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Il Natale secondo Eduardo: il dramma e la poesia di Natale in casa Cupiello

A Napoli, si sa, il Natale non è mai come nel resto del mondo.

Promessa, amore e disinganno, esso si insinua tra le strade acciottolate, profumate di mostaccioli e di umido, e finisce per mescolarsi alle tiepide voci che si accavallano nelle botteghe e alle ombre che, infreddolite e tremanti, si rifugiano dietro alle persiane malferme.

È un tempo sospeso il nostro, dove il calore delle speranze, molto più ardenti di qualsiasi luminaria natalizia, sembra sfidare l’indiscussa regina dei vicoli e dei rioni, quella stessa malinconia che oggi, e soltanto oggi, decide di togliersi la corona.

In una casa piccola e chiassosa, al centro di questo scenario intriso di poesia e cruda realtà, Luca Cupiello, testardo e candido come un bambino, costruisce il suo presepe. Tra statuine di pastori e cieli di carta stellata, quel presepe non rappresenta soltanto una mera tradizione familiare, ma simboleggia il microcosmo in cui Luca, finalmente padrone del proprio destino, tenta di ricucire i fili sfilacciati della sua famiglia. Tuttavia, si sa, il vero destino non concede tregua e la vita reale, in tutta la sua sfaccettata complessità, è ben diversa dal presepe di cui possiamo scegliere arbitrariamente i pastori.

Il Natale, nella visione di Eduardo, non è mai soltanto una festa. È una lente d’ingrandimento che esplora le contraddizioni dell’animo umano, un teatro antico, dove il dramma e la poesia si fondono in un abbraccio commosso e doloroso. Ed è proprio in Natale in casa Cupiello che questo contrasto trova la sua massima espressione: tra risate che nascondono ferite e silenzi che comunicano anche più delle parole, Eduardo riesce a raccontare, delicato come un poeta e, al tempo stesso, ruvido come un cronista, un Natale che è di tutti e di nessuno, universale e profondamente napoletano. E se Lucariello si chiude nel mondo ideale del suo presepe, sua moglie Concetta, pratica e disillusa, si affanna a mantenere un precario equilibrio tra le tensioni domestiche, mentre lo sfrontato figlio Tommasino rifiuta con disprezzo il presepe del padre e tutto ciò che esso rappresenta. A completare il quadro familiare Ninuccia, la figlia maggiore, legata ad un matrimonio infelice con il ricco borghese Nicolino, ma segretamente innamorata del giovane Vittorio. L’idillio natalizio si infrange rovinosamente quando, a causa di un equivoco, il triangolo amoroso di Ninuccia viene alla luce e il dramma familiare, a lungo sopito, esplode in tutta la sua violenza durante la cena natalizia; i due rivali scendono in strada per un acceso confronto e Ninuccia li segue, mentre, nel buio di una scena fosca, Concetta resta e sola e si dispera, ormai consapevole del suo totale fallimento.

Ed è proprio qui che si innesta l’immenso genio di Eduardo, precisamente nel momento in cui, in una situazione così drammatica, il personaggio di Lucariello, ignaro di quanto appena accaduto, irrompe in scena vestito da Re Magio, mentre intona una versione rimaneggiata di Tu Scendi dalle Stelle e porta a Concetta il suo regalo di Natale, un elegante ombrello da pioggia in legno. Perché la vita, in fondo, non è altro che una sfaccettata tragicommedia in cui ogni uomo, attore di sé stesso, recita una parte sul palcoscenico dell’esistenza. E questo Eduardo lo sapeva bene. Come potremmo non immedesimarci in Concetta? Come potremmo non comprendere le ragioni di Ninuccia, condannata ad una vita che qualcun altro ha scelto al posto suo? E persino Nicolino, descritto come uomo geloso e possessivo, in fondo ci sembra quasi un personaggio positivo, sinceramente legato a sua moglie e alla sua famiglia. Una grave tragedia quella della famiglia Cupiello insomma, eppure sottilmente riscaldata da un lieve tepore che finisce per “addolcire la pillola” del dramma, permettendoci di empatizzare con quasi tutti i personaggi coinvolti. Il finale, tuttavia, si consuma all’ombra di una malinconica rivelazione; Lucariello, incapace di comprendere fino in fondo la gravità della situazione, è colpito da un malore e vive i suoi ultimi istanti di vita in una dimensione quasi onirica, aggrappato alla fragile illusione che tutto si sia risolto e che il presepe familiare si sia infine ricostituito. Infine, all’ennesima domanda del padre:” Te piace ‘o presepe?” un amareggiato Tommasino risponde per la prima volta di sì, concedendo a Lucariello un’ultima grande consolazione.

Il personaggio di Lucariello, vittima di un mondo crudele, affascina e intenerisce, al punto da ricordarci quanto siano importanti i valori della famiglia e della condivisione, non soltanto a Natale. Ancora oggi, ogni anno, migliaia di telespettatori cercano in tv la celeberrima replica della versione televisiva di Natale in Casa Cupiello che, dal 1977,accompagna la cena della vigilia quasi come un rito inderogabile, una tradizione familiare divenuta moderno presepe. Risiede forse in questo aspetto la grandezza del miracolo di Eduardo e del suo teatro.

Antonio Palumbo

Leggi anche: Te piace ‘o presepe? Una tradizione fondamentale del Natale

Fonti: E. De Filippo, Natale in Casa Cupiello, Torino, Einaudi, 1997

Wikipedia Natale in casa Cupiello

Fonti immagini: E. De Filippo, Il Teatro a fumetti edizione “gold”, Natale in casa Cupiello, Scafati, Elledi ’91 edizioni, 2003 p. 65 (illustrazione di Daniele Bigliardo, foto propria proveniente da copia fisicamente da me posseduta). (copertina)

Antonio Palumbo

Antonio Palumbo, classe 1999, è dottore in Lettere Moderne e attualmente completa la propria formazione con una magistrale in Filologia Moderna presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Insegna Lingua e Letteratura Italiana in un istituto scolastico privato e, appassionato di lettura e di scrittura, dedica il suo tempo libero anche alla fotografia naturalistica e al collezionismo di libri e di monete antiche. Insegue il sogno di visitare il mondo e di scoprire tutto il fascino e la complessità delle diverse culture umane.
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