Sindrome della vibrazione fantasma – non sai di soffrirne anche tu!
di Rebecca Grosso
La sindrome della vibrazione fantasma è quanto di più vicino si possa sperimentare – nella vita di tutti giorni – a quella dell’arto fantasma. Il fatto che la denominazione di questo disturbo non venga spesso adoperata non implica che non sia diffuso: studi dimostrano che 9 persone su 10 ne soffrano, c’è quindi una buona probabilità che anche tu rientri tra queste! Scopriamo di che si tratta.
*vibrazione*
“Oh… finalmente mi ha degnata di una risposta! Non cambia mai: alla minima difficoltà, sparisce! Ore intere ad aspettare un messaggio e poi eccolo, puntuale, con le solite scuse.”
*sblocca il cellulare*
“Nessuna notifica? No, non è possibile… meglio controllare la chat. N-I-E-N-T-E? Ancora? Basta, questa volta ha chiuso con me, per sempre!”
Se mai esistesse qualcuno che non abbia vissuto in prima persona – almeno una volta nella vita – una situazione del genere, che si palesi: vorrei stringergli personalmente la mano.
No, non mi riferisco all’aver avuto a che fare con immaturi fuggitivi, ma alla percezione di una notifica – identificata dalla vibrazione – che in realtà non c’è!
Quante volte ti è capitato di aver sentito il tuo telefono vibrare, per poi scoprire che non c’era alcuna notifica da visionare? Nessun messaggio, nessuna e-mail, niente di niente.
La prima cosa a cui viene da pensare in questi casi è che si tratti di un malfunzionamento dello smartphone. Eppure, controllando i vari social, le diverse caselle di posta elettronica e gli SMS, ci si rende conto che in effetti il nostro cellulare non aveva nulla da notificarci!
Ma allora da dove veniva quella vibrazione che abbiamo percepito così chiaramente? Incredibilmente… dalla nostra testa.
Ciò che accade è molto simile a quello che succede quando si parla di sindrome dell’arto fantasma, da cui prende il nome.
Quando si viene mutilati, tutti i neuroni che si occupavano di rispondere agli stimoli di quell’arto particolare, che per qualche motivo ci è stato amputato, vengono via con esso. Di conseguenza, l’area del cervello deputata all’acquisizione di quei segnali viene adibita alla risposta agli stimoli di qualche altra parte dell’organismo; motivo per cui, quindi, potremmo sentire un prurito insopportabile proveniente dal braccio che non abbiamo più, che in realtà è una percezione che dovremmo avvertire per una gamba, un piede o qualsiasi altra parte del nostro corpo.
Nei rari casi in cui ci allontaniamo dal nostro smartphone, allo stesso modo, possiamo sentire una vibrazione che in realtà non c’è stata, o addirittura uno squillo, il suono di una notifica. In particolare, quando siamo soliti tenere il cellulare in tasca, un minimo spasmo muscolare potrebbe essere tradotto come una vibrazione proveniente dal nostro telefono. Succede, almeno una volta nella vita, a chiunque possegga un telefono cellulare; quando, però, questo fenomeno si verifica molto frequentemente, può acquisire le caratteristiche di una vera e propria sindrome.
Da uno studio del Georgia Institute of Technology, pubblicato sulla rivista scientifica Computers in Human Behaviour, si evince che 9 persone su 10 ne soffrano. In particolare, il 90% degli universitari ammette di avere questa sindrome, anche se la cosa non sembra allarmarli più di tanto. Il fatto che sia così diffuso, però, non dovrebbe indurci a sottovalutare questo fenomeno, non tanto per le sue conseguenze ma per il suo significato, per quelle che sono le sue cause.
Tutto ciò avviene per un unico motivo centrale che, in sé, presenta implicitamente tutta una serie di problematiche che si riflettono nella nostra vita quotidiana e nei rapporti che instauriamo con gli altri: la dipendenza dal cellulare.
Finché i telefoni erano prerogativa di pochi eletti, non se ne poteva studiare l’effettiva influenza che avevano sulla società. Ma da quando il phone diventa di anno in anno sempre più smart – e quindi oltre a essere alla portata di tutti, acquisisce sempre più funzionalità arrivando a sostituire ampiamente un computer –si possono vedere gli effetti dell’uso smodato della tecnologia anche su larga scala. Analizziamone alcuni.
Ansia di dover rispondere velocemente
Gli inglesi, che sono sempre molto arguti e svelti nel coniare termini per pressoché qualsiasi cosa, ci forniscono a tal proposito due vocaboli abbastanza esplicativi: ringanxiety (ansia da squillo) e vibranxiety (ansia da vibrazione).
La tecnologia ci rende spesso e (mal)volentieri nervosi e irritabili. Ciò è dovuto a un timore che sviluppiamo quando entriamo in contatto con persone che, proprio come noi, sono dipendenti dal cellulare: la paura di non essere in grado di rispondere immediatamente a un messaggio che ci viene inviato.
Provate a frequentare qualcuno che, oltrepassato il minuto dall’invio del messaggio, pretende di ricevere una risposta, incurante dei vostri impegni, e vedrete come inizierete a tremare ad ogni notifica, fino ad avere allucinazioni di vibrazioni inesistenti!
Timore di essere tagliati fuori
Sempre dall’inglese, l’acronimo FoMo (Fear of Missing Out) indica la paura di perdersi qualcosa. Ne consegue un’ossessione verso ogni tipo di piattaforma social o casella di posta elettronica, che a furia di subire i nostri refresh un giorno si congeleranno per sempre. Il nostro cervello pensa costantemente che stia succedendo qualcosa senza di noi; nasce così la nostra esigenza di controllare insistentemente il cellulare in attesa di una notifica che forse non arriverà mai.
Aumento del bisogno sociale
Con la nascita dei social network, l’illusione di essere sempre in contatto con la società ci porta inevitabilmente a ricercare il contatto sociale sempre e comunque, qualunque cosa accada. Sentiamo l’esigenza insaziabile di condividere ogni singolo aspetto della nostra vita, nella speranza di ricevere approvazione o semplice partecipazione da parte degli altri, cancellando pian piano quella che era la linea di confine tra vita pubblica e privata. Ne consegue la graduale scomparsa di quello che dovrebbe essere un nostro diritto, a cui decidiamo spontaneamente di rinunciare: la privacy.
A questo punto risulta chiaro il bisogno di combattere il problema alla radice, valutare quale sia il rapporto che abbiamo instaurato con la tecnologia odierna e, dopo un’attenta analisi dei nostri comportamenti, rivalutarlo per ritrovare noi stessi.