Giacomo Leopardi era veramente depresso?

La figura di Giacomo Leopardi è stata spesso avvolta da un’aura di malinconia e tristezza, ma studi recenti e approfondimenti sulla sua vita e le sue opere suggeriscono una visione più complessa e sfaccettata.
Quando si pensa a Giacomo Leopardi si tende a definirlo triste o ancora peggio, depresso.
Naturalmente sia la tristezza che la depressione, sono due termini del tutto inadatti a descrivere la personalità di uno dei più celebri poeti ed autori della letteratura italiana.
La profonda sensibilità di Giacomo Leopardi è spesso confusa con la tristezza, così come il suo atteggiamento nei confronti della vita, definito depresso ed oppositivo. Sebbene Leopardi non abbia vissuto una vita semplicissima, definirlo depresso è esagerato e oltretutto non lo si potrebbe stabilire ora.
Quando si parla di Leopardi bisognerebbe far rifermento esclusivamente alle tante opere pubblicate dall’autore, veri e propri capisaldi della letteratura italiana, al di là di qualsiasi disquisizione medica.
L’infinito e oltre…
Nell’idillio L’infinito Giacomo Leopardi crea una lirica che, formalmente e contenutisticamente, rappresenta un viaggio testuale a quello fantastico-immaginativo compiuto dal protagonista alla ricerca del piacere. Il poeta appaga la propria tensione al piacere non solo raccontando un’esperienza razionale e sensoriale nei suoi vari passaggi, mettendo in pratica la sua tecnica poetica, per comunicare al lettore il diletto della «vera poesia» attraverso il correlato piacere del contrasto.
L’infinito sottolinea proprio la voglia di Giacomo Leopardi di oltrepassare i limiti della società, della vita, per lasciarsi “cullare” dalla bellezza.
Seguendo la traccia offerta dal canto del poeta, possiamo avventurarci lungo più prosaici e feriali sentieri. Sgombriamo noi stessi da ogni residuale resistenza al senso del limite. Tutto ciò dimostra quanto il poeta, in realtà, volesse una vita diversa, nel suo caso puramente utopica a causa della malattia che lo affliggeva.
È dunque la creazione dell’Infinito come lirica in sé perfettamente compiuta che costituisce il viaggio testuale parallelo a quello fantastico ed immaginifico del protagonista alla ricerca del piacere.
Gli strumenti che permettono a Leopardi di andare oltre sono l’immaginazione, la fantasia, l’ironia che scaturiscono, però, da una profonda consapevolezza e da un’altrettanto profonda riflessione.
Della proverbiale malinconia di Leopardi si sono occupati medici, psicologi, psichiatri e psicanalisti che lo hanno variamente definito un abulico, un insicuro, un asociale, un disordinato, combattuto dalla follia degli scrupoli, dalle allucinazioni, dall’idea fissa del suicidio.
In realtà Giacomo Leopardi non era niente di tutto ciò, era affetto da diverse malattie, tra le quali una forte ed invalidante scoliosi, vedeva poco e male e si dice avesse problemi all’intestino; si tratta di patologie croniche che, probabilmente lo condussero ad una morte precoce.
Ma è importante ricordare che mai nessun medico, ha parlato di depressione, che ha tutt’altro decorso.
Giacomo Leopardi parlava delle proprie fragilità, ricordandoci che siamo tutti imperfetti, sottolineando come un violento temporale possa essere d’aiuto per apprezzare il cielo sereno.
La cultura italiana del Novecento è intrisa dell’opera e del pensiero di Giacomo Leopardi.
Ma allora cos’era il pessimismo cosmico di Giacomo Leopardi?
Quello dell’autore italiano era una concezione filosofica che considera l’esistenza di per sé senza scopo, destinata all’insoddisfazione dei propri piaceri. Ma il passaggio mancante è proprio questo: non finisce qui per Leopardi. Naturalmente ciò non significa estendere all’umanità la propria sfiducia, il proprio disagio individuale, ma piuttosto cercare una soluzione, una possibilità di riscatto.
Leopardi aveva compreso che la sofferenza facesse parte dell’esistenza e quindi provare ad opporsi ad essa, non portava a niente. L’unica cosa che si potesse fare era arginarla, vivere pienamente la vita, capire cosa voglia dirci e provare a trarne forza.
Il poeta italiano indagò largamente sulla natura umana arrivando a riflettere anche sulla materialità dell’anima. Le conclusioni che trae Leopardi sull’analisi dei sentimenti umani saranno diverse da quelle del suo secolo che al contrario appoggia l’idea dell’immaterialità dell’anima. Leopardi arriverà persino a dire che l’infelicità umana è una delle prove dell’immortalità dell’anima: egli infatti è ben consapevole che sul concetto di materia non è attuabile nessuna teoria perché la sua prima evidenza è sufficiente ad aprire alla nostra ragione un insieme di contraddizioni che nessun sistema potrà mai ricomporre.
In quest’ottica e in base a quanto è stato detto, è possibile affermare che Leopardi da una parte analizza il velo superficiale dell’esistente, dall’altra indaga a fondo il cuore dell’esistenza, possiamo dire con una vena pessimistica se consideriamo la sua essenza intrinseca la faccia arcigna della medaglia, con una vena realista se la consideriamo, come Leopardi, l’unica faccia possibile.
Sebbene la sofferenza sia stata una componente importante della vita di Leopardi, è riduttivo etichettarlo semplicemente come un uomo triste o depresso (soprattutto in quest’ultimo caso, prima di dire certe cose, bisogna pensarci bene, essendo la depressione una malattia grave che attanaglia tantissime persone).
Giacomo Leopardi, nonostante le limitazioni fisiche e le difficoltà della sua esistenza, ha costantemente cercato di superare i propri limiti, sia a livello intellettuale che esistenziale.
Il celebre poeta italiano ha dimostrato una straordinaria capacità di superare i propri limiti, trasformando la sofferenza in una spinta verso la conoscenza e la ricerca della bellezza.
Gerardina Di Massa
Leggi anche: Vero o falso? Leggende su Leopardi