I Campi Flegrei tremano e con loro vacilla anche l’umanità

Da sempre una terra di fuoco e di mistero, un luogo dove la storia si intreccia con la leggenda e nel vento si sentono sussurrare racconti antichi.
I Campi Flegrei, dal greco phlegraios, ardente, sono un’ampia area vulcanica situata a ovest di Napoli.
Questo complesso vulcanico è caratterizzato dalla presenza di numerosi crateri, fumarole e sorgenti termali: la caldera si è formata a seguito di due grandi eruzioni esplosive, una avvenuta circa 39.000 anni fa e un’altra risalente a circa 15.000 anni fa.
Tra le colline fumanti e il mare che abbraccia la costa, il tempo sembra essersi fermato donando all’area un’atmosfera carica di fascino e suggestione: le rovine sommerse di Baia, la città che un tempo fu rifugio di poeti e imperatori, il Lago d’Averno, che gli antichi credevano fosse l’ingresso agli Inferi. I Campi Flegrei raccontano la loro storia attraverso i vapori che si alzano dalla terra, il lento sospiro del bradisismo e le tracce lasciate dagli uomini che, nei secoli, hanno amato e temuto questa terra inquieta e dolce al tempo stesso.
La notte del 13 marzo
La scorsa notte, tra il 12 e il 13 marzo, la terra ha parlato ancora e un respiro profondo ha fatto tremare il cuore dei napoletani. Un terremoto di magnitudo 4.4 ha scosso Pozzuoli e i suoi dintorni, risvegliando antiche paure e riportando alla mente quanto flebile e vacuo sia il legame tra l’uomo e questa terra ardente.
Le strade, illuminate da lampioni, improvvisamente si sono spente e si sono riempite di sguardi carichi di preoccupazione, ma anche di una forza silenziosa, quella del popolo napoletano che ha imparato ad amare questo luogo e a definirlo casa. Le mura delle case hanno scricchiolato sotto la pressione del sottosuolo, e nel cuore della notte la terra ha ripreso il suo lungo e profondo battito, quello che da millenni scandisce la vita nei Campi Flegrei.
Questo evento sismico ha causato danni a edifici e i residenti della zona hanno lasciato le proprie abitazioni. Le autorità hanno così disposto la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado e hanno intensificato le misure di monitoraggio e aggiornati i piani di evacuazione: sono state allestite due aree di attesa, in Viale della Liberazione e in Piazzale Ippodromo; il Comune ha, inoltre, reso disponibile l’area di accoglienza presso la sede della Municipalità 10 in via Acate.
Il caso Campi Flegrei
Mater stultorum semper incinta est, permettetemi questa poco velata citazione e invettiva. Nonostante la situazione Campi Flegrei sia ben risaputa da decenni, c’è ancora qualcuno che “ha perso l’occasione buona per starsene zitto”. I social, specchio dell’anti-meridionalismo e del sempre dilagante sentimento anti-napoletano, ha come sempre dato adito agli idioti e agli ignoranti.
A poco è valso vedere lacrime, macerie e occhi carichi di paura: leggiamo “Vesuvio lavali col fuoco” sotto post social e articoli delle grandi testate dello Stato.
Ma facciamo il punto della situazione e rispondiamo ai commenti più quotati – forse è il caso di rivalutare il reinserimento della geo-storia mio Caro Ministro Valditara -: “L’intero territorio nazionale è sismico e tutti i comuni italiani possono subire danni da terremoti– ma le scosse più forti si concentrano in alcune aree: nell’Italia Nord-Orientale (Friuli Venezia Giulia e Veneto), nella Liguria Occidentale, nell’Appennino Settentrionale (dalla Garfagnana al Riminese), e lungo tutto l’Appennino Centrale e Meridionale, in Calabria e in Sicilia Orientale.
Non è ancora possibile prevedere con certezza quando, con quale forza e dove si verificherà il prossimo terremoto. È noto però quali siano le zone più pericolose e cosa sia possibile aspettarsi da una scossa: “essere preparati è quindi il modo migliore per prevenire e ridurre le conseguenze di un terremoto” (fonte: Dipartimento della Protezione Civile – Rischio sismico); nonostante le proteste, innumerevoli negli ultimi 10 anni, per ricevere sostegno da parte dello Stato e per un maggiore impegno delle autorità regionali e statali nel garantire la sicurezza e il supporto alle comunità dei Campi Flegrei, la scorsa notte i cittadini hanno ricevuto dopo 3 ore dall’evento sismico interventi con poche tende, pochi servizi igienici e scarse quantità di acqua. In un sit in su di uno striscione di protesta all’Ex Base Nato di Bagnoli, anch’essa adibita ad area di accoglienza, leggiamo “Noi non vogliamo contare i morti!”
Perché, spoiler, gli abitanti sanno benissimo che sotto i propri piedi vi è un’area vulcanica, e che – la storia insegna – vi è una crescente attività nella caldera dei Campi Flegrei. Di nuovo i napoletani insegnano al mondo come si combatte ogni giorno una battaglia invisibile, ma potente, quella per la dignità, per la sicurezza, per il diritto di restare e vivere senza paura. Tra le strade di Pozzuoli, Bacoli e Bagnoli la vita è in equilibrio costante tra bellezza e rischio, tra amore e ombra.
I cittadini di Napoli non sono semplici spettatori di un destino segnato dalla natura: uomini e donne, in una città dove lo Stato dovrebbe fare di più e non scongiurare il pericolo dopo che aver raccolto i cocci – Vedi Il caso Vele a Scampia -, ogni giorno lottano per garantire ai propri figli una casa sicura, uno dei diritti o forse Il diritto, dove poter vivere senza timore che la terra sotto di loro possa portar via tutto.
Nonostante le promesse talvolta disattese la loro resilienza è un grido di speranza e giustizia, un richiamo alla responsabilità collettiva. Chiediamo quindi, laddove non si conosce di tenere il silenzio, perché “Non è tanto importante sapere quando parlare, bensì quando tacere”. Ora è il momento di tacere!
Antonietta Della Femina
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