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L’amore attraverso le lettere più famose della storia

San Valentino sta per arrivare e in occasione di questo giorno febbraio si tinge di rosso: si celebra l’amore, quello puro e universale che da sempre scalfisce cuori ed epoche.

Sin dai tempi antichi l’amore è quel sentimento che può sconvolgere parti della nostra esistenza per donarci forti emozioni, talvolta contrastanti.

L’amore rende tutto più romantico, che sia gioia ma anche malinconia e sofferenza. Con un sapore diverso, questo sentimento pulsa nei nostri cuori per essere trasmesso. Grazie all’arte e alla musica, l’amore è stato raffigurato e cantato. Non escludiamo, però, il potenziale emotivo che una penna impugnata riesce a comunicare.
In un tempo dove di lettere se ne scrivono poche, ricordiamo quelle che hanno segnato un’era di per sé intramontabile. Perché – si sa – quello che diventa letteratura, diventa storia ed è difficile dimenticarsene.

Emblema dell’amore nel XVI secolo è Shakespeare, poeta e drammaturgo inglese. Autore di noti sonetti ma anche di lettere d’amore, tant’è che cominciamo a citarne una: “Lettera a un amante misterioso”, richiamando una visione intima dei propri sentimenti.

“Oh, misterioso custode del mio affetto, nelle pieghe delle tue parole si cela il segreto di un amore che non può essere svelato al mondo. Le nostre epistole sono il filo che intreccia i nostri cuori, un legame segreto che sfida la comprensione degli altri.”

Ma Shakespeare è noto principalmente per i suoi sonetti, infatti è spesso chiamato “Il Bardo” per evidenziare la sua eccellenza nel magnificare l’amore attraverso la poesia. L’amore, un sentimento che viene idealizzato e con esso anche la donna amata. Il poeta e drammaturgo inglese grazie ad alcuni dei suoi sonetti umanizza alcuni aspetti di questo sentimento, come i tratti della propria amata e la condizione di sofferenza e solitudine in cui si ritrova.

  • Sonetto 130: “My mistress’ eyes are nothing like the sun”

“Gli occhi della mia amata non sono come il sole;

Il corallo è molto più rosso delle sue labbra rosse;

Se la neve è bianca, allora i suoi seni sono scuri;

Se i capelli sono fili, fili neri crescono sulla sua testa.”

  • Sonetto 29: “When, in disgrace with fortune and men’s eyes”

Quando, in disgrazia con la fortuna e gli occhi degli uomini,

Piango solo la mia condizione di reietto,

E disturbo il cielo sordo con le mie grida inutili,

E mi guardo, maledico la mia sorte.

La raccolta di lettere e sonetti d’amore non si limita all’ambito letterario. Infatti possiamo citare Napoleone Bonaparte che, conosciutissimo per le sue imprese storiche ha rilasciato un’epistola dedicata alla sua amata Giuseppina. Sempre in età moderna, Napoleone ci mostra l’altra facciata di sé: da quella forte e carismatica a quella debole e passionale. Parliamo, così, di un amore che ha sfidato le convenzioni storiche e politiche.

“Non è passato giorno che non t’amassi; non è passata notte che non ti stringessi fra le braccia; non ho preso una tazza di thè senza maledire la gloria e l’ambizione che mi tengono lontano dall’anima della mia vita.
In mezzo agli affari, alla testa delle truppe, percorrendo i campi di battaglia, la mia adorabile Giuseppina è sola nel mio cuore, occupa il mio spirito, assorbe il mio pensiero. Se mi allontano da te con la velocità di un torrente del Rodano, è per rivederti più in fretta.
La mia anima è triste; il mio cuore è schiavo e la mia immaginazione mi spaventa! Un giorno tu non mi amerai più, dimmelo, saprei almeno meritare la sfortuna! Addio, donna, tormento, speranza, felicità e anima della mia vita, che io amo, che temo, che mi ispira dei sentimenti teneri che mi chiamano alla natura, a dei movimenti tempestosi vulcanici come il tuono. Non ti chiedo né amore eterno, né fedeltà, ma solamente verità, franchezza senza limiti. Il giorno che mi dirai: ti amo di meno, sarà o l’ultimo del mio amore o l’ultimo della mia vita. Se il mio cuore fosse così vile da amare senza ritorno, lo farei a pezzi con i denti. Giuseppina! Giuseppina!.
Il mio cuore, interamente occupato da te, ha dei timori che mi rendono infelice. Mi secca non poterti chiamare col tuo nome. Attendo che tu me lo scriva. Addio! Ah! Se tu mi amassi di meno, non mi avresti mai amato. Sarei allora proprio da compatire. Lontano da te non posso vivere, la felicità della mia vita è vicino alla mia gentile Giuseppina. Pensami! Scrivimi spesso, molto spesso: nell’assenza questo è l’unico rimedio: è crudele, ma, spero, sarà solo temporaneo.”

Andando qualche tempo in avanti, non posso evitare di menzionare Charles Bukowski che nel ‘900 ci ha fornito lettere, poesie che tutt’oggi sono specchi in cui potersi riflettere. Sincero e schietto ci mostra l’amore nelle sue sfaccettature e contraddizioni.
Infatti, la poesia che fornisce la descrizione di un amore imperfetto ma vero, toccando i tanti aspetti della sua amata è “L’hai amata, vero?”:

“L’hai amata, vero?”
Lui sospirò
“Come posso risponderti? Lei era matta”
Sì passò la mano tra i capelli
“Dio se era tutta matta, ogni giorno era una donna diversa
Una volta intraprendente, l’altra impacciata.
Una volta esuberante, l’altra timida. Insicura e decisa.
Dolce e arrogante.
Era mille donne lei, ma il profumo era sempre lo stesso
Inconfondibile
Era quella la mia unica certezza.

Mi sorrideva sapeva di fregarmi con quel sorriso
Quando sorrideva io non capivo più nulla
Non sapevo più parlare ne pensare
Niente, zero
C’era all’improvviso solo lei
Era matta, tutta matta
A volte piangeva
Dicono che in quel caso le donne vogliono solo un abbraccio
Lei no
Lei si innervosiva
Non so dove si trova adesso ma scommetto che è ancora alla ricerca di sogni
Era matta tutta matta
Ma l’ho amata da impazzire.

Bukowski è l’autore di una tra le lettere più conosciute, Lettera a Sofia. Si trova nella raccolta di lettere di Bukowski “Lettere d’amore” che contiene diverse lettere private, tra cui quella indirizzata a Sofia.
Sofia è stata una figura importante per Bukowski, una giovane donna con cui ebbe una relazione negli anni ’70. Parliamo di un legame che non è stato duraturo, dato il desiderio dell’autore di viversi momenti di solitudine. Ciò non minimizza la profondità che Bukowski ha riversato nelle sue emozioni, gestite con un’ottica distruttiva e contrastata:

Cara Sofia,
Sto amando un’altra donna e la sto amando con tutta quella serenità che tu non mi hai mai concesso, ora capisco che l’amore è questo, mettere in fila giorni di felicità non per forza conquistata con continue lotte. Lei è bellissima e coerente, la magia della coerenza è così stupefacente che non saprei descrivertela, a te quest’incantesimo non è mai riuscito. Sto bene, lei ha preso in mano la mia vita e la mia testa e ha fatto combaciare ogni cosa, ha dato un senso e un ordine alla mia casa, è stata il posto in cui mi sono salvato. Ci sono giorni di sole e tutti mi dicono che sono una persona nuova e anche io mi sento come se potessi mangiare le nuvole. Esco prima dal lavoro perché a volte mi manca troppo e ho bisogno di vederla, ci vediamo tutti i giorni ma solo quando sono con lei non penso a niente e credo di poter salvare il mondo quindi capiscimi perché ogni volta corro per abbracciarla il prima possibile. Non ti amo più e non mi ami più ma io ti scrivo perché quando ci incontriamo io lo vedo come mi guardi e posso anche vedere come io guardo te, io Sofia non ti amo più ma tu resti l’amore della mia vita, esiste un solo amore della vita e noi lo abbiamo conosciuto, amato e poi abbiamo smesso di sentirne la mancanza ma tu resti l’amore della mia vita, è difficile farlo capire agli altri ma io mi smonto quando ti vedo, cambio occhi e cuore, ritorno vecchio, dura solo un attimo perché io, e neppure tu, possiamo più permetterci noi, però quell’attimo c’è sempre, come quando ti chiamo al telefono per sapere come stai, quell’attimo c’è sempre perché tu sei l’amore della mia vita, l’incoerenza, le lotte, le ostinazioni io con te e per te tutto questo lo potevo sopportare.
Se devo descrivere l’amore io parlo di lei ma se mai mi chiedessero di qualcosa che va oltre l’amore io parlerei di te perché tu resisti nonostante io abbia smesso di amarti molto tempo fa”.

Per ultima – non per importanza – la poesia di Bukowski “Sei incancellabile tu”. Scritta in forma di lettera, è un testo toccante che affronta uno dei tasselli principali della poetica di Bukowski: l’intensità dell’amore e la difficoltà di liberarsi di quei legami, quelle relazioni incancellabili e resistenti alla memoria del cuore…come fossero mai completamente superabili:

Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore.
È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un po’ a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere? 
”.

Raccolte e libri non saranno mai abbastanza per racchiudere intere dichiarazioni d’amore, figuriamoci un articolo. Ho voluto però commemorare la festa dell’amore menzionando una “comunicazione” che è andata via via ad alienarsi dalla realtà circostante.
Vivere un sentimento accettando anche le sue asperità è la chiave per vivere qualcosa di autentico, non puramente idealizzato.

Alessandra Lima
Leggi anche: Dal cuore alla penna: le lettere degli amanti nella Letteratura italiana

 

Alessandra Lima

Sono Alessandra, classe 2001 e studentessa di lettere moderne all’Università di Napoli “Federico II”. Mi interessano la letteratura, l’arte e la fotografia, da cui quasi sempre traggo ispirazione per la scrittura che è, a sua volta, una mia passione. Rendo la penna un tramite per lasciare a chi mi legge la possibilità di comunicare col mio mondo interiore e i miei interessi.
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