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Disturbi alimentari: creare la consapevolezza con la verità

Ogni anno il 15 marzo si tinge di lilla per la giornata mondiale dei disturbi del comportamento alimentare, deliberata ufficialmente nel 2018 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Lo scopo di questa ricorrenza è sensibilizzare e creare una consapevolezza collettiva circa i disturbi del comportamento alimentare, e come offrire migliori aiuti concreti ai pazienti.

Seguendo lo spirito educativo dell’iniziativa, è importante ricordare che i disturbi del comportamento alimentare sono malattie ad eziologia multifattoriale, ossia causate dall’interazione di diversi fattori. Il fattore psicologico è decisamente centrale, ma esso può ramificarsi con quello ambientale, familiare, sociale, relazionale e genetico.

Questo significa che alcune persone presentano una maggiore predisposizione alla malattia, altre invece probabilmente non ne saranno mai colpite. Sicuramente, purtroppo, si tratta di malattie alquanto diffuse, il cui incremento è stato molto rapido soprattutto negli anni della pandemia di Covid-19.

Chi si ammala di un disturbo del comportamento alimentare sta cercando di esprimere qualcosa, spesso un disagio o un dolore forte, e lo fa attraverso il proprio corpo. Non per scelta, sia chiaro. 

Il corpo diventa un campo di battaglia dove il tuo nemico è non solo dall’altra parte dello specchio, ma anche costantemente nella tua testa, con pensieri ossessivi che rubano tutto il resto, allontanandoti da ogni senso di vita, quando in realtà l’unica cosa che vuoi è affermarti come parte del mondo.

Non bisogna credere allo stereotipo che vede i malati come persone superficiali, semplicemente troppo ossessionate dall’aspetto fisico. È un pregiudizio dannoso che ostacola la diffusione della verità di questa malattia, dove il corpo diventa il mezzo di comunicazione di un dolore che riesce ad uscire fuori solo così. Certo, può accadere che una persona si ammali dopo essere stata influenzata per molto tempo dagli impossibili e dannosi canoni estetici della società, magari dopo essere stata bullizzata per il proprio aspetto.

Ma ricordiamo che questi episodi possono incarnare un fattore scatenante della malattia, non la causa in sé. La causa in sé è SEMPRE un disagio strettamente emotivo, psicologico, che sì, può anche riguardare una mancata accettazione del proprio corpo, ma che si interseca sempre con altre problematiche, spesso legate alla sfera dell’elaborazione del trauma.

Anche nei casi in cui non sembra esserci nulla che non va, tentare di rispondere alla domanda “perché non accetto il mio corpo?” porterà a delle riflessioni profonde, a delle scoperte dolorose, a traumi che forse la mente ha accantonato nel disperato tentativo di difendersi. Ma per superare il dolore bisogna sempre passarci attraverso, quindi prima o poi torna a bussare alla porta della nostra vita, chiedendoci di ascoltarlo. Nel caso di questa malattia, il dolore squarcia il corpo pur di farsi notare.

I disturbi del comportamento alimentare non discriminano né per genere né per età. A tuttə può capitare di ammalarsi, perfino ai bambini, e ovviamente la malattia può manifestarsi con sintomi diversi a seconda delle fasce d’età.

Infine, è essenziale sfatare il mito ancora troppo diffuso che raggruppa i differenti disturbi alimentari in un grande calderone, come se fossero tutti identici tra loro. La realtà è che essi hanno una classificazione ben precisa, si manifestano con una sintomatologia differente, prevedono approcci di cura che possono variare, e meritano tutti la dignità di essere conosciuti e riconosciuti, e non lasciati nel dimenticatoio o nella stigmatizzazione.

E parlando di stigmatizzazione, in Italia un disturbo del comportamento alimentare rischia di ammazzarti prima che qualcuno riesca ad aiutarti o, peggio, prima che qualcuno si renda conto che hai bisogno di aiuto. I fondi destinati ai ricoveri e agli specialisti calano sempre di più, nonostante le mille promesse di aumentarli da parte dei nostri politici. Sono oltre 2 milioni le persone malate in Italia, e coloro che non hanno le risorse economiche per curarsi nel settore privato della medicina non hanno scampo, possono solo attendere che la lunghissima lista per i ricoveri scorra in fretta, e intanto peggiorano o muoiono.

Senza contare i suicidi, nel 2024 i decessi per disturbi alimentari sono stati 3000. Tremila persone che sono state lasciate sole, schiacciate dal peso della malattia che gli ha sgretolato mente e corpo.

Troppo spesso il lavoro di cura ricade sulla famiglia quando invece serve una squadra di specialisti. Se una persona ha un’insufficienza renale non la può curare la famiglia, ha bisogno di essere portata in ospedale e di avere un piano di trattamento di medicine e dialisi ed eventualmente trapianto. È la stessa cosa. Non è un capriccio, non è superficialità, non è una fase.

È una MALATTIA. E come tale va trattata. Il supporto della famiglia è indispensabile, ma non è abbastanza.

L’assistenza è ancora troppo maldistribuita, oltre che inadeguata. Vi sono alcune regioni in Italia che presentano strutture di cura complete, perlopiù al nord e al centro, mentre il sud resta completamente abbandonato, carente di centri pubblici specializzati. A volte vi è solo un piccolo reparto, altre volte solo un ambulatorio, a cui le persone malate possono rivolgersi. Ciò non permette un intervento tempestivo ed efficace, fondamentale per cercare di rallentare la malattia ed aumentare le speranze di guarigione.

Sebbene i disturbi del comportamento alimentare rientrino finalmente nei LEA, i livelli essenziali di assistenza, sono stati stanziati solamente 10 milioni da distribuire in tutta Italia per coprire le spese del 2025 e dei primi mesi del 2026. 10 milioni sono pochissimi da investire nella cura di malattie che si posizionano al secondo posto per la morte di adolescenti e giovani adulti.

Questa è a tutti gli effetti un’emergenza sanitaria, ed è riduttivo dire che una sola giornata di sensibilizzazione all’anno non serve a molto se poi negli altri giorni non ci sono cure accessibili per tuttə.

Prevenzione, educazione, strutture adeguate, fondi. Essenziale anche un’adeguata formazione di medici di base, pediatri e operatori sanitari, affinché possano riconoscere i campanelli d’allarme ed indirizzare i pazienti verso un percorso di cura adeguato. Questo serve per contrastare quest’emergenza, e al più presto.

PERCHÉ TUTTƏ MERITANO DI GUARIRE

Marcella Cacciapuoti

Leggi anche: Disturbi alimentari: cosa si nasconde dentro i nostri corpi – intervista alla psicologa Vania Costa

Marcella Cacciapuoti

Classe 2001. Laureata in lettere moderne e studentessa di filologia moderna. Scrivo, leggo, e sogno un dottorato in linguistica. Mi chiamo Marcella e sono in continua evoluzione. Innamorata delle parole e affamata di pace. Racconto le storie degli altri per trovare la mia.
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