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Il mutoscopio: l’illusione del movimento prima del cinema

Prima dell’avvento del cinema come noi lo conosciamo, alcuni dispositivi nei secoli scorsi hanno ammaliato il pubblico.

Nel 1894 Herman Casler ha rivoluzionato il movimento attraverso il mutoscopio, un apparecchio che permetteva di visualizzare brevi sequenze animate attraverso la rotazione di cartoncini stampati.

Un apparecchio ottico che mostrava brevi sequenze in modo simile ai filmati, senza alcuna tecnologia della proiezione cinematografica.

COME FUNZIONA(VA)

Immagini stampate su cartoni rigidi montate su un tamburo circolare che ruotava, una rappresentazione della sequenza di fotogrammi: un flipbook, un libro animato ma meccanico. Un dispositivo individuale e cioè progettato per un unico spettatore per volta; nessun bisogno di elettricità, veniva utilizzato per intrattenere in fiere, luoghi pubblici come stazioni, o per diffondere brevi filmati o immagini provocatorie, come ballerine o scene romantiche.

“Il mutoscopio non era solo una macchina per il movimento, ma un teatro in miniatura che portava lo spettacolo direttamente nelle mani dello spettatore”.

David Robinson, storico del cinema

Inventato nel 1894, ma brevettato nel 1895, in concomitanza con il kinetoscopio di Edison, il mutoscopio ebbe successo fino a inizio Novecento, fin quando non subentrarono le tecnologie del cinema moderno.

IL MUTOSCOPIO OGGI

Attualmente esistono ancora mutoscopi funzionanti, conservati in musei, collezioni private e luoghi storici: presso il Museo Nazionale del Cinema di Torino, situato nella Mole Antonelliana, è possibile viaggiare nella storia del cinema attraverso una vasta collezione di apparecchiature cinematografiche storiche, tra cui dispositivi pre-cinematografici.

“Dispositivi come il mutoscopio ci ricordano che il cinema è nato dalla curiosità, dal desiderio di animare la staticità e di meravigliare attraverso il movimento”.

Tom Gunning

Antonietta Della Femina

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Antonietta Della Femina

Classe ’95; laureata in scienze giuridiche, è giornalista pubblicista. Ha imparato prima a leggere e scrivere e poi a parlare. Alcuni i riconoscimenti e le pubblicazioni, anche internazionali. Ripete a sé e al mondo: “meglio un uccello libero, che un re prigioniero”. L’arte è la sua fuga dal mondo.
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