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Sono… anzi ero: Ilaria Sula e i suoi sogni spezzati

E ci risiamo ancora…Ilaria Sula, un’altra giovane donna, un’altra vita spezzata per mano di chi diceva di amarla.

Ilaria Sula, 22 anni, studentessa universitaria, è stata ritrovata senza vita in una valigia abbandonata in una zona boscosa.

A confessare l’omicidio è stato l’ex fidanzato, Mark Antony Samson, 23 anni, che ha ammesso di averla accoltellata nella casa in cui viveva con i genitori, prima di occultarne il corpo.

Il nome di Ilaria si aggiunge a una lunga lista di vittime di femminicidio che negli ultimi mesi ha visto casi altrettanto tragici, come quello di Sara Campanella, appena 18 anni, accoltellata da un collega universitario. Storie diverse, ma unite dallo stesso filo rosso di violenza, possesso, e incapacità di accettare un “no” o una libertà femminile.

Ilaria era descritta come una ragazza solare, piena di progetti e sogni. Nessun segnale evidente lasciava presagire l’orrore che sarebbe seguito. Mark, laureato in Architettura, ha parlato di un gesto dettato dalla gelosia e da un “raptus”. Una parola, quest’ultima, ormai troppo spesso usata come scudo per coprire una realtà strutturale: la violenza sulle donne non è un’emergenza, è un fenomeno endemico.

Nel 2025 i femminicidi in Italia continuano ad aumentare, nonostante campagne di sensibilizzazione, leggi più severe e una crescente attenzione mediatica. Ma qualcosa ancora non funziona. Le richieste d’aiuto troppo spesso restano inascoltate, i segnali d’allarme sottovalutati, la cultura del possesso non viene affrontata alla radice.

Ilaria, Sara e le tante altre non sono vittime di raptus, ma di un sistema che ancora oggi permette alla violenza maschile di crescere nell’ombra, giustificata, ignorata, minimizzata. Ogni volta che si parla di gelosia, di amore malato, di “era un ragazzo tranquillo”, si sposta lo sguardo dal vero problema: il patriarcato che insegna a possedere, non ad amare.

Non bastano più le commemorazioni, le panchine rosse e i minuti di silenzio. Servono educazione affettiva nelle scuole, strumenti concreti per chi denuncia, pene certe, e soprattutto una rivoluzione culturale che dica con forza e una volta per tutte: l’amore non uccide. Chi uccide, non ama. E finché anche una sola donna morirà perché ha detto no, non potremo dirci una società civile.

Mariele Imputato

Leggi anche: Una lettera d’amore a tutti i colpevoli di femminicidio

Illustrazione di Mariele Imputato

Mariele Imputato

Sono Mariele, classe 2001, laureata in "Culture Digitali e della Comunicazione". Adoro gli animali, la natura, la cucina e l'arte in tutte le sue espressioni. Sono una persona curiosa, precisa, creativa e molto paziente. Coltivo l'amore per il disegno da sempre e non mi ha mai abbandonata in nessuna fase della vita.
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