sia nella forma statica costituita dalle classiche statuine – ispirate alle rappresentazioni sacre che si svolgevano nelle chiese in occasione del Natale – che quello vivente, primo tra tutte quello di San Francesco a Greccio.
Ma perché ci piace così tanto osservare, modellare, creare e decorare questo piccolo mondo in miniatura?
Il presepe è prima di tutto una rappresentazione teatrale e simbolica della Natività e, contemporaneamente, abbraccia il bisogno umano di narrare e dare un senso alla vita. Attraverso la costellazione dei personaggi e delle varie scene di vita quotidiana, si può ricreare una vera e propria narrazione che non solo celebra un evento, ma ritrae i temi umani universali più importanti, come la famiglia, il senso di comunità, la speranza, l’attesa e la quotidianità.
Ogni elemento del presepe – dai pastori agli animali, dalla stella cometa ai mulini, dai laghetti artificiali al muschio – ha un significato simbolico e psicologico che può essere interpretato in modi diversi a seconda delle esperienze personali e culturali di chi lo osserva.
Pensiamo alla stalla o alla grotta, elemento centrale nonché focus visivo del presepe: un luogo umile e scarno, che però rappresenta la forza motrice della gentilezza, dell’accoglienza e dell’ospitalità. Nessuno di noi vorrebbe nascere, tantomeno vivere, in un luogo così angusto; eppure, in quel contesto, possiede una forte connotazione positiva.
I tre Magi, con i loro ricchi doni, sono la rappresentazione della diversità, della generosità, della ricerca e della speranza. Accanto a loro, anche i pastorelli – figure sicuramente molto più povere, tanto nella società del tempo quanto in quella attuale – portano dei doni e incarnano l’idea che chiunque possa far parte di un evento così straordinario.
Non meno importanti i numerosi animali che popolano la scena, come l’asino e il bue, ma anche cammelli, dromedari, pecorelle, pesci, galline e così via: non sono dei meri elementi decorativi, ma rappresentano la connessione e il legame tra l’uomo e la natura, bipedi e quadrupedi che si integrano armoniosamente nella narrazione collettiva.
L’asinello, nell’immaginario comune, è sempre collegato alla triste condizione d’ignoranza e di stoltezza: ma, se lo osserviamo bene, le sue lunghe orecchie ci ricordano le potenzialità dell’ascolto, sia esteriore che interiore. Il bue, invece, è un animale forte e stabile che rimanda alla sicurezza. Però è un animale castrato, in modo tale da non poter più essere aggressivo e soggetto alle pulsioni, senza potenza sessuale. È quindi anche il simbolo dell’addomesticamento degli animali al lavoro umano.
La stessa disposizione dei vari attori del presepe contribuisce alla creazione di una narrazione simbolica.
La centralità della famiglia sottolinea l’importanza dell’unione familiare e della protezione, mentre i personaggi in movimento – come i pastori in itineranti o i Magi in cammino, che seguono la stella cometa – simboleggiano il viaggio interiore verso una meta spirituale o personale. La somma di questi elementi è la rappresentazione visiva di un lungo viaggio, un percorso che può favorire riflessioni sul proprio percorso di vita, incoraggiando l’introspezione e la crescita personale.
La narrazione simbolica del presepe, inoltre, risponde al bisogno profondamente umano di ordine e ricerca di significato: in un mondo percepito e vissuto come caotico e imprevedibile, il presepe offre un microcosmo ordinato in cui ogni elemento ha un posto e un ruolo specifico. Osservarlo è gratificante: ci si sente sicuri, resilienti e confortati dall’immagine perfetta, dall’ordine e dalla disposizione degli elementi nello spazio.
Non dimentichiamoci che la creazione del presepe è anche spesso un rituale familiare che si tramanda di generazione in generazione. Gli stessi elementi costitutivi del presepe, le statuine e le varie ambientazioni, sono tramandati o ereditati da nonni e parenti, avendo così anche un valore generazionale. Si tramanda la storia ma anche l’oggetto, che diventa un piccolo tesoro: questo aspetto rituale contribuisce a consolidare i legami familiari e a rafforzare il senso di appartenenza.
Il presepe diventa una sorta di àncora emotiva, evocando ricordi specifici e rafforzando il legame con il passato. Ma non solo. Ri-costruire il presepe, ogni anno, è un atto profondamente creativo che richiede collaborazione, pianificazione, manualità e attenzione ai più piccoli dettagli.
Il presepe è anche un atto comunitario. Molti comuni, associazioni ed enti organizzano esposizioni di presepi o competizioni, trasformando la tradizione in un momento di aggregazione sociale. La partecipazione a questi momenti collettivi rafforza il senso di appartenenza e stimola la connessione con gli altri, stabilendo relazioni autentiche e rafforzando il tessuto sociale.
Ridurre il presepe ad una mera espressione religiosa è limitativo: esso è un potente strumento psicologico e collettivo che agisce su tutti i livelli, individuale, familiare e sociale. Allestendo piccoli o grandi presepi, possiamo rafforzare legami affettivi e coltivare il senso di appartenenza, rallentando e riflettendo per riconnetterci con ciò che davvero conta. La narrazione dell’anima.
Elisabetta Carbone
Leggi anche: Te piace ‘o presepe? Una tradizione fondamentale del Natale