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L’Iran condanna a morte l’attivista Pakhshan Azizi

Confermata la condanna a morte per Pakhshan Azizi, attivista curda per i diritti umani, prigioniera politica dell’Iran dal suo arresto a Teheran nell’agosto 2023. 

Chi è Pakhshan Azizi?

Pakhshan Azizi nasce e cresce a Mahabad, in Iran. Si laurea all’università Allameh Tabataba’i di Teheran in assistenza sociale, ed è proprio negli spazi universitari che esplode il suo desiderio di lotta contro l’oppressione. Per questo il 16 Novembre 2009 partecipa, insieme ad altri studenti curdi, alla protesta contro le esecuzioni politiche in Kurdistan; viene arrestata per la sua partecipazione alla protesta e costretta ad una detenzione di quattro mesi. Viene rilasciata su cauzione il 19 Marzo 2010.
Pakhshan si trasferisce nella regione del Kurdistan iracheno e nel 2015 inizia a lavorare come assistente sociale e umanitaria nel nord-est della Siria, aiutando specialmente i rifugiati.

Perché Pakhshan Azizi è stata arrestata? 

Pakhshan Azizi viene arrestata il 4 Agosto 2023 a casa dei suoi genitori a Teheran su ordine del Ministero dell’Intelligence. Con lei vengono arrestati, senza alcuna colpa esplicita, il padre Aziz, la sorella Pershang e il cognato Hossein.

Dopo diversi giorni di interrogatorio i suoi familiari vengono rilasciati, mentre Pakhshan viene portata in isolamento al reparto 209 della prigione di Evin (struttura per la reclusione di prigionieri politici).

Pakhshan Azizi resta in isolamento per diversi mesi, durante i quali viene picchiata, torturata e tormentata con lo scopo di estorcerle un qualche tipo di confessione (quale, non si sa); viene completamente privata di rappresentanza legale e ogni sua richiesta di vedere la sua famiglia viene negata. 

L’orrore dell’isolamento termina l’11 Dicembre 2023, quando viene trasferita nel reparto femminile del carcere di Evin. 

Quindi, quali sono le accuse?

A febbraio 2024, sei mesi dopo il suo arresto, Pakhshan Azizi è stata formalmente accusata di BAGHI, cioè insurrezione armata, dalla sezione cinque dell’ufficio del procuratore di sicurezza di Evin. Successivamente è stata accusata anche di ribellione alla Repubblica Islamica. 

Ma Pakhshan Azizi non è colpevole. Né dell’insurrezione armata, né della ribellione alla Repubblica. L’unico “crimine” che ha commesso, che non è un crimine ma è giudicato tale dalle politiche dell’Iran, è stato offrire il suo aiuto nei campi profughi ai rifugiati. Ma in un paese di abusi di potere e violenta oppressione si viene condannati anche per questo.

Il 23 Luglio 2024 gli avvocati di Pakhshan Azizi vengono informati della condanna a morte ordinata dalla Sezione 26 del Tribunale Rivoluzionario Islamico. I legali hanno fatto un ricorso contro la condanna, che è stato negato. È in atto un secondo ricorso.

Secondo diverse organizzazioni per i diritti civili, l’accusa di “ribellione alla Repubblica Islamica” ha come scopo lo smantellamento del movimento “Donna, Vita, Libertà” nato come reazione all’uccisione della donna curda Mahsa Amini da parte delle forze di sicurezza iraniane nel 2022. Questo farebbe di Pakhshan Azizi un mero numero, solo un altro corpo, una scelta casuale e crudele.

I movimenti di solidarietà per Pakhshan Azizi

Già dall’arresto e ancora di più dopo la condanna a morte, molte sono le voci che al fianco di Azizi urlano contro questa inumana violenza. 

  • Narges Mohammadi, iraniana premio Nobel per la pace e precedentemente anche lei detenuta ad Evin, ha lanciato un appello affinché il mondo intero si faccia sentire contro le politiche di esecuzione iraniane.
  • La Coalizione per le Donne nel Giornalismo ha rilasciato una dichiarazione di solidarietà per Azizi, condannando il suo arresto e il trattamento violento ricevuto durante la detenzione.
  • Le prigioniere politiche del carcere di Evin hanno organizzato un sit-in (protesta pacifica) per protestare contro la condanna a morte della loro compagna.
  • Il Centro per i Diritti Umani in Iran ha rilasciato una dichiarazione congiunta insieme ad altre venticinque organizzazioni per i diritti umani, tra cui l’Organizzazione Hengaw, United4Iran, Justice for Iran e IHRNGO, esortando l’Iran a revocare la condanna a morte di Azizi.
  • L’organizzazione per i diritti umani Amnesty International ha lanciato una campagna a favore di Pakhshan con la pubblicazione di un modello di lettera aperta indirizzata a Gholamhossein Mohseni Ejei, il Presidente della Corte Suprema dell’Iran, incoraggiando le persone a scrivere i propri appelli per conto di Azizi.
  • Il Comitato delle donne del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana ha condannato l’8 gennaio 2025 la decisione di morte presa nei confronti di Pakhshan Azizi.

Iran: la strage delle condanne a morte

Purtroppo, Pakhshan Azizi non è l’unica vittima di questa epidemia di violenza iraniana.

Da un articolo di Amnesty International:

“Le autorità iraniane stanno compiendo una strage di stato sotto la veste di esecuzioni giudiziarie. Sono state messe a morte persone condannate per reati di droga, manifestanti, dissidenti politici e membri di minoranze etniche oppresse.”

Secondo l’Onu, nel 2024 sono state eseguite in Iran 901 condanne a morte. 853 nel 2023. 

Le persone vengono ammazzate nel nome della “giustizia”; in realtà la morte è diventata uno strumento politico di repressione. 

Sempre da Amnesty International:

“le esecuzioni di persone condannate per reati legati alla droga sono triplicate […] Queste esecuzioni colpiscono maggiormente le comunità più impoverite. [..] le autorità mettono a morte persone anche solo per i loro messaggi sui social media e per rapporti sessuali tra adulti consenzienti. […] Stanno usando questa punizione estrema, crudele e disumana per tormentare e terrorizzare le persone in Iran e imporre il silenzio e la sottomissione.”

L’Iran sta diventando una fabbrica di condanne a morte. Le persone vengono arrestate ed ammazzate in nome di accuse ridicole, sempre false, e il tutto è contornato da un frustrante immobilismo legislativo. E lo scopo è sempre quello di silenziare, di reprimere, di abusare, di terrorizzare.

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Marcella Cacciapuoti

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Marcella Cacciapuoti

Classe 2001. Laureata in lettere moderne e studentessa di filologia moderna. Scrivo, leggo, e sogno un dottorato in linguistica. Mi chiamo Marcella e sono in continua evoluzione. Innamorata delle parole e affamata di pace. Racconto le storie degli altri per trovare la mia.
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